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29 ottobre 2024

"La mia Africa", film romantico ambientato nelle terre di un continente affascinante:

Il titolo originale è "Out of Africa". Questo film ha circa 40 anni ed è magistralmente interpretato da Robert Redford e da Meryl Streep.

A) TRAMA E CONTENUTI:

Siamo all'inizio del Novecento.

La protagonista del film è Karen, una baronessa danese il cui matrimonio è da poco fallito.

Con l'avvicinarsi della Grande Guerra, la signora decide di partire per il Kenya per un secondo matrimonio di interesse con Bror Blixen che sembra stia avviando da quelle parti una fattoria per la produzione di latte.

Il giorno dopo le nozze però, Karen scopre con amarezza che il suo nuovo marito ha in realtà avviato una piantagione di caffè, poco adeguata al clima che caratterizza la zona dell'Altopiano del N'gon.

L'altopiano del N'gon si trova a sud-ovest di Nairobi, capitale del Kenya. Durante il dominio coloniale britannico era una regione agricola molto importante.

La narrazione del film prosegue. Bror trascura e tradisce la moglie, contagiandola per di più di sifilide.

Quando inizia il primo conflitto mondiale, il barone Blixen e Karen si separano definitivamente. 

Così la protagonista di questa storia, per far fronte alla grande delusione subita, rafforza le sue buone relazioni sia con i domestici che con i Kikuyu, il gruppo etnico più numeroso dello stato del Kenya. Molto positivo risulta il rapporto con il placido e ragionevole Kamante, il domestico che fa anche da mediatore linguistico tra Karen e i nativi kenyoti.

La signora inizia inoltre ad ammirare con occhi affascinati il territorio africano.

Durante un'uscita solitaria la protagonista si trova di fronte ad una leonessa. Tuttavia viene salvata dalla belva da Denys Hatton, cacciatore britannico, profondamente diverso dal barone Blixen. Tra i due nasce in poco tempo una relazione romantica.

Tuttavia c'è un problema: Denys sente il bisogno di viaggiare spesso, anche con il suo aeroplano, mentre Karen vorrebbe un rapporto stabile.

La loro storia d'amore è quindi destinata a finire?

B) IL "MAL D'AFRICA":

Quando scopre di avere la sifilide, Karen torna temporaneamente in Europa per curarsi. Una volta guarita però, le è preclusa la possibilità di avere figli. 

Questo è anche un film sul cosiddetto "mal d'Africa". Questa espressione si riferisce alla forte nostalgia di europei e americani che, dopo essere rientrati in Europa e dopo aver compiuto un viaggio nel continente africano, desiderano rivivere questa intensa esperienza.

E così, sentendo la forte mancanza del continente africano, Karen vi ritorna e, insieme al capo villaggio dei Kikuyu, decide di fondare una scuola per i bambini del luogo.

Credo sia importante tener presente che, negli anni '90, il "mal d'Africa" indicava la malattia dell'AIDS, tuttora grave flagello di paesi come il Botswana, la Tanzania, lo Zimbabwe, l'Angola e il Sudafrica.

C) I KIKUYU:

Vorrei dedicare parte di questo post ai Kikuyu.

L'etnia Kikuyu comprende una popolazione che da tempo ormai è stanziata tra Nairobi e il Monte Kenya. 

Pensate che esiste anche la lingua Kikuyu, appartenente al gruppo di lingue bantu, a loro volta incluse nella mega-famiglia linguistica niger-kordofaniana.

In passato, la religione dei Kikuyu consisteva nel venerare il dio N'gai che abitava il Monte Kenya. E' una divinità che ha creato la terra, l'acqua, la savana, il deserto, i laghi, i monti.

N'gai veniva invocato quando sembrava mancare l'equilibrio tra meteo e natura, ovvero, nei periodi di siccità e in occasione di eventi di vita importanti come un matrimonio o una nascita imminente.

I Kikuyu chiamano il Monte Kenya, vulcano estinto e alto 5199 mt, "kirinyaga" ovvero, "luogo della lucentezza".

Questa etnia si è dimostrata molto ostile ai colonizzatori: secondo un racconto tramandato oralmente dagli anziani in Kenya, con la loro occupazione gli inglesi "avrebbero portato carestia e lacrime".

Tra l'altro, i Kikuyu hanno dato un contributo significativo nelle lotte di indipendenza del Kenya.

D) UNA FRASE DI KAREN SULLA QUALE RIFLETTERE:

Gli europei hanno perso la facoltà di creare miti e dogmi e, per soddisfare questo bisogno umano, devono ricorrere al retaggio del passato. La mente dell'africano invece si muove con facilità e naturalezza per quei sentieri profondi e oscuri.

"Retaggio" è sinonimo di "eredità". Nel caso della storia della cultura europea, qui si fa riferimento al patrimonio mitico dell'antica Grecia e dell'antica Roma.

La parola "mito" deriva da μῦϑος

Già dal V° secolo a.C.,  il mito era ritenuto un racconto fantastico che non prevedeva alcun tipo di dimostrazione e che era dunque opposto al λόγος, ovvero, al ragionamento filosofico che presupponeva argomentazioni ponderate e razionali.

Nel suo saggio "Il mito nella psicologia primitiva", Bronislaw Malinovski sosteneva che: il mito non è una spiegazione che soddisfi un interesse scientifico, ma la resurrezione in forma di narrazione di una realtà primigenia, che viene raccontata per soddisfare profondi bisogni religiosi, esigenze morali. (...) esso esprime, stimola e codifica la credenza; salvaguarda e rafforza la moralità; garantisce l'efficienza del rito e contiene regole pratiche per la condotta dell'uomo. Il mito è dunque un ingrediente vitale della civiltà umana: non favola inutile, ma forza attiva costruita nel tempo.

Effettivamente il mito, appartenente alle tradizioni orali delle più antiche civiltà, è considerato dagli storici della letteratura un racconto sacro che rivela ad un popolo le origini del mondo e dell'Universo, la nascita della vita sulla Terra, il ruolo delle divinità nella vita degli uomini e la fondazione di civiltà e di società.

Con il passare dei secoli e con il significativo sviluppo industriale, tecnico, militare e scientifico gli europei hanno perso il fascino del mito. 

Oltretutto lo sviluppo dell'informatica, circa 25 anni fa, ha notevolmente cambiato la nostra quotidianità rendendo "Internet" un motore di ricerca accessibile a tutti, favorendo una comunicazione più immediata ma rendendo tuttavia ben presenti fenomeni come la creazione di false identità sui profili social e il cyberbullismo.

Dapprima siamo diventati la civiltà dell'industria e dell'efficienza, poi la civiltà dell'immagine e del digitale. 


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