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16 maggio 2023

"Barabba", Par Lagerkvist:


Questo romanzo è stato pubblicato nel 1950, ha ricevuto il Premio Nobel nel 1951 e, nel 1962, è stato tratto un film.

Par Lagerkvist, l'autore, è stato un drammaturgo e romanziere svedese di fede luterana pietista.

In questo romanzo, che considero tra i libri più avvincenti e più significativi letti finora, si narra che cosa, secondo lo scrittore, è accaduto nella vita di Barabba dopo la morte e la Risurrezione di Gesù.

Nei Vangeli Barabba è soltanto una comparsa. Per questo a volte verrebbe da chiedersi: ma che fine avrà fatto quel brigante scampato alla crocifissione? Sarà mai arrivato alla fede? 

Questo libro è tutt'altro che una boiata. 

E' il miglior libro che ho letto in questi primi cinque mesi di 2023. 

Ecco come lo commentano alcuni editori:

"Con i suoi dubbi, il suo animo contraddittorio e tormentato, il suo intimo conflitto tra aspirazione al bene e impulso verso il male, Barabba ci si fa incontro quale incisiva rappresentazione dell'uomo moderno".

A) IL "VENERDì SANTO" E LE SUE CONSEGUENZE SULLO STATO D'ANIMO DI BARABBA:

Tutti sanno come egli venne appeso là, su quella croce, e conoscono quelli che stavano raccolti intorno a lui: Maria sua madre e Maria di Màgdala, Veronica e Simone da Cirene, che ha portato la croce, e Giuseppe d'Arimatea, che poi lo ravvolse nel lenzuolo.

Ma, un tratto più in giù, sul pendìo, un po' in disparte, stava un uomo che guardava continuamente colui che era appeso lassù e moriva, e ne seguì l'agonia dal principio fino alla fine. Il suo nome era Barabba.

Che ci piaccia o meno, il primissimo uomo che Gesù ha salvato con il Suo sacrificio è stato un coetaneo brigante assassino.

Barabba, liberato alcune ore prima, assiste alla scena da lontano. Non sa praticamente nulla di Gesù, lo ha visto soltanto nel momento in cui è stato liberato dal carcere al suo posto, per marcio volere dei Giudei.

Barabba è, in questa parte di libro, un uomo intorno ai 30 anni, robusto, con i capelli neri, gli occhi infossati ed una cicatrice profonda sul viso derivata da una lite violenta.

Ma, improvvisamente, su tutto il colle si fece buio, come se il sole avesse perduto il suo splendore; l'oscurità divenne quasi completa e lassù, nella tenebra, il crocifisso esclamò ad alta voce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?".

E credo che questa domanda sia la frase più umana che Gesù, nella sua profonda solitudine e sofferenza, abbia mai pronunciato.

Poco dopo la morte di Gesù, a Barabba sembra che lo sguardo di Maria, rivolto verso di lui mentre la folla scende dal Golgota, sia pieno di rimprovero.

E si tratta di uno sguardo di rimprovero che rimarrà per sempre nella memoria di Barabba.

A partire dal giorno seguente, Barabba ascolta le testimonianze che i credenti in Cristo di Gerusalemme raccontano ogni giorno sotto i portici della città. Al contempo però, Barabba continua a frequentare prostitute e a compiere, anche se con meno entusiasmo di prima, altri atti delinquenziali.

B) LA FAMIGLIA D'ORIGINE E GLI AFFETTI DI BARABBA:

Ma di chi è figlio Barabba?

Era un bambino non amato, nato da una relazione occasionale tra:

* Elihau, un uomo violento e iroso stile Michelangelo Merisi

e

* Una prostituta della terra di Mohab morta poco dopo averlo partorito.

Sua amante, a detta di Lagerkvist, è stata una donna (anonima nel corso della narrazione) dal labbro leporino, seguace di Gesù Cristo, che viene uccisa a causa della sua fede con il metodo della lapidazione. Barabba assiste a questa morte e, quando un uomo lancia la prima pietra contro di lei, lo accoltella rapido e veloce e fugge, convinto di odiare un Dio responsabile della morte di chi ama.

Con questa donna Barabba ha concepito un figlio che poi è nato morto. A notte fonda, il brigante scende nella fossa della lapidazione, raccoglie il cadavere straziato della "Leporina", percorre il deserto e la seppellisce accanto alla tomba del piccolo.

Se non altro è l'unico che le riserva un atto di pietà.

C) LE PARTI DEL ROMANZO:

A mio avviso è possibile suddividere questo romanzo in tre parti, qui descritte e denominate con titoli:

* dal cap. I° al cap. XIII°La non fede di Barabba.

Barabba ha 30 anni quando Gesù muore e risorge. Il suo (ancora breve) passato è peccaminoso, buio, assolutamente immorale. 

Malgrado ciò, vicino a lui vi sono molte figure fedeli a Gesù Cristo: la donna dal labbro leporino citata poco fa, Simon Pietro (a inizio romanzo), pentito di aver disconosciuto Gesù ma fiducioso nella sua Risurrezione e Lazzaro, fratello di Marta e Maria, che alcuni discepoli fanno conoscere a Barabba.

Ecco che cosa Lazzaro spiega al brigante liberato:

... spiegò in verità che Egli era stato morto, ma che lo aveva richiamato in vita il Rabbi di Galilea, il loro Maestro. Per quattro giorni era giaciuto nel sepolcro, ma le forze del suo corpo e della sua anima erano le stesse di prima; nulla in riguardo ad esse si era mutato. Il Maestro aveva così rivelato la sua potenza e la sua grandezza e mostrato di essere il figlio di Dio. (...) "...Egli ha risuscitato me dai morti perché io possa testimoniare per lui".

Ma Barabba non solo non crede alla Risurrezione dai morti. Non gli piace proprio "un dio che soffre per amore nei confronti dell'umanità".

dal cap. XIV° al cap. XVII°Sahak, il "santo di Dio".

Sono passati 20 anni dalla Risurrezione di Gesù.

Barabba ha 50 anni e lavora come schiavo nelle miniere italiche di rame dell'Impero romano. 

E' legato in catene (come i cani!) con Sahak, schiavo armeno pieno di fede.

Sahak e Barabba sono di carattere completamente diverso, eppure, la loro miserabile condizione li ha resi inseparabili l'uno dall'altro. 

Ma per quali motivi sono ridotti in schiavitù?

L'autore non lo sa ma noi lettori possiamo immaginare e ipotizzare qualcosa:

- Barabba può essere diventato schiavo per punizione in seguito ad un furto o a una rissa o ad un omicidio.

- Sahak è schiavo forse a causa di debiti, oppure perché è stato dato alla luce da una schiava oppure perché era prigioniero di guerra.

Sahak ha una fede profonda, autentica. Sulla sua piastra servile è inciso il simbolo di Cristo. Siamo in una fase del romanzo in cui a Barabba piacerebbe credere ma, di fronte alla sofferenza e, in particolare, di fronte ai maltrattamenti riservati a Sahak, non ci riesce: è vero, una sera, contagiato dall'entusiasmo di fede del compagno, si fa incidere il simbolo di Cristo sulla piastra. Ma questo non basta per essere davvero cristiani. 

Una volta, nel buio delle miniere, Sahak e Barabba pregano inginocchiati ma il padrone li scopre e li frusta fino a far perdere loro i sensi. In particolare, si accanisce di più su Sahak, di corporatura più esile e fragile. 

Dopo questo episodio Barabba decide di non voler più avere a che fare con Gesù e con la fede in Cristo. 

Così si apre un divario tra lui e Sahak. Ma c'è poco da fare: l'ex brigante ebreo non se la sente più di pregare un Dio che procura sofferenze e morte.

Dopo qualche tempo, i due schiavi vengono portati a lavorare prima nei campi e poi alle macine dei mulini. E' estate. 

Sahak si fa presto conoscere per la sua grande fede in Gesù Cristo. Per questo un giorno, lui con Barabba, viene convocato dal governatore della zona.

E qui emerge chiarissima la differenza: Sahak dichiara di "appartenere al Signore Dio", Barabba invece dice: "Desideravo di credere. Ma io non ho dio".

L'attenzione del governatore si concentra a questo punto tutta su Sahak:

"(...) Ma dimmi: perché porti il suo nome sulla piastra da schiavo?"

"Perché io gli appartengo" rispose Sahak e ancora tremò un poco.

"Davvero? Gli appartieni? Come puoi far questo? Non appartieni tu allo stato? Non sei tu uno schiavo dello stato? ... Appartieni allo stato? Dimmi questo."

"Io appartengo al Signore mio Dio".

(...)

"Se tu rinunci alla tua fede non ti sarà fatto alcun male".

"Non posso rinnegare il mio Dio".

"Ma se tu non rinunci a codesto tuo dio, nulla ti potrà salvare. Tu perderai la vita."

"Non potrò perdere il Signore mio Dio".

Il governatore condanna Sahak alla crocifissione e cancella sulla piastra di Barabba la croce con la scritta Jesùs Christòs, promuovendolo a libèrto: "E' inutile, perché tanto tu non ci credi".

Prima di essere appeso alla croce Sahak viene brutalmente torturato:

... sul petto, dove chiaramente si distingueva ogni costola, erano state segnate a fuoco le insegne dello stato. La collina del supplizio era una modesta altura fuori dalla città, al cui piede crescevano qua e là frutici e cespugli. E, dietro ad uno di questo, se ne stava Barabba. All'infuori di lui e di quelli che eseguivano la crocifissione non c'era anima viva; nessuno si dava la briga di assistere alla morte di Sahak. (A chi importa della crocifissione di uno schiavo?).

Barabba assiste alla sua crocifissione da lontano ed è l'unico che si accorge dell'istante in cui l'armeno non respira più:

...quando comprese che era finita, emise un gemito e cadde in ginocchio come se pregasse. Sebbene Barabba fosse in ginocchio in realtà non pregava. Perché non aveva nessuno cui pregava. Restò soltanto prostrato un momento. Dopo, nascose il suo volto devastato, grigio ed irsuto tra le mani e certamente pianse.

In questo momento del romanzo, Barabba ancora non sa che il prossimo a morire così sarà proprio lui.

Ma come, si converte anche Barabba? 

E' la morte del suo compagno schiavo a farlo convertire?

Come Barabba arriva alla fede in Cristo Gesù?

Bisognerebbe incentivare l'acquisto e la lettura di questo libro che io ho scoperto per caso in salotto e che ho salvato da una destinazione infelice: lo scatolone dei rifiuti. 

* dal cap. XVIII° al cap. XX°= La solitudine e "una luce lontana".

Si tratta dell'ultimo periodo della vita di Barabba.

Queste pagine finali sono molto suggestive, sostanzialmente per due motivi:

- Il rapporto tra Barabba e Sahak in qualche modo continua. Dubito che fossero legati soltanto da una catena. Sorprendentemente il loro legame è un qualcosa che va oltre la morte. Una notte Barabba sogna Sahak inginocchiato al buio, in atto di preghiera. "A che ti serve pregare?" gli chiede. E l'altro, senza girarsi, gli risponde: "Prego per te".

Al risveglio, Barabba si mette a piangere. Senza Sahak, che per anni era stato legato a lui con catene di ferro, gli manca una parte di sé. 

Nella vita si possono incontrare veri cristiani che ci mostrano una fede autentica, genuina. A volte, come nella mia esperienza di vita, accade proprio di convivere nella stessa casa con una persona così. Nei miei sogni notturni compare mia nonna alcune volte. E compare sempre serena e sorridente, come se i suoi ultimi quattro mesi di vita, caratterizzati dalla malattia e dalla sofferenza, non fossero mai esistiti. L'altra notte l'ho sognata ed era in ottima salute. È stato un sogno senza dialoghi. Sentivo una voce profonda e severa che mi diceva: "Non è mai veramente morta".

- Una sera, dopo il lavoro, Barabba ha una visione: uno schiavo nell'ombra gli indica la strada per raggiungere una catacomba nella quale si raduna un gruppo di cristiani.

Quindi esce e cammina lungo la Via Appia per trovarla. Riesce a raggiungere la meta, ma, una volta entratovi, brancola a lungo nel buio in cerca degli oranti. Tutto in quella catacomba sa di morte. Ad un tratto il protagonista vede una luce fioca in fondo alla galleria, la insegue ma, in quel mentre, il lume flebile si spegne inspiegabilmente. Di nuovo, vede una luce ancora più luminosa. Ma, non appena si affretta a raggiungerla, la luce scompare.

Questo per me può essere un segno di Sahak dal cielo, che vuole comunicare a Barabba qualcosa del genere: "Ogni volta che sei stato a contatto con un vero cristiano non sei stato capace di accogliere quanto era in grado di amare e di amarti".

Mentre tornava in città per la Via Appia nella notte, Barabba si sentiva molto solo. Lo era sempre stato, ma non lo aveva mai capito come ora. Camminava nell'oscurità, come se vi fosse sepolto, camminava con la cicatrice sul suo vecchio volto solitario. E sul suo vecchio petto grinzoso pendeva, tra il petto grigio, la sua piastra servile con il nome di Dio cancellato da un segno di croce. Si, era solo in cielo e sulla terra. Ed era chiuso dentro di sé, nel suo regno della morte. Come avrebbe potuto evaderne?

La morte! L'aveva sempre dentro di sé, l'aveva avuta dentro di sé per quanto aveva vissuto.

E quindi? Si è avvicinato alla fede dopo questo flop nella catacomba o no?! Come ha fatto Barabba a morire in croce? 

Sicuramente quella sera Barabba comprende un aspetto fondamentale del cristianesimo perché dice tra sé: "I cristiani pregano in comunità e, anche se sono al buio, non hanno paura della morte."

Il nostro protagonista arriva addirittura a pregare con affidamento a Dio mentre è inchiodato ad una croce.

Non ho visto il film, ad ogni modo, dalla lettura del riassunto delle scene, non mi pare dia al personaggio di Sahak l'importanza che merita. E questo non vuol essere un giudizio duro da parte mia quanto piuttosto la constatazione di un grave difetto che probabilmente c'è nell'adattamento cinematografico.

Ho preso per caso dagli scaffali di mio papà questo libro (a casa abbiamo l'edizione del 1993 che ha per immagine di copertina la Crocifissione di Antonello da Messina, non quella dell'Iperborea). E mai avrei immaginato di annoverarlo tra le migliori letture, praticamente al pari del Mondo Nuovo di Huxley e del Deserto dei Tartari di Buzzati, due romanzi "senza Dio".

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Proprio vent'anni fa venivo dichiarata completamente guarita e salva dalle possibili conseguenze di una seria malattia che, l'anno precedente, aveva comportato la frequenza irregolare a scuola in un anno delicato (la prima elementare). 

Nella primavera 2002, appena uscita dalla sala operatoria, ero bianca come un morto e respiravo appena.


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