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19 dicembre 2025

IL DEGRADO APPARTIENE SOLO AI QUARTIERI DI PERIFERIA?

🌲23) DISAGIO ED EMARGINAZIONE SOCIALE🌲

Offriamo oggi qualche spunto di riflessione a proposito di una questione molto attuale, con l'aiuto di un lungo articolo di Alfredo Alietti, docente di Sociologia urbana presso l'Università di Ferrara.

Le idee e le esperienze di Matthias qui riportate a proposito dei rapporti tra periferie e centro cittadino sono estranee alla lettura dell'articolo: si tratta di constatazioni riferitemi in alcune specifiche occasioni nelle quali, durante questo ultimo anno, ci siamo confrontati soprattutto sulla situazione di Verona, di Torino e di Seattle.

1) COME DEFINIRE LE PERIFERIE RISPETTO AL CENTRO CITTADINO?

I quartieri popolari sono divenuti la nuova questione sociale, luoghi stigmatizzati dove vivono soggetti e gruppi maggiormente colpiti dai mutamenti degli assetti socio-economici. 

L'interazione tra processi di esclusione e segregazione spaziale alimenta un circolo vizioso che enfatizza una logica d'emergenza. 

In tali contesti, la presenza di nuclei immigrati rappresenta un ulteriore fattore critico che rafforza l'idea di uno "spazio altro". 

La proposta dell'azione pubblica è di promuovere le cosiddette "area-based policies" focalizzate sull'assunto di ricostruire il legame sociale e una sorta di socialità positive.

Già nel primo paragrafo l'autore specifica che la periferia è una realtà difficile. 

Tuttavia, partirei dall'etimologia: il termine deriva dalla preposizione περι (intorno) e dal verbo ϕέρω (girare). 

Geografi e sociologi distinguono tra periferie urbane, nelle quali il traffico è frequentemente intenso e la densità abitativa decisamente alta, periferie suburbane, spesso identificate nelle frazioni molto vicine ad un capoluogo di provincia e le periferie rurbane, fatte di campi non coltivati.

L'autore prosegue così:

(...) le periferie sono identificabili non soltanto in opposizione ad un centro, ma soprattutto dalla loro prerogativa omogeneizzante di essere luoghi, ieri e ancora più oggi, in cui si addensa la molteplicità di forme di esclusione e di disagio.

Ho pensato a ciò che ci tramanda la storia del Basso Medioevo: la città, mille anni fa, era un luogo che consisteva soltanto in una piazza principale in cui erano stati edificati il duomo, il palazzo comunale o ducale e altri monumenti rilevanti.

Porta Trento a Verona, molti secoli fa, era una costruzione che introduceva i viaggiatori, spesso provenienti da Trento, al centro cittadino e che separava quindi l'area della campagna coltivata.

Se penso alla nostra Verona, le periferie si distinguono dal centro storico sostanzialmente per il fatto che sono costituite da condomini, negozi, industrie, catene di ristorazione multi-etniche e da alcune aree verdi per bambini e famiglie, mentre nel centro storico, caratterizzato sia da monumenti di valore artistico e architettonico, sia da ordine e bellezza, fioriscono il turismo e le iniziative culturali.

Non sono così d'accordo: il centro storico a Verona non ha solo una piazza con monumenti di valore artistico, ci sono più quartieri inscritti nella zona centrale. 

Forse è meglio sostituire il termine "centro" con "quartieri e vie centrali": anche in questi spazi il traffico può essere intenso e la viabilità diventa difficile per i pochi parcheggi e per le molte zone pedonali. 

Dal punto di vista sociale non trovo così netta e scontata la distinzione tra quartieri centrali e periferia che tende ad etichettare le periferie solo come "luoghi di degrado". 

Per me "centro" e "periferia" dovrebbero essere soltanto dei concetti topografici e non strettamente socio-culturali.

Anche nei quartieri periferici e nelle frazioni periferiche di una città possono esserci iniziative valide come i cineforum a San Michele extra o a San Massimo oppure eventi letterari organizzati da cartolibrerie, librerie, associazioni di abitanti e biblioteche locali: abbiamo un esempio a Borgo Trento con la Cartolibreria Mameli e uno a Borgo Milano con la libreria "Jolly".

Il quartiere di San Zeno, molto vicino al centro storico, ha sia edifici di valore artistico e religioso che le case popolari. 

Sotto Carnevale, il sentiero lungo il Parco delle Mura è pieno di rifiuti e coriandoli e, tra l'altro, le Piscine Lido ora sono in stato di abbandono, invece molti anni fa erano aperte in estate.

Inoltre, a deformare l'immagine riflessa delle periferie si aggiunge la presenza massiccia di famiglie immigrate. La società multietnica prende forma dentro contesti già attraversati da processi di impoverimento delle classi meno abbienti autoctone. In ragione di ciò, si diffonde e si legittima tra questi ultimi un atteggiamento fondato sulla retorica politica xenofoba esito di situazioni concorrenziali tra soggetti sfavoriti per accedere alle limitate risorse di welfare e di una condivisa segregazione spaziale.

Durante un dibattito televisivo di natura socio-politica trasmesso alcuni mesi fa, ho sentito una frase che mi è rimasta impressa: "Negli Stati Uniti Trump è stato eletto dai penultimi della società", ovvero, da persone il cui stipendio è appena sufficiente per arrivare a fine mese, da individui che risentono del costo della vita e che, non di rado, mancano sia di educazione civica che di educazione affettiva. 

A questo strato sociale fa rabbia non soltanto il desiderio (più che legittimo!) del migrante di evolversi ma anche e purtroppo, semplicemente il fatto che questo stesso sia nato ed esista.

Non lo so. 

Anche parte dei latinos ha votato Trump dato che lo ha visto prima di tutto come un difensore delle tradizioni cristiane e, oltre a questo, hanno creduto alle sue promesse di riduzione delle tasse.

2) PERIFERIE "BUONE" E PERIFERIE "CATTIVE":

L'autore tiene presente le differenze che possono intercorrere tra un quartiere periferico e l'altro:

(...) Si innesca un'ulteriore separazione nelle città, non soltanto tra le periferie e il centro, ma anche tra le stesse periferie, quelle "buone" e quelle "cattive", con esiti alquanto discutibili sul piano della cittadinanza.

Non dimentichiamo però che le situazioni di alcuni quartieri di periferia possono cambiare in meglio e soprattutto, teniamo presente che un quartiere ritenuto ad esempio poco sicuro le notti, può non essere un ambiente totalmente negativo per i servizi che offre ai cittadini e per progetti di carattere civico o di riqualificazione di alcuni spazi, come ad esempio centri sportivi e parchi.

3) LE PERIFERIE DI VERONA:

3a) Borgo Trento:

A Verona, il quartiere di Borgo Trento è una zona con palazzi in stile liberty e molti servizi, tra cui l'ospedale, le scuole e diversi bar, ristoranti e pasticcerie.

Via Quattro Novembre connette Borgo Trento con la zona del centro storico di Ponte della Vittoria, molto vicino sia a Corso Cavour sia a Castelvecchio.

3b) Origini e sviluppo del quartiere Golosine:

Si ritiene che più o meno duecento anni fa, in questa zona di Verona ci fosse stata un'osteria frequentata da contadini, viaggiatori e briganti che vi accedevano per saziarsi e "sgolarsi". 

Al di là dell'osteria in quel periodo c'erano soprattutto casolari.

Questa periferia di Verona è cresciuta, negli ultimi anni, in modo disordinato e la componente dei residenti, è fatta  da immigrati non soltanto dall'Africa e dall'Europa dell'Est ma anche da persone provenienti dalle altre regioni di Italia.

Nel quartiere Golosine, ultimamente, vengono riportati sull'Arena episodi di micro-criminalità e di violenze tra minori. 

A Golosine non mancano comunque servizi come supermercati e negozi, oltre alla presenza di diverse ditte nella Zona Artigianale e Industriale che offrono posti di lavoro. 

3c) La storia del quartiere di Borgo Nuovo:

Borgo Nuovo, quartiere molto vicino al mio condominio, ha visto un'evoluzione positiva dal punto di vista dell'edilizia, dei servizi e dell'incremento degli abitanti.

Costruito negli anni Trenta attorno ad una chiesa, è dedicato al pittore Roberto Dall'Oca Bianca. 

Già prima della guerra c'era un cinema parrocchiale in piazza. 

Per qualche tempo il quartiere era considerato una zona malfamata con pochi servizi, un dormitorio per i senzatetto, un posto in cui vivevano soprattutto disoccupati e neo-fascisti. 

Nella seconda guerra mondiale è stato costruito un bunker dalle SS proprio a Borgo Nuovo.

Poi, vent'anni fa, gli interventi comunali hanno comportato un'ulteriore espansione del quartiere in modo tale da evitare il sovrappopolamento del centro. 

In seguito, è stato allargato il percorso pedonale e installata l'illuminazione pubblica.

4) ALTRE SITUAZIONI ITALIANE:

4a) Il "Circolo Gramsci" e il Quartiere Stadera a Milano

Nel 1977, i componenti del Circolo culturale Gramsci, molto attivo nel quartiere Stadera, denunciavano in una relazione destinata all'amministrazione comunale di Milano la depressione economica e culturale della zona, abitata da pensionati poveri e da operai appena alfabetizzati, provenienti dal Sud e, con ogni probabilità, ghettizzati.

Molto tempo dopo, nel 2011, diversi comitati di inquilini, di parrocchie e di associazioni di volontariato dei quartieri popolari hanno rimarcato, con un altro documento, le condizioni di degrado e di abbandono istituzionale di alcune zone di Milano, i cui residenti erano più che altro anziani poveri e soli, famiglie carenti di risorse economiche e giovani senza lavoro e senza prospettive, quindi, in condizioni di marginalità.

Senza prospettive, proprio come i "Ragazzi di vita" di Pasolini, destinati irrimediabilmente e disperatamente a vivere di piccoli espedienti e privati della consapevolezza dell'importanza della scuola, dell'onestà, della legalità.

Alfredo Alietti fa inoltre riferimento alle problematiche più frequenti delle zone periferiche, non mancando tuttavia di menzionare le buone iniziative:

... le tangibili problematiche di illegalità, abusi e degrado che si sono concentrare nell'indifferenza generale dentro le periferie. Ma la periferia non è soltanto una terra di nessuno, una sorta di "eccezione" di cui ci si occupa soltanto quando questa diventa cronaca e su cui si deve intervenire con strumenti "eccezionali". In quegli spazi periferici si palesa, il più delle volte inascoltata, una ricchezza di progettualità, di associazioni, di comitati di quartiere che concorrono a contrastare, nei limiti del possibile, l'abbandono delle istituzioni pubbliche e i processi di esclusione. Lo stesso quartiere Scampia, divenuto icona del degrado, a uno sguardo più ravvicinato sfugge alla banalità di questa rappresentazione attraverso l'articolazione in reti civiche, associative e informali che quotidianamente lottano contro la Camorra e contro l'espropriazione pubblica e privata di spazio.


4b) La situazione che ho vissuto a Torino:

Tempo fa vivevo a Torino.

Sia i quartieri più centrali sia quelli più periferici sono ben forniti di servizi di trasporto e, tra questi, la metropolitana, oltre alle linee d'autobus e ai taxi.

Nei quartieri centrali di Torino non serve muoversi in auto proprio per l'ottimo sviluppo infrastrutturale.

Nelle zone esterne al centro ci sono più aree verdi e le strade sono molto più ampie.

Nei quartieri del centro storico  di Torino, oltre a edifici di importanza  artistica e oltre a musei, teatri e ristoranti etnici, il costo della vita risulta più alto e gli appartamenti in cui vivere sono meno spaziosi.

Sono comunque presenti problematiche di spaccio e consumo di droga nel quartiere Aurora e a Barriera di Milano.

5.LE PERIFERIE IN FRANCIA E IN REGNO UNITO:

5a) Risultati insoddisfacenti delle politiche per le periferie in Francia:

Nella metà degli anni Ottanta del secolo scorso, il governo francese ha stanziato per i quartieri periferici cittadini dei fondi destinati a progetti di inserimento o re-inserimento lavorativo, di recupero urbanistico e architettonico e di potenziamento dei servizi.

Queste idee erano finalizzate a promuovere e incrementare una maggior coesione sociale.

Come mai i risultati sono stati insoddisfacenti e i problemi di povertà e di emarginazione persistono soprattutto in una città come Parigi? 

Così lo spiega Alietti:

Gli scarsi risultati ottenuti mostrano chiaramente i limiti di una razionalità amministrativa che, da un lato, rinvia il trattamento delle disuguaglianze intervenendo sullo spazio e mettendo in secondo piano le politiche macro-economiche che hanno favorito il loro aggravamento.

5b) Breve focus sulle banlieues:

In fotografia c'è un prototipo di banlieu francese:


La parola in lingua francese indica i sobborghi degli agglomerati urbani, caratterizzati da una densità abitativa molto alta, da edilizia popolare, da una grande presenza di immigrati e, purtroppo, da episodi diffusi di criminalità.

Un unico caso edificante è la banlieue di Saint-Denis a nord-est di Parigi: pur essendo stato per molti anni luogo di violenze, di povertà e di traffico di droga, ultimamente sta vivendo una trasformazione positiva dal momento che è stata la sede del Villaggio Olimpico per le Olimpiadi dello scorso anno. 
Dopo i giochi olimpici, il Villaggio è diventato un quartiere nel quartiere, un luogo residenziale e commerciale simbolo di inclusione e di sostenibilità.


5c) La situazione delle periferie di Londra:

Non se ne fa accenno nell'articolo di Alietti, eppure, soprattutto in questi ultimi anni, la capitale del Regno Unito si trova a dover far fronte ad un crescente degrado e all'aumento di disagi economici e psicologici in molti quartieri lontani dal centro storico. 
Tra questi, i quartieri di Peckam, Tottenham Hale, Barking and Dagenham e Camden presentano l'aumento di episodi di furti, scippi, bullismo e violenze che coinvolgono principalmente i senzatetto e gli adolescenti ubriachi senza famiglia.


Un'altra area a cui è doveroso accennare, nella parte est di Londra, è il quartiere di Docklands, che tempo fa costituiva un'area portuale: se da un lato questo quartiere è dimora di artisti e designer, dall'altra diventa piuttosto pericolosa di notte a causa di episodi di microcriminalità riguardanti una componente di immigrati non integrata nel tessuto sociale.
Il contesto cittadino del Regno Unito è molto più sicuro, più ricco e più civile rispetto a quello italiano? Balle! 
Da veneta innamorata della Gran Bretagna e della gentilezza degli inglesi, mi dispiace molto per i loro attuali problemi socio-economici: l'inflazione è altissima come anche il loro debito pubblico. Oltre a questo, il costo della vita nelle città è molto elevato, quasi impossibile da sostenere per i laureati da poco entrati nel mondo del lavoro. Per di più si è aggravata la piaga dell'abbandono scolastico. D'altronde, gli anziani che hanno votato per la Brexit non hanno affatto pensato al futuro dei loro giovani.

6) IL CASO DI SEATTLE

Sono stato a Seattle quest'estate, dove la differenza tra i quartieri centrali e le periferie è enorme.

Nei quartieri periferici la manutenzione è ottima: oltre a diversi parchi naturali le villette dei residenti sono circondate da giardini e siepi. La criminalità e il rumore del traffico sono nettamente inferiori rispetto al centro.

Però i negozi nelle periferie sono pochi e, per accedere ai servizi, gli abitanti devono muoversi o in automobile o con le linee d'autobus, ma hanno le possibilità economiche per farlo.

I quartieri centrali di Seattle, oltre ad essere molto affollato, presenta costi di vita e di abitazione molto alti (il 20% in più rispetto all'Italia). 

Impressionano i senzatetto in queste zone: tramortiti probabilmente dal fentanyl, dormono sull'asfalto e sui marciapiedi e non si riesce a capire se siano vivi o morti. 

Nelle vie centrali è frequente vedere la povertà ed è incredibile la quantità di rifiuti (con un muro pieno di chewing gum- "The Gum Wall").

A Seattle gli africani, gli asiatici e i latino-americani sono in numero maggiore rispetto ad Olympia. 

La storia di Seattle è simile a quella di molte altre città americane visto che l'immigrazione ha sempre avuto un ruolo centrale: per molti secoli le tribù dei nativi vivevano di caccia e pesca. I primi europei sono arrivati a inizio Ottocento e, a metà del XIX° secolo, alcuni abitanti dell'Illinois si sono trasferiti nel territorio dello stato di Washington.

Mentre nel secolo scorso Seattle, come tutto lo stato di Washington, conosceva un significativo sviluppo di industrie e infrastrutture, durante la seconda guerra mondiale sono state attuate deportazioni nei campi di lavoro dei giapponesi, considerati spie naziste che potevano mettersi in contatto con l'esercito imperiale, anche se erano emigrati dal loro paese d'origine.

Negli anni Ottanta e Novanta invece, è aumentato il traffico stradale comportando più inquinamento ed è cresciuta l'immigrazione con la conseguenza dell'aumento di quartieri in cui gli afro venivano segregati e non si integravano con il resto della popolazione.

Il monumento più attrattivo del centro storico è lo Space Needle:


Costruito negli anni Sessanta e alto 190 metri (quindi 20 metri in più della Mole Antonelliana a Torino), per gli americani è il simbolo dell'inizio dell'era spaziale, anche se è stato costruito per resistere alle forti raffiche di vento e infatti ha 25 parafulmini.

Si raggiunge la cima con gli ascensori e dall'alto la vista è emozionante: la baia di Elliott, le montagne, lo  Skyline di Downtown Seattle.

Il pontile di osservazione è alto 160 metri.

A inizio luglio ho approfittato per visitare il museo della lavorazione del vetro e le opere di un artista che è stato in Asia, a Firenze e a Murano: lì ha appreso tecniche di lavorazione del vetro.



7) UNA POSSIBILE SOLUZIONE:

Come le città possono acquisire la capacità di "fare società"?

Produrre politiche in periferia esige, principalmente, una profonda ri-progettazione delle istituzioni pubbliche in grado di agire con flessibilità, sensibilità e responsabilità al fine di facilitare la creazione di spazi permanenti di confronto e dialogo con il tessuto sociale e associativo locale.

Tuttavia, personalmente temo che le forme di degrado e di emarginazione socio-culturale e in alcuni casi anche razziale dei quartieri periferici sarà un problema eterno nella storia dell'umanità.


12 dicembre 2025

"LA COSCIENZA DI ZENO", ITALO SVEVO:

22)🌲 FRAGILITÀ E UMANITÀ🌲

Viene qui proposta un'analisi "a due cervelli" su questo complesso e corposo romanzo.

1) COMMENTO DI MATTHIAS:

1a) ZENO COSINI:

In questo romanzo, la figura di Zeno rispecchia la complessità dell'animo umano e rappresenta la contraddizioni interiori che ognuno di noi può sperimentare.

Zeno risulta un personaggio fragile, incapace di vivere pienamente.

  • Nel capitolo dedicato al vizio del fumo, è evidente il dissidio tra la ricerca di piacere attraverso il tabacco e la consapevolezza della propria dipendenza che nuoce alla salute, fisica e psicologica. Zeno Cosini, da bambino, rubava le sigarette di nascosto dai genitori e quindi c'è anche un contrasto tra il gusto per la trasgressione e il malessere che questa "droga" gli procura con il tempo: a vent'anni si ammala di una forte bronchite. Dice di aver iniziato a odiare il fumo, a partire da quell'età, ma l'ultima sigaretta non è mai l'ultima:                                  "Mi colse un’inquietudine enorme. Pensai: -Giacché mi fa male non fumerò mai piú, ma prima voglio farlo per l’ultima volta.- Accesi una sigaretta e mi sentii subito liberato dall’inquietudine (...) Finii tutta la sigaretta con l’accuratezza con cui si compie un voto. E, sempre soffrendo orribilmente, ne fumai molte altre durante la malattia" .                                                                                                                    Il capitolo dedicato al rapporto tra il protagonista e il fumo rivela l'incapacità di Zeno di raggiungere un obiettivo: secondo me è questa l'inettitudine a cui pensava Italo Svevo quando scrisse La Coscienza di Zeno.
  • Zeno non eccelle in nulla: suona il violino in modo mediocre, cambia facoltà passando da Legge a Chimica e non sa riconoscere i propri interessi né le proprie capacità.
  • Fa un matrimonio "di ripiego": per molto tempo frequenta casa Malfenti e, anche se è attratto da Ada, una volta che lei rifiuta la sua proposta di matrimonio visto che è già impegnata con Guido, Zeno ripete la richiesta alle due sorelle, ad Alberta, ottenendo un altro rifiuto, e ad Augusta che accetta:                                                                        "– Sentite, Augusta, volete che noi due ci sposiamo? (...) Essa alzò gli occhi dilatati dalla sorpresa. Così quello sbilenco era anche più differente del solito dall’altro. La sua faccia vellutata e bianca, dapprima impallidì di più, eppoi subito si congestionò. Afferrò con la destra il bicchiere che ballava sul vassoio. Con un filo di voce mi disse: – Voi scherzate e ciò è male. Temetti si mettesse a piangere ed ebbi la curiosa idea di consolarla dicendole della mia tristezza. – Io non scherzo,– dissi serio e triste. – Domandai dapprima la sua mano ad Ada che me la rifiutò con ira, poi domandai ad Alberta di sposarmi ed essa, con belle parole, vi si rifiutò anch’essa. Non serbo rancore né all’una né all’altra. Solo mi sento molto, ma molto infelice. – Sì! Io non amo che Ada e sposerei ora voi…".            Zeno decide di sposarsi per non rimanere più solo e per fare una scelta convenzionale.
  • Zeno ha avuto un rapporto difficile con il padre, che lo ha sempre ritenuto un figlio "pazzo" e "inconcludente". Quando il padre di Zeno è malato e infermo, suo figlio prima scoppia in lacrime quando cade in stato di incoscienza: "Piangevo perché perdevo il padre per cui ero sempre vissuto".                                                                    Poi invece, di fronte al medico che prefigura una piccola possibilità di ripresa di conoscenza, Zeno si augura che il padre muoia: teme infatti che il genitore possa accusarlo di aver desiderato la sua morte.
  • Zeno è incapace di "uscire da se stesso": non è obiettivo, giustifica le sue menzogne e incolpa gli altri per i propri errori. Questo è dimostrato dall'effettiva morte del padre:                                                  "Con uno sforzo supremo arrivò a mettersi in piedi, alzò la mano alto alto, come se avesse saputo ch’egli non poteva comunicarle altra forza che quella del suo peso e la lasciò cadere sulla mia guancia. Poi scivolò sul letto e di là sul pavimento. Morto!" (...) "Non lo sapevo morto, ma mi si contrasse il cuore dal dolore della punizione ch’egli, moribondo, aveva voluto darmi. Con l’aiuto di Carlo lo sollevai e lo riposi in letto. Piangendo, proprio come un bambino punito, gli gridai nell’orecchio: – Non è colpa mia! Fu quel maledetto dottore che voleva obbligarti di star sdraiato! Era una bugia. Poi, ancora come un bambino, aggiunsi la promessa di non farlo più:– Ti lascerò movere come vorrai."

    • Va al funerale sbagliato: lavorava con il cognato Guido Speier e, dopo una mattina dedicata agli affari e al parziale recupero dei debiti provocati dalle scelte di Guido, con il cocchiere capita nelle vicinanze di un cimitero greco, non di un cimitero cattolico:                "Quando si arrivò al posto dove di solito le vetture si fermano, il Nilini sporse la testa dalla finestra e diede un grido di sorpresa. La vettura continuava a procedere dietro al funerale che s’avviava al cimitero greco. -Il signor Guido era greco?- domandò sorpreso. Infatti il funerale passava oltre al cimitero cattolico e s’avviava a qualche altro cimitero, giudaico, greco, protestante o serbo.
      -Può essere che sia stato protestante! - dissi io dapprima, ma subito mi ricordai d’aver assistito al suo matrimonio nella chiesa cattolica.
      -Dev’essere un errore!- esclamai pensando dapprima che volessero seppellirlo fuori di posto. Il Nilini improvvisamente scoppiò a ridere di un riso irrefrenabile che lo gettò privo di forze in fondo alla vettura con la sua boccaccia spalancata nella piccola faccia. -Ci siamo sbagliati!”- esclamò. Quando arrivò a frenare lo scoppio della sua ilarità, mi colmò di rimproveri. Io avrei dovuto vedere dove si andava perché io avrei dovuto sapere l’ora e le persone ecc. Era il funerale di un altro!"

      • Molto ricorrente, nella scrittura del protagonista, è la sensazione di sentirsi malato, tormentato: dimostra non solo carenze nei rapporti umani ma è anche infelice e soggetto a nevrosi. La malattia di Zeno è quindi "interiore": né la psicanalisi né la stesura di un diario lo fanno guarire.
      1b) NARRAZIONE E STILE NARRATIVO:

      • Italo Svevo assume il punto di vista del personaggio principale di questo romanzo per presentare ai lettori l'interiorità contorta di Zeno.
      • Nel libro il tempo è soggettivo, soggetto a continue anacronie: più volte si passa dal passato al presente. Zeno, che è il narratore, è anche un manipolatore del tempo che fa salti continui tra gli anni '90 dell'Ottocento e il 1914, anno in cui sta scrivendo le sue memorie.

      • Sono presenti sia espressioni in lingue straniere, soprattutto in inglese, francese e tedesco, sia qualche forma credo arcaica anche per il secolo scorso: l'aggettivo "vari" è scritto "varii", l'imperfetto di "essere" è "era" anche alla prima persona singolare.
      1c) AUGUSTA MALFENTI:

      Si tratta di una moglie che gestisce proprio tutto: dalle faccende domestiche alla contabilità familiare con grande concretezza e senso pratico.
      Risulta una donna di buon carattere, paziente, dedita alla cura dei figli.

      1d) GUIDO SPEIER:
      • Sta molto antipatico a Zeno: è il suo concorrente rivale a proposito di Ada e, per alcuni anni, Zeno si paragona a lui cercando di sminuirlo davanti alla moglie quando gli si presenta l'occasione. 
      • Guido è una persona superficiali, vuota. Ha delle aspirazioni imprenditoriali ma, invece di occuparsi degli accordi commerciali tra la sua ditta e dei clienti, anche esteri, va a caccia e a pesca, ha una relazione extra-coniugale con la sua segretaria Carmen e manda l'impresa in bancarotta giocando in Borsa.
      • Guido prima simula un tentativo di suicidio e solo Zeno, in quanto chimico, si accorge che è solo un tentativo e non vera volontà di uccidersi. Quando gli affari vanno di male in peggio, Guido ingerisce ancora i barbiturici e la moglie Ada non fa in tempo a salvarlo.
      2) IL MIO COMMENTO:

      Ce l'ho fatta finalmente a leggerlo!
      Comunque la mia analisi del romanzo ha una struttura un po' diversa dal momento che chiama in causa tutti gli otto capitoli, con i contenuti che più mi hanno colpita.

      2a) NOTA INTRODUTTIVA:

      La Coscienza di Zeno è un romanzo scritto tra il 1919 e il 1922 e pubblicato nel 1923. 

      I temi principali di quest'opera sono i dissidi all'interno dell'interiorità umana e anche il conflitto tra l'uomo stesso e la società.

      2b) CAPITOLO PRIMO- PREFAZIONE:

      Qui non c'è il punto di vista di Zeno Cosini quanto piuttosto quello del dottor S., psicanalista, il quale pubblica le memorie del suo paziente per vendetta dato che Cosini ha interrotto le sedute:

      Io sono il dottore di cui in questa novella si parla talvolta con parole poco lusinghiere. Debbo scusarmi di aver indotto il mio paziente a scrivere la sua autobiografia; gli studiosi di psico-analisi arricceranno il naso a tanta novità. Ma egli era vecchio ed io sperai che in tale rievocazione il suo passato si rinverdisse, che l’autobiografia fosse un buon preludio alla psico-analisi. Oggi ancora la mia idea mi pare buona perché mi ha dato dei risultati insperati, che sarebbero stati maggiori se il malato sul più bello non si fosse sottratto alla cura truffandomi del frutto della mia lunga paziente analisi di queste memorie. Le pubblico per vendetta e spero gli dispiaccia. 

      Qui mi sono chiesta: l'iniziale S. potrebbe essere un omaggio a Sigmund Freud?

      2c) CAPITOLO DUE:

      Zeno Cosini assume il ruolo di narratore cercando di ricordare la propria infanzia. 
      Poco dopo si addormenta e, nel sogno, vede se stesso come un neonato in fasce.

      2d) CAPITOLO TRE:

      Viene rievocata la dipendenza di Zeno dal fumo: Zeno inizia a fumare durante l'infanzia, praticando dei sotterfugi, e continua a fumare nonostante le sigarette gli provochino disgusto. 
      Curioso l'episodio in cui si narra di una gara tra Zeno e due ragazzini a proposito di sigarette:

      Ricordo di aver fumato molto, celato in tutti i luoghi possibili.            Perché seguito da un forte disgusto fisico, ricordo un soggiorno prolungato per una mezz’ora in una cantina oscura insieme a due altri fanciulli di cui non ritrovo nella memoria altro che la puerilità del vestito: due paia di calzoncini che stanno in piedi perché dentro c’è stato un corpo che il tempo eliminò. Avevamo molte sigarette e volevamo vedere chi ne sapesse bruciare di più nel breve tempo. Io vinsi, ed eroicamente celai il malessere che mi derivò dallo strano esercizio. Poi uscimmo al sole e all’aria. Dovetti chiudere gli occhi per non cadere stordito. Mi rimisi e mi vantai della vittoria. Uno dei due piccoli omini mi disse allora:
      - A me non importa di aver perduto perché io non fumo che quanto m’occorre.

      Perché il nostro narratore ricorda solo l'abbigliamento di questi due compagni di marachelle? Lui stesso lo spiega così, ricorrendo ad un verbo dal significato forte: (...) il tempo che elimina il corpo". 
      Più che elimina, direi che lo fa evolvere.

      I propositi di Zeno relativi allo smettere di fumare sono velleità perché, anche quando a 20 anni si ammala seriamente a causa del troppo fumo, non riesce a smettere.
      Quando la moglie Augusta lo porta in una casa di cura, una notte Zeno approfitta per scappare eludendo la sorveglianza di un'infermiera, che, a mio avviso, può rappresentare forse la coscienza alla quale Zeno sfugge continuamente.

      2e) CAPITOLO QUARTO:

      Certo, qui è preponderante la morte del padre con il quale è sempre mancato un dialogo.
       
      Tuttavia, in questa sezione del romanzo a me colpiscono due dettagli:

      -Il cognome del medico della famiglia Cosini, ovvero, Coprosich. Questo nome ha suscitato l'ilarità di Joyce (e anche la mia) dal momento che κόπρος "kòpros" in greco antico significa "letamaio". 

      -Si narrano sogni che disegnano, sia nella mente del padre che in quella del figlio, il contrario di ciò che accade nella loro vita reale: il padre, due notti prima di morire, sogna di trovarsi in un lussuoso albergo di Vienna mentre Zeno sogna di litigare con il medico, insistendo affinché al padre vengano applicate le "mignatte", ovvero, "le sanguisughe" e in questo sogno le posizioni del medico e di Zeno si capovolgono.

      I sogni rappresentano sempre l'esatto contrario di quel che viviamo, come mi diceva una ragazza con la quale anni fa frequentavo l'Azione Cattolica, oppure a volte sono la rappresentazione delle nostre paure o aspettative?


      2f) CAPITOLO QUINTO:

      Dopo l'attività in ufficio, Zeno si reca a casa Malfenti quotidianamente: è attratto da Ada che non lo ricambia e, nel modo di rapportarsi con lei e con le sue sorelle, si rivela impacciato come un adolescente... all'epoca di questi fatti Cosini ha 34 anni, ma solo per l'anagrafe.

      Non lo definirei veramente innamorato di Ada quanto piuttosto invaghito: per mesi frequenta la famiglia Malfenti senza mai essere chiaro sulle proprie intenzioni e senza mai sforzarsi di praticare un po' di introspezione per comprendere meglio le proprie emozioni. 
      Ne consegue quindi che Augusta diviene un ripiego.


      All'inizio del capitolo Zeno ha una concezione ipocritamente borghese e tipicamente maschilista del matrimonio, evidente soprattutto in questo passaggio: 

      "É noto che noi uomini non cerchiamo nella moglie le qualità che adoriamo e disprezziamo nell'amante".

      Cos'è quindi il vero amore? 
      Dopo il matrimonio con Augusta, Zeno si avvicina all'idea del "conquistarlo giorno dopo giorno".

      Condivido: credere il contrario porta ad una squallida convivenza sotto lo stesso tetto. 
      Tuttavia, Zeno arriverà a tradire Augusta, provando rimorsi durante le notti.
      Colpisce, infine, la non-passionalità del protagonista- narratore: Zeno in realtà non ama la moglie. 
      Tuttavia, non vuole farle del male, soprattutto durante il primo periodo coniugale.

      Consentitemi dunque un parallelismo con il finale del romanzo di Manzoni.
      Una volta sposati, Renzo e Lucia lasciano il territorio di Lecco con commozione ma senza troppa amarezza, trasferendosi nel bergamasco. Qui, Renzo Tramaglino avvia un'attività con il cugino Bortolo e diviene padre di molti figli.
      Il lieto fine c'è, ma senza passionalità e, come sosteneva Ezio Raimondi, senza idillio. 
      Senza idillio dal momento che Renzo non idealizza affatto la donna che ama, al contrario di Jacopo Ortis. 
      Oltretutto, i due popolani del romanzo di Alessandro Manzoni non hanno la testa tra le nuvole: sono due anime semplici che, a causa dei capricci dei potenti e dell'ignavia di un membro del clero, hanno ritardato le loro nozze di un anno e mezzo.
      I Promessi sposi è un romanzo senza idillio perché Manzoni non era un romantico, era un uomo di fede e di sani principi etici al quale premeva evidenziare l'evoluzione psicologica soprattutto di Tramaglino:

      "Ho imparato," diceva, "a non mettermi ne' tumulti: ho imparato a non predicare in piazza: ho imparato a guardare con chi parlo: ho imparato a non alzar troppo il gomito: ho imparato a non tenere in mano il martello delle porte, quando c'è lì d'intorno gente che ha la testa calda: ho imparato a non attaccarmi un campanello al piede, prima d'aver pensato quel che possa nascere." E cent'altre cose.

      Io ritengo quindi che senz'ombra di dubbio anche il matrimonio tra Augusta e Zeno sia da considerarsi senza idillio, ma per un motivo ben diverso: mentre il protagonista di quest'opera di Svevo sembra "vivere a caso", Augusta d'altro canto è la tipica donnina piccolo-borghese perfettamente rassegnata all'interno di una società maschilista nella quale lei, come molte donne cent'anni fa, non ha alcuna voce in capitolo.

      2g CAPITOLO SESTO:

      Il capitolo sesto è intitolato La moglie e l'amante.
      Augusta a mio avviso risulta una giovane donna di animo e di mentalità estremamente semplice: ha fiducia in se stessa, nella vita e nelle autorità religiose, civili, politiche, scientifiche (i medici in questo caso).

      Zeno non condivide queste certezze. 
      Pur non credendo nell'esistenza di una divinità superiore, Zeno ad un tratto, incuriosito dalle abitudini religiose di una moglie molto praticante, si procura dei libri di commenti ai Vangeli e anche la Vita di Gesù di Renan.
      Tuttavia, la fede di Augusta mi appare cieca, acritica, legata a rituali liturgici ai quali attenersi in modo ligio e scrupoloso. 
      "Sei ancora con quella roba?" chiede a Zeno un pomeriggio, un po' infastidita. 
      Un pochino questa frase mi ha ricordato il leggero fastidio di Matthias quando gli ho detto che, mentre era a Seattle, ho cercato e visto anche film relativi alla tematica dell'aborto. 

      Comunque: "Sei ancora con quella roba?" è una domanda pessima e inopportuna da porre ad un ateo che inizia a leggere libri di esegesi o di cultura cristiana!
      Voglio dire: se sai che tuo marito "non ci crede" e lo trovi con quegli scritti tra le mani, dovresti rivolgergli una domanda del tipo: Perché leggi questi argomenti? C'è qualcosa che ti colpisce?
      Con queste due domande è probabile instaurare un dialogo significativo.
      Sapete bene che, ai nostri giorni più che ai tempi di Svevo, le relazioni tra un credente e un non credente esistono. 
      Inevitabilmente, una situazione religiosa divergente tra due coniugi incide sull'educazione dei figli e comporta una diversità di visioni metafisiche e teleologiche notevole e da non sottovalutare.  

      A volte è così: c'è la condivisione di valori di vita, di aspetti caratteriali, di interessi ma non lo stesso punto di vista di fede. 
      Ritengo che, in questi casi, l'importante sia mantenere e coltivare il rispetto reciproco: l'uno non deve assolutamente convertire l'altro e l'altro non deve però dileggiare o sminuire la fede.

      Augusta mi è apparsa talvolta ingenua come una bambina e mancante anche di senso critico, oltre che ligia e sottomessa tra l'altro agli scatti d'ira esagerati del marito: un esempio è quando Zeno, in preda ad un momento di grande rabbia, rovescia la tavola già apparecchiata con piatti e bicchieri e lei, senza batter ciglio, mette tutto in ordine.

      Che matrimonio del cacchio.

      Uno spazio rilevante è inoltre dedicato a Carla, l'amante di Zeno, donna ipocrita e incredibilmente vuota:

      Per la prima volta essa mi raccontò d’aver risaputo dal Copler ch’io amavo tanto mia moglie: — Perciò — aggiunse, ed io vidi passare sulla sua bella faccia l’ombra del proposito serio, — fra noi due non ci può essere che una buona amicizia e niente altro.

      Io a quel proposito tanto saggio non credetti molto perché quella stessa bocca che lo esprimeva non sapeva neppur allora sottrarsi ai miei baci.

      2h) CAPITOLO SETTIMO:

      Questa parte del libro si concentra sui rapporti tra Zeno, Augusta, Guido, Ada e Carmen, oltre che sul pessimo andamento degli affari della ditta diretta da Guido.

      C'è un passaggio che mi ha colpita qui ed è il seguente: prima di salire su una barca con Guido, Ada e Luciano, Zeno si sofferma per un momento ad osservare le stelle... come mai? 
      Cerca un segnale di presenza spirituale? Che cos'è la spiritualità per qualcuno che non crede?

      Eccovi il testo al quale mi riferisco:

      Era una notte ricca di stelle e priva di luna, una di quelle notti in cui si vede molto lontano e perciò addolcisce e quieta. Guardai le stelle che avrebbero potuto ancora portare il segno dell'occhiata di addio di mio padre moribondo. 

      Si tratta di frasi che mi hanno ricordato il primo verso della poesia "Stelle" di Ungaretti: 

      "Tornano in alto ad ardere le favole".

      Con il buio della notte, le stelle qui ritornano a brillare come favole, ovvero, come i sogni e le aspettative che custodiamo o anche come i ricordi di persone care defunte che portiamo nel cuore. 
      Il sintagma "in alto" marca la distinzione tra materiale e spirituale, tra cielo e terra.

      2 i) CAPITOLO OTTAVO:

      All'inizio del capitolo il protagonista-narratore dichiara di aver interrotto la psicanalisi dato che è convinto di stare peggio di prima.

      Inoltre, l'ultimo capitolo del libro, ambientato tra il 1915 e il 1916, vede l'inizio della Grande Guerra e l'entrata dell'Italia.
      Zeno Cosini fa riferimenti alla presenza dei tedeschi a Trieste e nella Venezia Giulia.


      Questa affermazione di Zeno è famosa. 
      Nelle ultime due pagine del romanzo l'autore-narratore denuncia gli effetti negativi del progresso tecnologico e bellico (parla proprio di ordigni) che comporta non solo l'inquinamento dell'ambiente ma anche una minaccia per il futuro dell'umanità: infatti l'ultimissima frase del romanzo sembra predire, già prima della metà degli anni venti, le conseguenze disastrose, anzi, direi apocalittiche, della bomba atomica.

      "Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie".