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28 agosto 2020

"La luna e i falò", Cesare Pavese:

 Perdono a tutti e a tutti chiedo perdono.

Va bene?

Non fate troppi pettegolezzi.

(frasi di un biglietto 

che Pavese aveva lasciato 

sul tavolino 

della sua stanza d'albergo 

prima di suicidarsi, 

il 27 agosto 1950).


Proprio ieri cadeva il settantesimo anniversario della morte di Cesare Pavese. 

Ad essere sincera, io preferisco il Pavese poeta piuttosto che il Pavese narratore. Magari una recensione su La luna e i falò non è il miglior modo per ricordarlo, anche perché è un romanzo che non mi ha entusiasmata, ma per altre opere e per alcuni componimenti poetici ci sarà tempo prossimamente. 

Ad ogni modo, è questa la sua opera più celebre.


1. IL PROTAGONISTA DEL ROMANZO:

Premetto che di molti personaggi di questo libro si sa soltanto il soprannome (come d'altronde in Ragazzi di vita di Pasolini). Il protagonista, soprannominato Anguilla sin da ragazzino, dopo molti anni trascorsi negli Stati Uniti, ritorna, ormai quarantenne, nelle campagne piemontesi nei dintorni di Santo Stefano Belbo. E' da poco terminata la guerra e, sia nel paesaggio collinare che nella memoria della gente, è molto vivo (appunto perché recentissimo e drammatico!) il ricordo della guerra civile fra partigiani e fascisti.

Ogni lettore può ben notare che Anguilla presenta un'indole inquieta: non sta bene in nessun posto. Non si trova mai veramente a suo agio, da nessuna parte, perché non conosce le sue vere origini:

Capivo che da ragazzo, anche quando facevo correre la capra, quando d'inverno rompevo con rabbia le fascine mettendoci il piede sopra, o giocavo, chiudendo gli occhi per provare se riaprendoli la collina era scomparsa, anche allora mi preparavo al mio destino, a vivere senza una casa, a sperare che di là delle colline ci fosse un paese più bello e più ricco.

Anguilla sapeva di essere stato adottato da Padrino e Virgilia, due coniugi che per tutta la vita avevano lavorato la terra. Dopo la morte di Virgilia e dopo una grandinata, Padrino si era però trovato costretto a vendere il casolare e la stalla che erano di sua proprietà. 

Dopo questi eventi, Anguilla aveva trovato lavoro alla fattoria della Mora, il cui proprietario era Sor Matteo, padre di tre figlie: Silvia, Irene e Santa. Silvia e Irene, già ragazze piuttosto grandi nell'anno in cui Anguilla era giunto presso di loro come servitore, erano figlie della prima moglie di Matteo, Santa (detta abbastanza spesso "Santina") invece era la bambina della loro matrigna.

Già che ci sono vi dico che brutta fine hanno fatto, tutte e tre: Irene era andata in moglie ad un uomo violento, Silvia, che per diversi mesi "si era divertita" con più di un uomo, una volta rimasta incinta, aveva deciso di abortire ed era morta dissanguata dopo quell'aborto volontario, Santa invece... Santa, che era poco "santa", aveva compiuto e di poco sorpassato i vent'anni durante la guerra. Una volta scoperto che era una spia fascista, i partigiani l'avevano prima uccisa e poi avevano bruciato il suo cadavere. 


2. TITOLO DEL ROMANZO:

La luna, nella cultura contadina, era un elemento che, con le sue quattro fasi, scandiva i ritmi delle opere umane e dei raccolti. Questo non soltanto nel Novecento, ma da sempre. Qualche reminiscenza di ciò c'è anche in Esiodo, nelle Opere e i giorni (circa VI° secolo a.C.).


Al sostantivo "falò" invece si riferiscono sia tutti quei falò che, all'interno della narrazione, vengono accesi di sera durante le feste di paese a Canelli, sia a due episodi di violenza, ricordati nel paragrafo successivo.

(*Ma Canelli dove si trova esattamente? In provincia di Cuneo o di Asti? A prestar fede a questo romanzo, pare non sia molto distante da Santo Stefano Belbo).


3. I "FALO' DELLA DISTRUZIONE" ALL'INTERNO DEL LIBRO:

A.VALINO CHE BRUCIA LA CASA E SI SUICIDA:

Oddio... è uno degli episodi più brutti del romanzo! Valino, contadino imbestialito dalla fame e dalla miseria, prima uccide a cinghiate la figlia Rosina, poi appicca il fuoco alla casa e alla stalla e infine si suicida impiccandosi. 

Avesse fatto il contrario... prima il suicidio e poi l'omicidio... Lasciamo perdere, va'...

(...) era uscito con la lampada in mano, senza vetro. Era corso tutt'intorno alla casa. Aveva dato fuoco anche al fienile, alla paglia, aveva sbattuto la lampada contro la finestra. La stanza dove s'erano picchiati era già piena di fuoco (...) adesso tutto il casotto bruciava.

B. LE CENERI DEL CADAVERE DI SANTA:

Anguilla, una volta ritornato in Piemonte, si fa raccontare da Nuto, altro contadino ed ex-partigiano, del periodo della guerra e degli avvenimenti accaduti durante la sua lontananza. E' nelle ultime due pagine del romanzo che si racconta la fine della bellissima Santina. Si diceva che fosse molto più affascinante delle sue sorellastre e molto più della madre.  A questo punto devo precisare che c'è un bello stacco d'età fra le prime due figlie di Sor Matteo e la terza.

Anguilla stesso, che aveva visto bene Santa quando era bambina, ad un tratto la ricorda più o meno così (lo cito indirettamente): al matrimonio di Irene, Santina aveva soltanto sei anni, ma sembrava lei la sposa.

Ma Santina non si è mai sposata: uno, perché non ne ha avuto il tempo, due, perché effettivamente era una "poco di buono", piena di amanti delle Brigate Nere.

Una donna come lei non si poteva coprirla di terra e lasciarla così. Faceva ancora gola a troppi. Ci pensò Baracca. Fece tagliare tanto sarmento nella vigna e la coprimmo finché bastò. Poi ci versammo la benzina e demmo fuoco. A mezzogiorno era tutta cenere. L'altr'anno c'era ancora il segno, con il letto di un falò.

E questo è Nuto che racconta ad Anguilla.


4. LO STILE "IMPERFETTO":

Ecco il motivo per cui non mi è piaciuto molto La luna e i falò.

- Cambiamento inopportuno di tempi verbali in certi passaggi, come qui:

Mentre aspettavo raccomandò qualcosa ai garzoni sotto la tettoia; poi si volta e mi fa: "Sono stufo"- "Andiamocene fuori dai piedi".

Per me questo periodo sarebbe tutto da ricostruire: sono da sistemare i tempi verbali e anche le espressioni lessicali. 

Che ha fatto; lo slalom fra i tempi verbali?! Vedete bene che si inizia con il passato imperfetto della proposizione temporale, seguito subito da un passato remoto e succeduto poco più avanti da due presenti (!!). Clamoroso! Non posso non accorgermene, dopo un sacco di anni di studi linguistico-letterari.

Altra osservazione: sia l'aggettivo stufo che quell'inappropriato andiamocene fuori dai piedi sono troppo tipici del parlato. E' pur vero che si tratta della realtà contadina ma anche al lessico dimesso c'è un limite.

Cioè, dai... un laureato in Lettere, come lo era anche Pavese, non può permettersi di scrivere così, mai! Da una parte è anche vero che la laurea in materie letterarie non rende stilisticamente perfetto nessuno, perché, come affermano i linguisti, nessun individuo è in grado di possedere tutta la lingua. Però bisogna stare attenti visto che in ogni lingua ci sono delle parole, ci sono delle regole, e visto che le opere letterarie riflettono le caratteristiche delle lingue nelle quali vengono create. 

-Nelle sequenze più fitte di dialoghi fra Nuto e Anguilla ho rilevato che c'è sempre disse e mai qualche altro verbum dicendi dell'italiano che può essere altrettanto adeguato se inserito tra un discorso diretto e un altro, come replicò/esclamò/rispose/sentenziò/affermò/dichiarò/concluse/asserì.

-Narrazione tutt'altro che lineare: fra i ricordi del passato si mescolano i momenti dell'adolescenza di Anguilla (quando lavorava presso Sor Matteo) con quelli del lungo periodo di permanenza negli Stati Uniti. Tutte queste memorie non sono in ordine di tempo. Mi spiego meglio: se nel capitolo 21 si parla della storia d'amore, andata male, con Rosanne, insegnante della California, nei capitoli 22 e 23 si rievocano Irene, Silvia e le feste a Canelli, feste che sicuramente precedono la partenza oltreoceano di Anguilla.

...cominciate a dire ai vostri figli/futuri figli che con me si lavorerà sodo se nei prossimi anni sarò io la loro insegnante di Lettere. E chi lavora migliora (pian pianino).

Però allo stesso tempo rassicurateli: io caratterialmente sono la moglie di Babbo Natale. Sono così e lo stesso, la maggior parte delle volte, so farmi ascoltare e rispettare dai ragazzini.


5. ALTRI ASPETTI DELLA NARRAZIONE:

Questo è un paragrafo conclusivo che aggiunge qualcosa a ciò che ho rilevato finora.

All'interno di questo romanzo i ricordi del passato che riaffiorano nella mente del protagonista si intrecciano con alcune descrizioni del paesaggio collinare, come questa:

(...) quella sera, voltando le spalle a Gaminella avevo di fronte la collina del Salto, oltre Belbo, con le creste, coi grandi prati che sparivano sulle cime. E più in basso anche questa era tutta vigne spoglie, tagliate da rive, e le macchie degli alberi, i sentieri, le cascine sparse erano come li avevo veduti giorno per giorno, anno per anno, seduto sul trave dietro il casotto o sulla spalletta del ponte.



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