Vorrei iniziare la recensione con il commento, per una volta molto positivo, del Dizionario Mereghetti, che a questo film, uscito in Giappone nel 1988, assegna per valutazione un otto.
Al suo quarto lungometraggio, Miyazaki (anche sceneggiatore), esplora i temi che gli sono più cari: l'armonia tra uomo e natura, l'animismo shintoista, la fragile magia dell'infanzia che scopre le durezze della vita; e crea un racconto pieno di prodigi e di immediatezza disarmante che riesce a parlare a spettatori di tutte le età facendo sciogliere anche i cuori più duri.
Il talento pittorico del regista tocca vertici insuperati nella storia dell'animazione, rendendo miracolosi i gesti quotidiani più semplici: da antologia la scena alla fermata dell'autobus sotto la pioggia con le bambine che prestano un ombrello a Tòtoro.
Rendetevi conto... il Mereghetti dà 10/10 solo ed esclusivamente ai film di Hitchcock! Pochissime volte scrive in modo così entusiastico di un cartone animato che, a quanto pare, ha "sciolto i cuori iper-critici" di molti critici del cinema.
Ma di che cosa parla esattamente questo bel capolavoro di Miyazaki?
PERSONAGGI E CONTENUTI:
Giappone, fine anni Cinquanta.
Le sorelle Satsuki e Mei Kusakabe si trasferiscono con il padre in una casa di campagna non troppo lontana da Matsu No Go, piccolo villaggio circondato da campi, risaie e foreste.
Mei è una bambina di quattro anni vivace e allegra, mentre la "sorellona" Satsuki è una pre-adolescente responsabile e coscienziosa. Chissà voi mie lettrici a chi eravate più simili da piccole... Io senza ombra di dubbio a Satsuki.
Nota dolente della storia: la madre delle due bambine è ricoverata in ospedale a causa di una lunga e seria malattia.
Satsuki, Mei e i loro genitori provengono da una realtà cittadina che il film non mostra mai dal momento che è tutto ambientato in campagna.
Una mattina, dopo che Satsuki è andata a scuola e il padre si trova nel suo studio, Mei si inoltra da sola nella foresta che fa da confine tra il giardino della nuova casa e i campi verdi intorno. All'interno di un alto albero di cànfora, la piccola si imbatte in Tòtoro, il Buon Spirito dei Boschi, una grassa e gigante creatura grigia simile a un procione.
Da più di trent'anni Tòtoro è il simbolo dello studio Ghibli e uno dei peluches più venduti in Giappone.
E' interessante inoltre rilevare che il termine giapponese "tororu", corrispondente al "troll" nord-europeo, viene storpiato da Mei in "tòtoro".
I troll della tradizione islandese sono enormi e deformi, molto brutti, che vivono nelle grotte oppure nella lava dei vulcani. Sono ladri di bestiame e cannibali.
Alcune leggende norvegesi affermano che soltanto i bambini possono vedere i troll. Per la mitologia norvegese i troll sono creature antropomorfe dotati di poteri magici, non sempre negativi e pericolosi.
Per la letteratura infantile giapponese invece, i troll vivono nelle foreste vicine alle campagne giapponesi e assumono un aspetto zoomorfo che ricorda o quello degli orsi oppure i procioni. E vale anche qui il prodigio: soltanto i bambini riescono a vederli e a interagire con loro.
Per quel che concerne la linguistica è piuttosto probabile che troll e tororu non abbiano una radice comune, semplicemente per il fatto che norvegese, svedese, danese, islandese appartengono al gruppo delle lingue germaniche settentrionali, mentre l'origine del giapponese è tuttora ignota, non sappiamo a quale famiglia linguistica appartenga. Tuttavia la tesi di Fujioka inizia, ultimamente, ad essere presa in considerazione con le sue valide argomentazioni.
Per Fujioka il giapponese appartiene alla famiglia uralo-altaica dal momento che nel giapponese, come in tutte le lingue uralo-altaiche (tra cui il finlandese), mancano gli articoli, mancano i generi maschile e femminile, le flessioni verbali vengono realizzate con suffissi, l'ordine delle parole in una frase è tendenzialmente soggetto, oggetto, verbo.
Ritorniamo al film.
Notevole e simpatica risulta anche la figura del Gattobus che ricorda lo Stregatto di Alice nel paese delle meraviglie.
Il Gattobus di Miyazaki ha ben dodici zampe. In una delle ultime scene del film è proprio questa particolarissima figura a portare le due bambine di fronte alla finestra della stanza d'ospedale in cui è ricoverata la loro madre.
C'è infatti un momento particolarmente drammatico in cui arriva a casa delle bambine una lettera in cui si dice che i medici hanno rimandato le dimissioni della loro mamma a causa di un raffreddore.
Se vi capiterà di vedere o di rivedere questo capolavoro noterete senza troppa difficoltà che Tòtoro appare alle sorelle quando sono in difficoltà, ad esempio quando in una sera buia e piovosa, sono da sole alla fermata dell'autobus e aspettano che il padre torni dall'Università cittadina dove svolge il ruolo di ricercatore. Solo Satsuki e Mei vedono Tòtoro e anche questo aspetto fa riflettere... può riferirsi al fatto che la fantasia infantile, capace di inventare abbastanza spesso degli amici immaginari, è consolante durante un periodo di difficoltà e di sofferenze?
Indubbiamente in questo lungometraggio animato il quotidiano si interseca con il fantastico.
Ora vorrei soffermarmi per qualche minuto su Tatsuo Kusakabe, il padre delle bambine, scrittore ed esperto di archeologia.
Per quanto possa sembrare un po' distratto, sbadato e con la testa tra le nuvole, soprattutto quando non si accorge che Mei si è inoltrata nella foresta, risulta a mio avviso una figura nel complesso positiva. Il rapporto con le due figlie in effetti è molto buono: con loro è comprensivo, solare, in sintonia. Gioca con le due bambine e asseconda con piacere le loro fantasie ogni volta che può.
E, soprattutto, il signor Kusakabe si fa portatore, nel corso del film, di temi ecologici, soprattutto quando dice alle figlie: In tempi passati uomini e alberi erano amici.
In molte civiltà antiche uomo e natura erano in armonia.
Ribadisco che il film è ambientato alla fine degli anni Cinquanta, periodo in cui anche il Giappone, pur con il dramma e il trauma recente dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, si stava industrializzando. Questa industrializzazione ha comportato un massiccio sviluppo dell'edilizia, proseguito soprattutto negli anni '80 e '90, proprio come in Europa e in Italia.
COMPONENTE AUTOBIOGRAFICA:
Chi, tra voi lettori, conosce questo film, forse non sa che c'è una componente autobiografica.
La madre di Miyazaki ha sofferto, negli anni Cinquanta, di tubercolosi spinale e per questo, durante l'adolescenza di Hayao e dei suoi fratelli, si trovava costretta a stare per lunghi periodi in ospedale.
Anche se non viene mai rivelato (ma gli spettatori possono intuirlo), la madre di Satsuki e Mei soffre di tubercolosi.
Nella prima stesura della sceneggiatura del film Il mio vicino Tòtoro, la protagonista era una sola bambina. Ma, durante una fase di profonda revisione, Miyazaki aveva deciso di mettere due e non una protagonista. Pensate che i due nomi hanno lo stesso significato: "mei" in giapponese contemporaneo è "maggio", "satsuki" è invece un termine del giapponese antico, ma indica comunque lo stesso mese.
Per i disegni paesaggistici che persino il Mereghetti ammira, vi informo che Miyazaki si è fatto ispirare dalle colline di Sayama, luogo in cui crescono anche molti papaveri.
(Mi sono fatta l'idea che il Giappone debba essere una terra meravigliosa soprattutto in primavera e in autunno).
Mi piace molto come si parla in questo video del Mio vicino Tòtoro.
Una settimana fa Il mio vicino Tòtoro mi ha quasi fatto piangere, pensando al fatto che non sto vivendo una situazione per niente facile a casa in quanto a salute di una zia che vive con me. Si tratta di una situazione di cui si spera con tutto se stessi che l'epilogo possa essere felice (l'altro ieri è stata una giornata positiva, la zia aveva qualche energia in più e ha fatto un po' di giardinaggio con me e, secondo medici specialisti, sembra che la malattia abbia delle possibilità di cura).
Quest'estate il film è stato riproposto nelle sale cinematografiche italiane.
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