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5 settembre 2023

Pupi Avati: un "Jane Austen" per il cinema italiano?

 BIOGRAFIA:

Giuseppe Avati, nato a Bologna nel 1938, era figlio di un antiquario borghese di origini meridionali. Da giovane voleva intraprendere una carriera musicale e per questo faceva parte della "Doctor Dixie Jazz Band" come clarinettista. Ma a questo sogno ha rinunciato dopo l'ingresso di Lucio Dalla nella Band.

Dopo aver concluso gli studi di "Scienze Politiche" presso l'Università di Firenze e dopo aver lavorato per quattro anni presso la Findus ha deciso di intraprendere la carriera del cinema, affascinato dalla figura e dal percorso di Federico Fellini e, in particolar modo, dal suo film "Otto e mezzo".

Il suo esordio nel mondo del cinema inizia con la produzione di lungometraggi come ad esempio "La casa delle finestre che ridono", ambientato a Comacchio e, alla fine degli anni '70, diventa famoso grazie alla messa in onda sulla Rai di "Jazz Band", una miniserie televisiva che rievoca la sua giovanile passione per la musica.

La sua produzione cinematografica è spesso legata all'Emilia Romagna e ai suoi paesaggi.

Nel 2000 è stato nominato presidente di "Cinecittà Holding".

Ecco a voi la mia recensione di quattro dei suoi film:

IL TESTIMONE DELLO SPOSO:

Campagne emiliane, dicembre 1899. 

Si tratta a mio avviso di un film anti-maschilista che rivede con occhio molto critico e  contrariato le convenzioni e i formalismi della borghesia e del clero di fine XIX° secolo.

La protagonista è Francesca Romana Babini, una ragazza che rifiuta il matrimonio combinato da suo padre con Edgardo, un rozzo quarantenne. Quest'ultimo ha scelto come testimone di nozze Angelo, un compaesano rientrato da un lungo viaggio negli Stati Uniti. Nella giornata del matrimonio Francesca si innamora a prima vista di lui e questo le costa l'allontanamento dal paese di origine e il rifiuto della famiglia.

In questo film Avati mette bene in luce quella che era la condizione femminile di poco più di cent'anni fa: la donna aveva prevalentemente un ruolo passivo e doveva essere una moglie remissiva e obbediente. La protagonista di questo film è un'eccezione perché non ha paura né di rifiutare di consumare il matrimonio con qualcuno che non ama affatto né di dichiararsi ad Angelo proprio durante quella che dovrebbe essere la festa di nozze. Verso la fine del film la ragazza cambia volentieri vita diventando maestra.

Credo che la pellicola sia eccellente dal punto di vista descrittivo e fotografico, oltre che narrativo.

Non condivido la critica del Mereghetti dato che per me la psicologia dei personaggi risulta piuttosto sviluppata, soprattutto per quel che riguarda la protagonista e i familiari di lei, presi da rabbia e delusione, più o meno come il volgarotto borioso Edgardo che, nel corso di quella che dovrebbe essere la serena giornata delle sue nozze, diviene un uomo dall'orgoglio ferito. Forse la figura psicologicamente meno sviluppata è quella di Angelo, figura maschile un po' scialba ma, nel complesso, genuina e sincera, soprattutto quando rivela a Francesca che i suoi fratelli hanno fatto fortuna in America, non lui.

La Chiesa in quanto istituzione risulta  negativa nel caso della figura del sacerdote celebrante il matrimonio che pronuncia battute giudicanti nei confronti di entrambi gli sposi. 

Una figura religiosa positiva risulta invece l'umile parroco di campagna che ospita Francesca nella sua piccola parrocchia la quale, a osservare bene le immagini, è probabile che si trovi vicina al Delta del Po'.

IL CUORE GRANDE DELLE RAGAZZE:

Protagoniste di questo film sono le singolari dinamiche, raccontate dai temi di un bambino di scuola primaria, di due famiglie molto diverse l'una dall'altra: gli Osti sono borghesi e abbastanza benestanti, i Vigetti invece sono contadini piuttosto poveri.

Siamo nell'Emilia degli anni Trenta.

Carlo, interpretato da Cesare Cremonini, risulta una figura piuttosto centrale: praticamente analfabeta, è il donnaiolo del paesino, attraente soprattutto per il suo alito profumato di biancospino.

Carlo Vigetti avrebbe dovuto scegliere di sposare o Maria o Amabile Osti... e invece si infatua di Francesca, l'affascinante, colta sorella più giovane delle altre due che ha appena terminato gli studi presso un collegio paritario cattolico, interpretata da una giovanissima boccolosa Micaela Ramazzotti.

Ma... Carlo maturerà per davvero e riuscirà a perdere il vizio di incappare in "avventurette" occasionali con altre donne?

Per me Il cuore grande delle ragazze è una commedia cinematografica abbastanza ben riuscita su una società dotata di vedute strette, indubbiamente maschilista, portata a vedere le donne come creature che nella loro vita sono tenute a realizzarsi esclusivamente in un modo: sposandosi. Ma non è l'unico obiettivo che una donna deve o può porsi.

IL BAMBINO CATTIVO:

E' un film di attualità.
Risulta un film dai contenuti molto drammatici, direi anche tragici per buona parte della storia, ma molto realistici. Ad ogni modo, il messaggio fondamentale è questo: il disagio adolescenziale e giovanile proviene da famiglie disastrate e incuranti del bene dei figli.

Brando, il protagonista, è un pre-adolescente. Dopo il divorzio dei genitori, la sua quotidianità viene totalmente destabilizzata: la madre sprofonda in una cupa depressione e viene portata in una clinica, il padre si fa la storiella con un'altra donna e non intende affatto occuparsi del figlio, i nonni materni non accettano il ragazzino. L'unica che vuole veramente bene a Brando e che si mostra disposta ad accoglierlo è la nonna paterna che, tuttavia, poco tempo dopo si rivela incapace di provvedere al nipote (infatti manifesta serie avvisaglie di demenza senile).

Dichiarato abbandonato da un tribunale, molto sofferente e arrabbiato per la situazione, Brando viene prima inserito in una casa famiglia e poi affidato ad una coppia.

Situazioni di disagi familiari non identiche ma simili le ho già incontrate durante le mie prime esperienze scolastiche "al di là della cattedra". Capita che i ragazzi provenienti da queste realtà, in particolar modo in terza media,  insultino l'insegnante supplente (non rispettano nemmeno i titolari comunque). In ogni caso è necessario tener conto del fatto che sperimentano sulla loro pelle l'egoismo dei loro genitori e un totale disinteresse nei loro confronti da parte delle famiglie e dunque non sono cattivi, sono molto problematici, è diverso. Hanno una corazza di rabbia, durezza, forte diffidenza nei confronti del mondo adulto e maleducazione per proteggere il loro sé ferito. O meglio: si sentono traditi dagli adulti.

Brando è definito dalla madre un "bambino cattivo", visto che è convinta che il figlioletto abbia favorito l'ex marito nella relazione con l'altra donna.

In un'intervista divenuta virale, Pupi Avati si è espresso così a proposito del film:

Ho scoperto che una persona anziana contiene tutte le età della vita. Una persona è simultaneamente vecchia ma anche bambino ma anche giovane ma anche adulto. Questo impadronirsi di tutte le età che accade ai vecchi ha fatto sì che abbia potuto scrivere la riflessione che Brando Ducci compie nei riguardi della deflagrazione del contesto familiare.

Credo che il regista si riferisca al commento di Brando nel momento in cui la coppia lo prende in affido: "Ci vengo a vivere con voi, ma non pretendete che io sostituisca il figlio che vi è appena morto".

LA SECONDA NOTTE DI NOZZE:

Ambientato pochissimo tempo dopo il secondo dopoguerra, il film vede coinvolti prestigiosi attori italiani tra cui Neri Marcorè nei panni di Nino, giovane ladro figlio della vedova Liliana Vespero, interpretata da Katia Ricciarelli e nipote di Giordano, interpretato da Antonio Albanese.

Nino viene scoperto a rubare l'argenteria dalla casa della sua promessa sposa. Poi ruba un'auto e convince la madre a raggiungere le campagne pugliesi in cui vive zio Giordano, personaggio fragile, mezzo esaurito (lo si vede prima di tutto quando sparpaglia l'insalata sulla tovaglia durante un pranzo) ma buono e generoso: trova un lavoro al nipote presso lo studio di un notaio.

Giordano era stato internato in manicomio. Per gran parte della giornata quest'uomo si occupa di disinnescare gli ordigni inesplosi che la guerra ha lasciato nelle campagne.

Quel che mi chiedo da quando conosco questo film: ma per Nino, scapestrato, disonesto e approfittatore (soprattutto quando seduce la figlia del notaio e ruba il denaro della cassa cambiali) è possibile pensare, alla fine del film, a una prospettiva di cambiamento in positivo?

Le ostili antagoniste dell'umile Liliana sono le zie di Giordano, Suntina ed Eugenia: da sempre considerano questa donna una poco di buono visto che ha sposato il nipote Edgardo, fratello di Giordano caduto in guerra, quando era già incinta. Naturalmente la colpa, nella prima metà del secolo scorso, era sempre e comunque della donna.

Alcuni contesti filmici di Pupi Avati possono aiutare a capire che, nonostante anche questo sia un periodo storico sociale fatto di violenze e di poca umanità nei rapporti interpersonali, su certi aspetti abbiamo fatto qualche progresso a distanza di una manciatina di decenni. 

Sembriamo appartenere a due generazioni che non hanno praticamente nulla da spartire.

Eppure basta pensare, riflettere per costruire ponti di relazione, di comprensione, di dialogo, di ascolto e di benevolenza tra anziani e giovani.

Pupi Avati è riuscito a conquistarsi un'estimatrice under trenta. Gli auguro ancora molta salute e molta serenità! 

Mi piacerebbe concludere il post con altre due piccole osservazioni: c'è della piacevole poesia malinconica in questo film, anche nella colonna sonora.

Sia all'inizio che alla fine della Seconda notte di nozze, il regista dedica, sempre poeticamente, questa narrazione a tutti i bambini che sono diventati luce e quindi a tutti i bambini rimasti vittime di esplosioni e bombardamenti. 

Alla luce delle trame che ho esposto in questo lungo post, a vostro parere, Pupi Avati potrebbe essere definito un "Jane Austen" dal momento che le tematiche dei suoi film sono: i matrimoni, i fidanzamenti, il ruolo sociale e familiare della donna, le dinamiche familiari? Più o meno tutti i romanzi della Austen si basano su matrimoni, fidanzamenti e dinamiche familiari.

Oppure può essere considerato un "Jane Austen" solo nella fase più matura della sua carriera con queste commedie sentimentali e familiari? 

Personalmente propendo più per quest'ultima ipotesi perché "La casa delle finestre che ridono" è un giallo, "Jazz Band" è autobiografico, "Bordella" è un film satirico, "Magnificat" è un film storico-drammatico. Se fate una ricerca scoprite che tutti questi titoli risalgono a prima dell'anno 1995 e appartengono ad altri generi di narrativa cinematografica rispetto ai quattro film che ho recensito qui.

Altro punto di forza e di merito di Pupi Avati: essersi dimostrato alquanto versatile nei generi.

Mancano veramente pochi giorni.

Oltre alla presentazione pomeridiana del mio libro ci sarà un laboratorio dedicato ai ragazzi delle scuole medie del territorio coordinato da un'insegnante di Lettere con la quale mi sono tenuta in contatto in questi ultimi giorni.

Il laboratorio consisterà in un'attività di scrittura creativa a partire da un brano estrapolato dal testo.

L'altra notte ho sognato proprio quella compagna di classe che nei comportamenti era simile alla Jenny del mio libro. Ricordo più che altro che ci abbracciavamo e piangevamo entrambe.

Non l'ho mai detestata la Jenny reale. Non era per niente cattiva, era molto sofferente e parecchio arrabbiata, come lo sarei stata io se avessi vissuto sulla mia pelle una storia familiare identica alla sua.

Le comunità parrocchiali e tutti i sacerdoti con i quali ho avuto a che fare e dai quali non sono mai stata né accolta né compresa, con l'esito di rimanere delusa e amareggiata da certi comportamenti di persone di chiesa, non sanno che è proprio nei periodi di isolamento che ho iniziato a imparare ad "amare il mio prossimo come me stessa". E' difficile, ma è la giusta strada per diventare meravigliosamente umani.

Chi, con grande superficialità e pregiudizio, pensa che il mio intento di scrittura sia scaturito da un desidero di protagonismo oppure di vendetta e di rivalsa, si sbaglia di grosso ed evidentemente non ha mai letto nemmeno una riga del libro, fatto di ironia e non di giudizi o di moralismi. 

Spero che, quasi dieci anni dopo la fine del liceo, Jenny (non rivelerò mai, soprattutto a voi lettori del blog, come realmente si chiamava) sia più serena e abbia incontrato qualcuno che le voglia bene e che voglia veramente il suo bene. Ovviamente spero si stia realizzando anche in qualche ambito lavorativo.

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