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6 marzo 2023

"Il giardino dei Finzi-Contini", G. Bassani: può essere considerato un romanzo anti-Carpe diem?

Quest'anno ho deciso, con la complicità della mia proverbiale fermezza di carattere, di evitare un post dedicato all'8 marzo.

Mi vergogno di essere donna, mi vergogno di essere nata femmina. 

Ho 27 anni e mezzo, 28 a fine settembre. E mai, quando ero bambina, mai avrei immaginato di arrivare a 27 anni erotti e poter pensare che mi vergogno di essere donna!

Da adolescente sono stata derisa, emarginata, insultata da coetanee. Quando ero in università sono stata presa in giro e considerata troppo anomala da altre ragazze che non riuscivano a capire come potesse piacermi moltissimo quel che studiavo. In parrocchia e in diocesi sono stata ora calunniata, ora considerata arrogante, ora sfig... da altre animatrici ed educatrici. Da aspirante docente finora in generale non mi sono sentita compresa: sono stata considerata "la piccola supplentina" o la docente montata da altre colleghe.

Ho 27 anni e mezzo e non ho neanche un'amica. E, a questo punto, meglio così. Non ho più la voglia di cercarmele! Ho rapporti civili, rispettosi e buoni soprattutto con i maschi vicini alla mia età.

Ho imparato parecchio dai maschi in questi ultimi mesi... a non temere di esternare stati d'animo negativi, a vivere un po' di più nel presente, a interessarmi di più di geo-politica, di fumettistica, di storia, a nuotare molto meglio rispetto a inizio inverno...

Se le donne sono così false, così calunniatrici, così invidiose, così insensibili, così cattive, io mi chiedo: che senso ha una giornata dedicata a loro? In molte sono così. Poveri i ragazzi e gli uomini che, con un briciolo di sale in zucca e con una discreta dose di sensibilità, aspirerebbero a progetti di vita seri e solidi con qualcuna!

Altroché la festa della donna, altroché le mimose, altroché le torte-mimose, i biglietti scontati al Parco Sigurtà e da altre parti d'Italia... 

Lo sapete, no, che ora anche al PD c'è la leader donna... quella deficiente che declama, con grande orgoglio, il suo geniale scioglilingua: "sono una donna che ama una donna ma non sono meno donna per questo". Ve lo dico io che se ci fosse quella al governo altroché i diritti sociali, altroché la sensibilità verso i migranti... quella ha in mente soltanto le adozioni gay e l'introduzione dell'aborto all'ottavo mese di gravidanza! 

*Ho diversi impegni e sto seguendo online dei convegni e dei corsi di formazione professionalizzanti da seguire online tra marzo e maggio. Ma sto facendo in modo di garantirvi più o meno la lettura di un post alla settimana.

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Io quindi non dedico nulla alle donne quest'anno.

Quindi avanti con la letteratura italiana! Vi presento il romanzo di Giorgio Bassani intitolato "Il giardino dei Finzi-Contini".

Vi illustro stile e contenuti in modo competente e preciso.

1.GIORGIO BASSANI, BREVI CENNI BIOGRAFICI:

Giorgio Bassani nasce a Bologna nel 1916 da una famiglia di origine ebraica e trascorre la giovinezza a Ferrara. Dopo la laurea in Lettere presso l'Università di Bologna e dopo essere stato in carcere a causa delle sue posizioni anti-fasciste, si  trasferisce, nell'autunno 1943, a Roma, dove insegna all'Accademia d'arte drammatica e inizia a lavorare come sceneggiatore.

Le sue opere di successo sono state Il giardino dei Finzi-Contini e Storie Ferraresi. 

E' stato autore anche di alcuni saggi di critica letteraria. E' morto nel 2000 dopo una lunga malattia.

2. PROLOGO DEL ROMANZO:

Il giardino dei Finzi-Contini paiono ispirati da una accorata dolente visione della vita che trae alimento dalla rievocazione del passato, dalla constatazione di una legge di decadimento, di distruzione e di morte che domina le cose umane: l'estinguersi di famiglie, il logorarsi dei sentimenti e degli ideali, nell'opaco succedersi dei giorni.

(Francesco Guglielmino, critico letterario e docente universitario)

Si tratta indubbiamente di un romanzo che nasce dai ricordi: nel Prologo che precede i capitoli il protagonista-narratore è in gita con un amico e con la moglie e Giannina, la figlia di quest'ultimo. E' l'aprile del 1957. Stanno andando a visitare la tomba etrusca di Cerveteri: 

"Papà", domandò Giannina, "perché le tombe antiche fanno meno malinconia di quelle più nuove?". 

"Si capisce", rispose, "I morti da poco sono più vicini a noi, e appunto per questo gli vogliamo più bene. Gli etruschi, vedi, è tanto tempo che sono morti".

Il romanzo prende l'avvio proprio dall'analogia tra la tomba di Cerveteri e la tomba dei Finzi-Contini, famiglia ebrea alto-borghese che Giorgio, il protagonista-narratore, frequentava quando era studente.

3. NUCLEI NARRATIVI FONDAMENTALI:

I Finzi-Contini, proprio come la famiglia del protagonista, sono ebrei e hanno due figli di età simile alla sua: Alberto e Micol.

Direi che sono tre gli aspetti attraverso i quali è possibile riassumere con efficacia e con sintesi il libro di Bassani: la relazione tra Giorgio e Micol, il Fascismo che induce gli ebrei ad una condizione progressiva di isolamento politico, sociale e civile, l'alone di inerzia e di morte che permea l'immensa casa dei Finzi-Contini.

Il nucleo principale della narrazione è il rapporto tra Giorgio e Micol e, nella seconda parte del libro, la sofferenza di Giorgio per il rifiuto di Micol.

Importantissimo è il contesto storico di fondo, caratterizzato dall'emanazione delle leggi razziali e dalle poche conquiste coloniali della dittatura fascista. 

I giovani, ovvero, Giorgio, Alberto, Micol e Giampaolo Malnate, chimico di idee comuniste, prima del '39, si radunano nel salotto dei Finzi-Contini per discutere della politica del loro tempo. Colpisce, a questo proposito, l'opinione di Malnate:

Il male del fascismo non era affatto sopraggiunto improvviso. Veniva da molto lontano, invece, e cioè dagli anni del primo Risorgimento, caratterizzati da un'assenza, diciamo pure totale, di partecipazione di popolo, di popolo vero, alla causa della Libertà e dell'Unità.

Di opinione opposta sono invece i fratelli Finzi-Contini e il narratore:

(...) in fondo, il fascismo non era stato altro che la malattia improvvisa e inspiegabile che attacca a tradimento l'organismo sano.

Man mano che si va avanti nella lettura Alberto e Micol divengono morti che camminano. Come se già avessero il presentimento di dover morire a causa della loro identità familiare e religiosa. E a questo non sanno reagire. Avrebbero le possibilità economiche per emigrare o in Svizzera o negli Stati Uniti ma sono inerti, immobili, come se attendessero soltanto il giorno della deportazione. 

Giorgio vorrebbe, con Micol, andare oltre il sentimento dell'amicizia. Ma la ragazza, dotata tra l'altro di un'intelligenza brillante, anche se riesce a laurearsi in Lingue alla Ca' Foscari con una tesi su Emily Dickinson, rinuncia alla possibilità di una relazione affettiva. Tanto sa che la sua vita, pur avendo poco più di vent'anni è agli sgoccioli.

Alberto, d'altronde, fa addirittura peggio della sorella: dopo le leggi razziali e con l'emergere di una situazione internazionale terribile in cui la guerra totale si concretizza giorno dopo giorno, il ragazzo interrompe gli studi universitari e, pian pianino, inizia a non giocare più a tennis con la sorella e con gli amici nel grande giardino di casa sua, inizia a non mangiare quasi più fino a deperire, ammalarsi e morire. 

Non c'è nulla di più desolante del leggere di due ventenni che attendono soltanto la morte. Per questo ritengo che Il Giardino dei Finzi-Contini sia un romanzo anti-oraziano, o meglio, anti-carpe diem.

Il nazi-fascismo porta via a Micol il sogno di insegnare inglese.

I Finzi-Contini vengono deportati in Germania nel '43 e da lì non fanno più ritorno.

Il romanzo è permeato da un alone funereo, per tutte le sue 240 pagine. E in effetti Giorgio intuisce, durante una cena a casa della famiglia Finzi Contini, che questa famiglia, radunata attorno allo stesso tavolo per la cena, sembra un convegno di spettri. 

4. SINTASSI DIFFICOLTOSA:

Ho trovato la sintassi piuttosto difficoltosa e poco organizzata. Piuttosto spesso l'autore inserisce frasi e proposizioni tra parentesi, con precisazioni non sempre necessarie, che rendono poco fluido e poco scorrevole lo stile.

Eccovi alcuni esempi:

-Quando, quel sabato pomeriggio, sbucai in fondo a corso Ercole I (evitati la Giovecca e il centro, provenivo dalla non lontana piazza della Certosa), mi accorsi immediatamente che davanti al portone di casa Finzi-Contini sostava all'ombra un piccolo gruppo di tennisti.

-Senoncé la notizia che ebbi da mia madre mentre uscivo dallo sgabuzzino del telefono, e cioè che verso mezzogiorno Micòl Finzi-Contini aveva telefonato chiedendo di me ("Mi ha pregato di dirti che è dovuta partire per Venezia, che ti saluta e che ti scriverà", aggiunse la mamma, guardando altrove), fu sufficiente per farmi di colpo cambiare avviso.

-L'indomani mattina non venne, ma il pomeriggio, mentre mi trovavo da Alberto (saranno state le sette: Malnate si era bruscamente accomiatato da qualche minuto), entrò Perotti che portava un suo messaggio.

-Certissimi entrambi che Francia e Inghilterra, le cui missioni diplomatiche avevano raggiunto da tempo Mosca, avrebbero finito per intendersi con l'U.R.S.S. (l'accordo da noi ritenuto inevitabile avrebbe salvato tanto l'indipendenza della Polonia quanto la pace, provocando di riflesso, insieme con la fine del Patto d'Acciaio, la caduta almeno di Mussolini), ormai era di letteratura e di arte che parlavamo quasi sempre.

5. LESSICO VARIEGATO:

Di questo romanzo ho invece apprezzato il lessico variegato. E' linguisticamente composito.

LATINO: poche espressioni come ad esempio ab antiquo, aurea mediocritas e una sentenza Omne animal post coitum triste.

TERMINI EBRAICI: Vi è qualche termine traslitterato in alfabeto latino, come ad esempio kibbuz (comunità), Pesah (Pasqua ebraica), judim (ebreo), haltùd (zelo religioso) tevà (tribuna presente nelle sinagoghe da cui il celebrante recita preghiere), talèd (scialle portato dai rabbini).

TEDESCO: solo due termini ricorrono in questa lingua: Hütte (capanna) e  Anschluss (Connessione). Tuttavia, c'è una frase che, con dolente rassegnazione, Alberto pronuncia in questa lingua: Juden sind unerwunscht (Gli ebrei non sono graditi).

FRANCESE: Al narratore e protagonista viene alla mente la strofa di un componimento di Baudelaire: Maudit soit à jamais le reveur inutile/qui voluit le premier, dans sa stupiditè,/ s'èprenant d'un problème insoluble et stèrile,/aux choses de l'amour meler l'honneteté!

(Maledetto sia per sempre l'inutile sognatore/ che vuole per primo, nella sua stupidità,/farsi carico di un problema sterile e insolubile,/mescolare l'onestà con le cose dell'amore!

INGLESE: In questa lingua troviamo sia alcune locuzioni, come Dear friend (nelle lettere di Micol a Giorgio), living roomflirt, moss (muschio), poor e le espressioni fatte: All lost, nothing lost (Tutto è perduto, niente è perduto), You are fishing for compliments (Sei alla ricerca di complimenti).

MIX TRA SPAGNOLO E DIALETTO: A inizio libro: Cosa xè che stas meldando? E procura de far star in piè anca il chico...

meldando= macinando/ chico= ragazzo.

DIALETTO: Non mancano le varianti dialettali del Nord Italia. Troviamo la celebre espressione Milàn l'è on gran Milàn!, ci salta all'occhio l'espressione di Micol riferita al visto di Giorgio: rosso impizà "rosso acceso" da cui anche l'aggettivo impizàda "rossa accesa", colleghiamo quel a ramengo più o meno con "in malora".

Oltre a ciò, Giampaolo Malnate recita una poesia intitolata "La Ninetta del Verzee" in dialetto milanese del poeta Carlo Porta: Bravo el mé Baldissar! Bravo el mè nàn!/ L'eva poeù vora de vegnì a trovamm:/ t'el seet mattascion porch che maneman/l'è on mes che no te vegnet a ciollamm?/ Ah, Cristo! Cristo! Com'him frecc sti man!

Bravo il mio Baldassarre! Bravo il mio ometto!/era poi ora di venire a trovarmi/ Lo sai mattacchione porco che quasi quasi/ è un mese che non vieni a fottermi?/ Ah, Cristo! Cristo! Come sono fredde queste mani!

Ma a Malnate piace anche "Nò Ghittin, no sont capazz" di Porta: Nò Ghittin, no sont capazz/de traditt: nò, stà pur franca.

No, Ghittina, non sono capace di tradire: no, stai pure tranquilla.

Ultima poesia che cito in dialetto milanese, con due sole strofe, è un componimento di Delio Tessa:

Pensa ed opra, varda e scolta,/tant se viv e tant se impara;/ mi quand nassi on'altra volta,/nassi on gatt de portinara!

Per esempi, in Rugabella,/ nassi el gatt del sur Pinin.../...scartoseij de coradella,/polpa e fidegh, barettin/del patron per dormigh sora...

Pensa e agisci, guarda e ascolta,/ tanto si vive e tanto si impara/ io quando nasco un'altra volta/nasco un gatto di portinaia!

Per esempio, a Rugabella nasco il gatto del signor Peppino.../...cartoccetti di corata,/ polpa e fegato, berrettino/del padrone  per dormirci sopra...


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