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5 gennaio 2022

"I'm your man": la felicità si ottiene premendo un pulsante?!

Too many voices, too many noises 

invisible wires keeping us apart.

Too many choices, but they're all disappointments

and they only steal me away from you.

Climb into our private bubble

let's get into all kinds of trouble.

(James Blunt, "I'll be your man", primavera 2010)

Nel 2010 ero al primo anno di liceo e sembra incredibile che siano passati dodici anni.

Poco prima di andare a vedere questo film ho pensato al titolo e ad alcune parole di questa canzone di James Blunt. 

Vi ho citato alcune frasi della prima strofa e ora vi dico anche l'interpretazione più facile a cui pensare: due persone si stanno frequentando e si incontrano in un ambiente affollato e con la musica di sottofondo. Ma loro riescono, grazie alla sintonia, a stare bene dimenticando le difficoltà del presente, a ignorare le voci e le figure circostanti e a intravedere una strada da percorrere insieme in futuro. Quel che il testo dice dopo è: words just get in the way, I'll be your man (...) What are we all looking for? Someone we just can′t ignore.

Le parole arriveranno lungo la strada se in questo momento non ci sono parole idonee per descrivere sentimenti e forte complicità.

E' strano iniziare la recensione del film con delle citazioni di James Blunt. Eppure, anche I'm your man inizia con una scena ambientata in un locale affollato e un po' buio nel quale le voci si confondono e la musica jazz suona in modo piuttosto forte. Ma tra Alma e Tom non accade ciò che invece succede ai due personaggi della canzone di James Blunt.

Il film è ambientato in un'imprecisata città tedesca.

Alma entra in questo locale affollato e piuttosto grande e lì incontra l'umanoide Tom.

Alma si sta sottoponendo ad un esperimento: relazionarsi con un automa fabbricato da una grande azienda che ha costruito un Tom progettato come compagno ideale per la protagonista. 

La sperimentazione comporta inoltre, per tutti coloro che vi si sottopongono, una convivenza obbligatoria di tre settimane con l'umanoide, dopodiché, se l'umano si sente felice e soddisfatto, può stipulare un contratto con l'azienda in modo tale da poter far durare sempre la convivenza con il compagno o la compagna automa. 

Non so se in futuro o durante questo secolo arriveremo a tanto, cioè, alle relazioni affettive tra umani e automi, però so già che in questi ultimi anni la robotica si sta sviluppando in modo considerevole: in alcuni ristoranti di Tokyo ad esempio ci sono già dei camerieri e dei cuochi automi e in alcuni alberghi di Texas e California i robot svolgono le funzioni di ristorazione e di pulizie.

E' possibile, anzi probabile, che quando sarò vecchia avrò un badante automa e sarò costretta ad accettarlo soprattutto se non sarò più né in salute né autonoma... ma che ne sa una macchina umanoide di sensazioni, di emozioni e di crescita culturale? Che ne sa una macchina dell'evoluzione del pensiero di un umano o di un'umana sempre in crescita?! 

Nel loro primo dialogo, Tom dice ad Alma che adora i componimenti poetici di Rilke e inizia a corteggiarla con delle espressioni poetiche a mio avviso contrassegnate da parossismo, cioè, esagerate dopo appena due minuti di contatto visivo: I tuoi splendidi occhi sono come laghi di montagna dentro i quali vorrei annegare.

Il mio algoritmo è fatto per soddisfare la tua felicità, dice Tom ad Alma qualche giorno dopo. 

Ma lei è veramente felice durante la convivenza con Tom? In realtà no, non si fa mai intenerire da gentilezze, sorrisi e romanticherie. Lo tratta sempre come se fosse una macchina, quale effettivamente è, al di là del suo aspetto umano. 

Noi, in qualità di pubblico, non sapremo mai i motivi esatti per cui Alma ha deciso di aderire all'esperimento dell'azienda di robotica. Vediamo soltanto la sua scontentezza e avvertiamo il suo sarcasmo in alcuni momenti: quando ad esempio una sera torna tardi dal suo lavoro e Tom le prepara una vasca piena di acqua calda con petali di rose. A suo parere, Alma deve rilassarsi dopo una giornata stressante e, di fronte all'incredulità della protagonista, le dice: "Questo è ciò che sogna il 93% delle donne tedesche."

Ecco qui:

"Tutti gli esseri umani vogliono essere felici"...

C'è una cosa che non ho mai detto negli scorsi anni quando ero animatrice adolescenti: non sono mai stata favorevole a proporre l'argomento "felicità" a dei ragazzini di prima superiore che a malapena sanno chi sono e che cosa vogliono nella vita. 

E' difficile per me definire il sostantivo "felicità" e questa difficoltà non ha nulla a che fare con i miei anni dedicati allo studio. Questo film però, uscito nell'ottobre 2021, già conosciuto a livello internazionale e definito da alcuni critici provocatorio e pungente, invita a farsi qualche domanda.

Dopo quel che ho vissuto nel 2021 inizio a mettere in discussione la mia idea che la felicità non esista. Perché, durante l'anno appena trascorso, sono cambiata, sono maturata ancora di più e ho conosciuto la vera infelicità: per mesi non sono riuscita a provare nessuna sensazione positiva, ero piena di impegni nonostante la pandemia ma sembravo anestetizzata, volevo sparire dalla faccia della Terra e, cosa ancor più grave, un giorno ho pensato a dei modi possibili per poterlo fare... Mi ero resa conto in realtà di non avere dei veri amici, mi sono resa conto che, per quanto mi impegnassi nelle relazioni, i miei falsi amici non soltanto mi mentivano ma applicavano ostinatamente delle etichette di disprezzo su di me. Ho subìto delle calunnie non da poco. Sul pettegolezzo, a mio avviso, si ironizza, ma sulla calunnia no, quella è una cicatrice di cui ti ricordi per un bel pezzo. 

E, oltre a ciò, c'è stata la malattia della nonna e io, che ancora non lavoravo, dovevo gestire buona parte delle faccende domestiche. E poi ho dovuto far fronte ad altri problemi che hanno coinvolto tutta la famiglia.

Sto molto meglio, anche grazie ai miei alunni. Mi ha fatto bene entrare in un ambiente scolastico.

La felicità non è una meta ma uno stile di vita, ho letto più di una volta sui social. Si può anche non condividere ma per me almeno si tratta di una massima che vuole farci pensare su ciò che di prezioso e di importante abbiamo nel quotidiano.

A questo proposito vorrei consigliarvi un breve video che tratta i temi di felicità ed egoismo. Non c'è nulla di reale dal momento che è messo in scena da attori, tuttavia, la vicenda rappresentata può accadere nella realtà di ognuno di noi: tutti noi possiamo trovarci sia nella situazione della donna bionda che sta vivendo un periodo impegnativo ma pieno di gratificazioni sia nelle condizioni della signora con i capelli castani che non riesce a dire all'amica che sta morendo e che non ha più niente.

Messaggio: non lasciare che la tua felicità divenga egoismo e mancanza di empatia verso gli altri.

Cos'è la felicità esattamente? Coincide con la realizzazione nel proprio lavoro, con un matrimonio che va bene, con l'arrivo dei figli? 

Progressivamente il film I'm your man ci fa conoscere bene la figura di Alma: è una docente universitaria al Dipartimento di Beni Culturali, è ricercatrice e studiosa delle scritture cuneiformi babilonesi e persiani del 4000 a.C., da anni vive sola in un appartamento e ha una sorella e un padre anziano che vie da solo, in una casa isolata vicina al bosco.

Alma conclude l'esperimento dopo dieci giorni, rivelando a Tom con lucidità e senza irritazione l'opinione che si è fatta a proposito delle relazioni tra umani e macchine dall'aspetto umano: questa convivenza è una recita: ti metto una coperta ma non sei in grado di sentire freddo, ti cucino un uovo sodo ma non senti i gusti.

Ribadisco che Tom è una macchina: gusto e olfatto non li conosce e, quanto alla vista e agli occhi, mi metto un po' a ridere ogni volta che ci penso, perché si tratta, nel caso del robot-Tom, di occhi azzurri sbarrati e sempre fissi, il che non fa di lui un uomo normale.
Ritengo importante anche riportare le ultime parole di Tom prima di uscire dall'appartamento: non ho neanche il privilegio di morire: dopo che lascerò casa tua verrò azzerato, non esisterò più.

Che pretesa questa di fabbricare degli automi pretendendo che si comportino come partner ideali e che diventino, a tutti gli effetti, come gli umani, con dei diritti civili, politici e sociali!
La natura umana non c'è: come sono stati creati così possono anche essere distrutti. Gli umanoidi non sanno niente di crescita, sviluppo durante l'adolescenza, contraddizioni di stati d'animo, fatica. In questo film sono dei "perfettini" ideati apposta per umani frustrati che non sopportano più la solitudine e che, in fin dei conti, nemmeno nutrono fiducia nel buono e nel positivo che è ancora possibile trovare nei rapporti con gli altri, in questa umanità del XXI° secolo comunque ferita e piena di difetti.
L'amore e la felicità non si raggiungono, per l'appunto, premendo un pulsante.
Eppure, in questo mondo di tecnologie avanzate, siamo e saremo abituati sempre di più a soddisfare domande, bisogni e desideri con sforzi minimi e in tempi rapidi.

Un'ultima cosa: in questa recentissima opera cinematografica è possibile riflettere anche sui danni che comporta il credere troppo nell'amore ideale. La letteratura italiana insegna benissimo che l'amore ideale è una proiezione di sé e delle proprie aspettative.


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