Lo posto con un giorno d'anticipo, ma d'altra parte, mi sono resa conto che domani non avrò tempo, sabato sarò via, la domenica ultimamente per me è come se fosse diventato un giorno d'astinenza dalla rete. Insomma, gli impegni scolastici per me sono da poco finiti ma ci sono comunque gli impegni pastorali, sociali e... relazionali. In questa prima puntata della Storia del romanzo italiano parto dal 1640 e arrivo intorno alla metà dell'Ottocento. Però prima c'è qualcosa che dovrei condividere con voi lettori. Con oggi sono sei mesi esatti dalla... morte di mia nonna. E vorrei ricordare un dialogo abbastanza ricorrente tra me e lei negli ultimi anni.
Era una centenaria formidabile, leggeva, lavorava a maglia, cantava, si preoccupava per me quando rientravo in ritardo o tardi. Dal momento che come me aveva questa passione per la lettura, un giorno, quando avevo appena iniziato il percorso magistrale, le avevo prestato Into the Wild di John Krakauer, curiosa di sapere che cosa avrebbe potuto pensare di una storia molto lontana dal suo vissuto e dalla sua giovinezza. Non è mai andata oltre pagina 30! E mi diceva a proposito di Chris McCandless alias Alex Supertramp (traduco dal dialetto veronese): Che giovane! Che matto! Lasciare i genitori e la sorella per andare in cerca di avventure! Non ho capito cosa voglia dire lo scrittore con questo libro.
E io avevo un bel da fare nello spiegarle che il messaggio sia del romanzo che del film non era: Allontanati dal mondo e da questa società cattiva e malata e taglia i rapporti con tutti, bensì: la felicità è reale solo se condivisa. E inoltre le chiarivo che il padre del ragazzo protagonista aveva condotto, per anni, una doppia vita: si era fatto un'altra famiglia.
Era difficile comunicare tutto ciò ad un'anziana purtroppo sorda, che durante l'adolescenza e la giovinezza era sempre rimasta in famiglia che aveva vissuto uno dei conflitti più devastanti della storia dell'umanità, nel quale si sono scontrate ideologie opposte. Però sapete cosa diceva, dopotutto? Sto piangendo soltanto al ricordo di quelle parole (che traduco in lingua italiana standard comprensibile). Il ragazzo aveva un padre stupido. Ma era sempre un padre. Aveva ragione ad arrabbiarsi, ma quelli erano sempre e comunque i suoi genitori. Poteva perdonarli.
Incredibile, il messaggio dell'ultima scena del film e degli ultimi capitoli del libro lo aveva intuito!
Vi rivelo che ultimamente ho un rifiuto psicologico per i cimiteri. Perché mia nonna in realtà non penso sia lì. Cioè, sotto terra ci sono ormai quattro ossa. Ma lei è ovunque io sono. E' una presenza discreta e invisibile quando cammino da sola in cerca di pace, per rielaborare i miei pensieri. C'è quando sono in auto (il posto accanto al mio di guida è, in questo periodo, spesso fisicamente vuoto ma lei ci si metteva quando era viva). C'è stata all'inizio e alla fine di ogni mattinata scolastica: era nel sole alto, era nell'alba rosea che saluta l'azzurro del cielo e le vette innevate, era nella brezza, a dirmi: "Non arrenderti mai".
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STRUTTURE NARRATIVE DEL ROMANZO ITALIANO DEL SEICENTO:
Con uno stato d'animo di commozione, ma lo faccio. Scusate. In caso, se nei prossimi giorni mi accorgo di qualche frase o passaggio poco chiari in questo primo post di questa serie, mi riscatto la prossima settimana con un breve riassunto prima di proseguire.
-Chi di voi ricorda i principali autori e le principali opere della letteratura italiana del Cinquecento?
Il romanzo è il naturale sviluppo del genere epico- cavalleresco. Le principali opere della nostra tradizione, scritte e pubblicate nel XVI° secolo sono l'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e La Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso. Il primo è un poema epico cavalleresco, il secondo un poema storico-religioso. Entrambi però, dettaglio non irrilevante, sono poemi in ottave.
Ad ogni modo, dopo il tramonto del Rinascimento, si avverte il bisogno di creare e diffondere un genere d'intrattenimento. Per questo si passa dalla metrica delle ottave alla discorsività della prosa, più idonea al livello culturale e ai gusti della ricca borghesia e dei commercianti.
So che siete abituati a pensare che il primo romanzo italiano sia Le Ultime lettere di Jacopo Ortis di Foscolo. In realtà non è proprio così.
I temi dei primissimi romanzi, scritti e diffusi soltanto a livello regionale, del Seicento erano: tematiche d'avventura, tematiche erotico-galanti e argomenti biblici.
La struttura narrativa più frequente, ad ogni modo, era questa: il giovane protagonista deve superare una serie di ostacoli per conquistare l'oggetto del desiderio. L'unico esempio calzante per voi lettori è senza dubbio un romanzo di area ligure pubblicato nel 1653 e intitolato Il Calloandro fedele di Giovan Ambrosio Marini. L'ambientazione è a Costantinopoli e i due giovani amanti, Calloandro e Leonilda, sono ostacolati dalle famiglie rivali tra loro. Sono perfetti coetanei, nati lo stesso giorno e lo stesso anno.
Non vi cambia la vita il conoscere o meno Il Calloandro fedele, comunque è stato il mio primo esame magistrale (dato con 37,5°) e unica esaminanda passata con 30. Quel che vi sto proponendo in queste settimane è una sintesi delle tappe e delle opere fondamentali.
IL SETTECENTO E IL NEOCLASSICISMO:
Ricordiamo che l'Italia non era ancora unita, bensì divisa in molti stati. In questo secolo avviene il passaggio dall'egemonia spagnola a quella austriaca, con la pace di Utrecht (1713).
Cesare Beccaria e Alessandro Verri sono attratti dalle teorie illuministe che valorizzano la luce della ragione umana contro le tenebre dell'ignoranza.
Il Settecento è anche il secolo del neoclassicismo, in cui scultori e pittori per primi riscoprono e imitano il mondo antico, in seguito alla diffusione delle scoperte archeologiche di Schliemann.
A Milano c'è per l'appunto Alessandro Verri, intellettuale di sensibilità neoclassica. Vorrei menzionare due romanzi che richiamano al mondo antico: prima di tutto Le avventure di Saffo, poetessa di Mitilene, in cui si racconta dell'amore infelice per il traghettatore Faone, sullo sfondo della solarità dei paesaggi mediterranei.
Le notti romane invece riguarda alcune figure vissute nell'antichità, guidate da Cicerone, che escono tutte le notti dai loro sepolcri per rimpiangere l'epoca della Roma pagana, in particolar modo, l'età repubblicana, visto che durante i secoli imperiali sono aumentate la corruzione e l'immoralità.
LE EDIZIONI DELL'ORTIS DI FOSCOLO:
Ci sono tre edizioni delle Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo: i ruoli dei personaggi variano tra l'altro in modo significativo tra queste tre. La prima è del 1798. Qui Odoardo, il fidanzato ufficiale di Teresa, è un pittore molto sensibile e amante della bellezza della natura. La politica e le vicende storiche del periodo acquisiscono un ruolo marginale. Nella prima edizione inoltre Teresa è vedova e Isabella (Isabellina) è sua figlia.
Nelle edizioni del 1802 e del 1816 invece Odoardo è molto razionale, non è amato da Teresa (e infatti è suo padre che lo ha scelto per lei). Isabellina diventa la sorella minore di Teresa, emblema della purezza e della spontaneità dell'infanzia. In queste due ultime edizioni c'è l'amore parossistico di Jacopo Ortis per Teresa (che rasenta il ridicolo, come in un passaggio che ricordo e che cito indirettamente: Eravamo a tavola per il pranzo, ad un tratto mi ha sfiorato il braccio e a me pareva un tocco celestiale) è evidente inoltre il dissidio cuore/ragione, il tema di una patria e di una terra contesa tra Francesi e Austriaci.
Foscolo, ad ogni modo, è già un pre-romantico. Se nel neoclassicismo il sentimento dev'essere guidato dalla ragione, in questo romanzo epistolare di Foscolo c'è l'esasperazione del sentimento e l'esaltazione dell'individualità. Le idee politiche di Foscolo erano inoltre influenzate dal Conciliatore, rivista milanese con orientamenti favorevoli all'Indipendenza del regno Lombardo-Veneto da Vienna.
Infine, preciso che, in tutte e tre le edizioni, di carattere epistolare, Foscolo scrive all'amico Lorenzo Alderani.
MANZONI E LA NARRAZIONE ONNISCIENTE:
Onnisciente. Da omnia + scio= so tutto. Un narratore del genere conosce a fondo la psicologia dei personaggi, inserisce giudizi, commenti, alcune anticipazioni. E utilizza la terza persona.
Nel 1827 muore Foscolo all'estero e Manzoni fa pubblicare I Promessi Sposi.
Chiaro, poi c'è anche l'edizione Quarantana. Si tratta di un romanzo ambientato tra il 1628 e il 1630, anni foschi caratterizzati da: gride (le leggi dell'epoca) roboanti, aristocratici prepotenti, dominio spagnolo della parte settentrionale della nostra penisola, peste, superstizione.
Il vero storico è il cardine di quest'opera, permeato da tenacia morale: l'essere umano ha la possibilità di riscattarsi di fronte al male di vivere, ogni giorno, con le proprie scelte e confidando in Dio. Manzoni in effetti non confida soltanto nella consolazione degli oppressi nell'aldilà. Per l'autore la Provvidenza è imperscrutabile e lascia il segno nella responsabilità individuale. L'unico che non nomina mai invano la Provvidenza è proprio il narratore, che rifiuta il ricorso strumentale ad una Provvidenza tranquillizzante, presente invece ad esempio nel semplicismo religioso sia di Renzo che di Lucia. I personaggi di questo romanzo a sfondo storico sono alle prese con le sfide e con le incognite della vita che ostacolano i loro desideri.
Cito l'autore stesso che sosteneva: Ogni finzione che mostri l'uomo in riposo morale è dissimile dal vero.
I Promessi Sposi è indubbiamente anche un romanzo di prepotenze e di violenza: c'è la violenza dei Bravi di Don Rodrigo, quella di Don Abbondio che, durante il colloquio con Renzo, inizia a parlare in latino per giustificare "gli impedimenti" al matrimonio, la violenza del Principe Padre che decide la vita della figlia, che deve piegarsi alla sua volontà, la voglia di vendetta di Renzo contro Don Rodrigo. C'è anche la violenza cinica di Azzecca-Garbugli, servo del potere.
C'è inoltre un inserto seicentesco di un anonimo autore barocco, quel che inizia con: La storia si può deffinire una guerra illustre contro il tempo.
A cosa serve? A condannare l'epoca barocca! A condannarlo dal punto di vista linguistico: lo stile è declamatorio, ci sono doppie inutili (deffinire, malvaggità), "u" alla latina (gli anni fatti cadaueri), periodi lunghi, termini obsoleti già per l'Ottocento. Tuttavia Alessandro Manzoni condanna anche il fatalismo degli intellettuali barocchi e la loro grande paura verso l'occasionalità dei mali del mondo. Lo scartafaccio dell'anonimo del Seicento è dunque un monito anche a noi oltre che ai suoi contemporanei, è un richiamo al senso critico e all'intelligenza.
FEDE E BELLEZZA DI TOMMASEO:
Per oggi concluderei con gli anni '40 del XIX° secolo. Quest'opera è un mix tra diario e lettere. Anzi, così la definisce Gino Tellini, autore del mio libro di testo per l'esame: non è propriamente un romanzo di costume contemporaneo ma un romanzo d'analisi interiore.
Fede e Bellezza è coetaneo dell'ultima edizione dei Promessi Sposi, eppure, si distanzia notevolmente da quest'ultimo.
Il primo capitolo è imperniato di memorie, con Maria e il suo vissuto, riferito da lei stessa in prima persona. Nel secondo capitolo subentra invece il diario di Giovanni.
Memorialistica e diario, dunque. Entrambi corrispondono alle differenti indoli di Maria e Giovanni: più genuina, più matura e più sincera la personalità di Maria, più intellettualistica e più fragile quella di Giovanni.
Nei capitoli 3, 4, 5 si intervallano le lettere tra i due. Ci si distanzia notevolmente dalla stile di Foscolo comunque.
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Mi fermerei qui, visto che nella Seconda metà dell'Ottocento c'è un pezzo grosso da trattare: Giovanni Verga. E anche la nascita della letteratura per ragazzi.