FELICE ANNO NUOVO, CARI LETTORI!
Si tratta di un romanzo di neo-epica del noto autore Paolo Rumiz. Avventuroso, poetico, originale e geniale.
1) TRAMA:
Quattro argonauti occidentali navigano con una barca a vela fino alle terre del Medio Oriente. Approdati in Libano incontrano una giovane siriana, profuga di guerra, che intima loro di voler salire sulla barca in modo tale da poter raggiungere l'Ovest. La ragazza si chiama Europa.
Gli argonauti ripartono con la donna a bordo e, da quel momento, alle descrizioni poetiche di albe e tramonti sul mare, i miti e i richiami ai personaggi omerici dell'Antica Grecia si intrecciano con i gravi problemi della nostra contemporaneità: migranti morti in mare, guerre, emigrazioni di massa, discoteche d'occidente...
Ingravidata, durante una notte, dal re degli dei che assume le sembianze di un toro, la ragazza, quando vede per la prima volta le isole greche, terre europee, straripa di gioia. Per questo i quattro argonauti decidono di dare al continente il nome di Europa.
2) STRUTTURA DEL LIBRO:
Come ogni opera epica degna di questo nome, Canto per Europa è costituita da un proemio.
A questo segue una poesia alla luna.
Poi si entra nel vivo dell'avventura con ben sette libri: il "Libro dell'Incontro", il "Libro della Fuga", il "Libro dell'insonnia", il "Libro dei naufragati", il "Libro del Nome Ritrovato", il "Libro della Stirpe", il "Libro del mare immenso".
3) CITAZIONI TRATTE DA CIASCUNO DEI LIBRI:
a) dal "Libro dell'Incontro":
Quando arrivammo ci diede un'occhiata che sembrò provenire da distanze non misurabili da mente umana. Il Sole tramontava illuminando uno di quei volti ipersensibili che solo il Medio Oriente ti sa offrire. Nel fondo del suo sguardo potei leggere deserti e, ancora oltre, altri deserti e carovane e tempeste di sabbia, e cordigliere di nevi perenni, e antiche vie profumate di spezie. Sapeva di elicriso e di spavento, eppure dominava la paura con una dignità a noi sconosciuta. Le fummo tutti attorno. Le chiedemmo chi fosse e che facesse lì da sola. Rimase zitta, non volle rispondere a quel cerchio di uomini barbuti. Mostrò soltanto il largo con un dito. Ma quel gesto non era una richiesta. Era un ordine. (...) Non aveva denaro, documenti. Solo un anello di verde smeraldo al dito indice della sinistra e un bigliettino con la parola "Europa", scritta a mano con un tratto arabescato. Nessuno comprese se fosse la sua meta oppure il nome.
Mi è piaciuto molto questo passaggio dal momento che ho voluto ricavare delle analogie che mi aiutassero a comprendere maggiormente la figura di Europa.
Soffermiamoci sullo sguardo di Europa: è uno sguardo di deserti e quindi, probabilmente, uno sguardo di solitudine. Ma gli argonauti leggono anche carovane, cioè, tradizioni socio-familiari, tempeste di sabbia, ovvero, travagli e dolore, cordigliere di nevi, simbolo secondo me della forza interiore, vie profumate di spezie, e quindi, femminilità.
b) dal Libro della Fuga:
In questo libro traspaiono i comportamenti di Europa e quindi, anche noi lettori, arriviamo a conoscerla meglio.
- Quel mattino a sorpresa la fuggiasca si intrufolò in cucina sorridente e prese a tagliuzzare una cipolla. Voleva ripagarci del disturbo, essere utile. In lei c'era gioia autentica. Non ci sembrava vero che uscisse dal suo guscio di riserbo. Ma appena il Cuoco, felice, pensò di toglierle il coltello per spiegare la tecnica migliore per usarlo, lei si incupì e si sprangò in cabina senza spiegare perché. Il Telamonio ci rimase malissimo e noi pure. Era andata a leccarsi una ferita di cui non capivamo la natura. Visto che non usciva, andammo in due a chiederle che cosa era successo. Eravamo disposti anche a scusarci. Una delegazione diplomatica. Ma lei reagì con un'unghiata, dura: "Perché non date un po' di tempo al tempo? Dovrò darvi lezioni di silenzio".
Europa infatti attenderà ancora un po' prima di rivelare la sua tragica storia agli Argonauti, che da lei impareranno la pazienza e l'ascolto.
Questo passaggio mi richiamava alla mente la differenza tra due parole greche per indicare "ferita": πληγή, cioè, "ferita fisica dopo percosse" o "bastonatura" e τραῦμα, ferita psicologica oltre che psichica. Nell'italiano attuale trauma è sinonimo di shock.
Ma c'è un altro passo di questo libro che mi colpisce:
Per noi il Mare-Thalassa era solo una massa infinita d'acqua salsa, mentre per lei era Pontos, passaggio, imbarcadero di terra promessa. Ma io pensavo: che sia benedetto chi non conosce la rotta. Il futuro è di chi sa affrontare il mare nero inseguendo un miraggio. Lei non sa dove va, però sa da dove viene.
θάλασσα, sostantivo femminile, è la distesa d'acqua salata, mentre invece πόντος è il sostantivo maschile per "passaggio" e "mare aperto". Questa parola indica, con la Π maiuscola, la divinità primordiale del mare antecedente all'Olimpo e la regione storica nella zona del nord-est dell'Asia Minore. Il corrispondente latino è pons e invece quello in antico indiano è panthah.
Europa sa da dove viene: ha una solida coscienza personale e culturale, una consapevolezza delle proprie radici che le garantisce delle buone basi di determinazione e di forza interiore per poter affrontare l'ignoto che il futuro prossimo le prospetta.
c) dal Libro dell'Insonnia:
Da qui Europa inizia a narrare il suo vissuto, iniziando a ricordare affettuosamente la figura paterna, descritta come generosa, mite, amante della pace tra famiglie, assolutamente incapace di concepire il male attorno a sé nonostante il turbolento clima sociale del paese in cui vive.
Ma, quel che è interessante in questo libro, è la nube d'oro che, una notte, avvolge Europa. E poi che cosa succede?
In quell'attimo il dio con un muggito si erse sulla chiglia dello sterno immenso, irresistibile, sovrano. Divenne quasi un totem su di lei e trasformò le vele in ali immense, poi prese una corrente ascensionale per roteare sopra la ragazza a lungo a lungo, a quota di vertigine, là dove il cielo è nero a mezzogiorno. Era il grifone araldico del Sole che volle farsi carne in quel momento, perforò l'aria azzurra ad ali chiuse per avventarsi sul corpo stremato.
Si rievoca, in chiave contemporanea, il mito di Io, sacerdotessa di Era, di cui Zeus si innamora al punto tale da inseguirla sotto-forma di nube dorata per accoppiarsi.
d) dal Libro dei Naufragati:
E' il più drammatico. Gli Argonauti, con Europa, percorrono il Mar Egeo e, su una costa, intravedono un barcone rovesciato e... si accorgono di navigare su dei "morti insepolti".
I corpi dei bambini naufragati andavano in un banco taciturno come stracci buttati alla rinfusa, erano "oltre", e già ci guardavano con occhi come bolle di sapone. "Adonai, non così! Perché consenti ancora lo sterminio degli agnelli?" Così gridò il Francese nel silenzio.
Da un pezzo lo penso: che i migranti hanno soltanto la colpa di esistere, di essere nati. Nei loro paesi non possono stare o per guerre civili, o per dittature feroci, o per fame o per terrorismo religioso. E il "mondo ricco" spesso li disprezza, li sfrutta o ha pregiudizi e chiusure verso di loro.
La Primavera araba? Scomparsa. I suoi eroi? Rinnegati. Crepassero pure nei barconi in alto mare.
Tra il 2010 e il 2012, in Nord Africa, ci sono state proteste contro dispotismo governativo, corruzione politica e violazione dei diritti umani. Ma, queste "primavere arabe" sono sfociate dapprima in caos e, in un secondo momento, in involuzioni autoritarie, soprattutto in Egitto, Siria, Libia, Iran e Tunisia.
In questa parte dell'opera di Rumiz c'è una profezia nefasta per l'Occidente:
Occidente, che sai pagar salato governi innominabili e camorre purché gli ultimi restino nel fango! Vecchio Occidente, e il tuo onore perduto già a Kabul, a Srebrenica e sul mare! Verrà teppaglia giovane di Mongoli, verrà a spazzarci via da un giorno all'altro, noi con la nostra anemica cultura e la nostra arroganza coloniale. Il mondo aveva pure gli orologi, ma aveva perso il tempo.
Si tratta di una profezia tremenda, di una denuncia pesante nei confronti della storia Europea degli ultimi secoli. Eppure, questo passaggio, mi fa tornare alla mente una conferenza di Economia civile in cui si parlava anche di Adriano Olivetti che, come imprenditore, superava la logica della supremazia del profitto concentrandosi sulle relazioni in modo tale che nessuno, nelle sue imprese, risultasse alienato. Ecco che cosa pensava Olivetti:
L'impresa è il motore dello sviluppo economico sociale e come tale ha delle responsabilità a livello comunitario. L'impresa deve garantire il bene comune. Non appartiene solo agli azionisti ma è una comunità in cui si collabora. Un'impresa civile produce lavoro e cultura. Le imprese devono produrre bellezza.
Se si desse più peso a queste idee! Pensate che Olivetti faceva costruire fabbriche di vetro in modo tale che i suoi dipendenti vedessero il sole sorgere e tramontare. La ricchezza, con la finanza speculativa, per me ha perduto il legame con il valore del lavoro.
e) dal "Libro del Nome Ritrovato":
Non è un caso che questo libro si intitoli proprio così.
"Ora capisco, amici. Questa terra è il miraggio di chi non la possiede, di chi traversa il mare con fatica. Forse il sogno di chi viene respinto, non di chi l'abita, sazio da secoli. Da oggi sia chiamata come lei.
Mi trovo completamente d'accordo con queste parole di Petros, un altro Argonauta.
Ci sono due etimologie del nome Europa: εὖ+ ὤψ, oppure "erebu", termine antichissimo accadico che significa "tramonto" ma anche "ombra".
f) dal "Libro della Stirpe":
Verso la fine di questa parte, si richiama la vicenda di Laocoonte.
Di questa scultura, i cui autori sono Polidoro e Agesilao, abbiamo soltanto la copia romana in marmo del periodo ellenistico (I° sec. a.C.), visto che l'originale era in bronzo. La vicenda è desunta dal ciclo epico della guerra di Troia: il sacerdote troiano Laocoonte e i suoi due figli vengono strangolati da due serpenti marini. C'è, in quest'opera d'arte, un dinamismo drammatico espresso nel dolore dei volti e nei corpi in torsione.Colpisce, subito dopo, l'episodio di una donna africana che ha perso il figlio in mare.
"Fermate il vento, spegnete le stelle perché ho perduto il mio unico bene" così gridava, e la sua voce usciva come da una cruna strozzata di un ago. "Il bimbo mio, portato via da un'onda... Mi sono ridestata all'improvviso... le mie braccia contratte erano vuote... Solo (mamma) ho sentito nella tenebra, poi più nulla. Non c'erano le stelle e il mare era più cupo dell'inferno (...)".
g) dal "Libro del Mare Immenso":
Siamo alla fine. Europa è scomparsa all'improvviso.
Nessuna lettera, nessuna foto, nemmeno un amuleto era rimasto, o anelli da sfregare per chiamarla. Nessun feticcio, se non la memoria. Noi dovevamo traghettarla, punto. Restituirle il sogno di una terra, farla arrivare, farle oltrepassare le sue paure ataviche e ossessioni. Il nostro compito si era esaurito.