Visualizzazioni totali

28 febbraio 2025

"The time machine", G. Herbert Wells:

4) Il titolo di questa nuova serie di post è il seguente:  MONDI SENZA PERSONE.

In queste settimane saranno presentate opere letterarie e film le cui narrazioni e ambientazioni risultano prive o comunque molto scarse di presenze umane.

Inizio con delle sintetiche notizie biografiche a proposito di George Herbert Wells e poi proseguo con l'esposizione e l'analisi dei contenuti di The time machine, che ho letto in lingua originale.

GEORGE HERBERT WELLS: 

Nato nel Kent nel 1866, era figlio di un commerciante e di una donna delle pulizie. 

Ha potuto frequentare il Royal College of Science grazie ad una borsa di studio; in seguito si è laureato in biologia. Nella sua giovinezza da studente, molto importante è stata l'amicizia con lo scienziato Thomas Huxley.

George Herbert Wells è stato un autore versatile: ha scritto sia libri di fantascienza, sia narrazioni relative ai problemi sociali del Primo Novecento, sia opere di argomento storico riguardanti la borghesia inglese, ispirati peraltro alle sue esperienze di vita.

1. LE DIMENSIONI SPAZIO-TEMPORALI:

Questo romanzo è stato scritto negli ultimi anni dell'Ottocento, quando l'Europa stava attraversando una fase contraddittoria: da un lato la società di allora stava vivendo la crescita del commercio internazionale, dall'altro stavano emergendo i nazionalismi aggressivi che avrebbero portato alle due guerre mondiali. 

Inoltre, il benessere materiale era iniquamente distribuito. Emergevano nuove potenze come gli Stati Uniti e il Giappone e, di lì a pochi anni, Einstein avrebbe promulgato la teoria della relatività.

Ma, a proposito di teorie scientifiche, prima del tardo Ottocento chi ha dato grandi contributi alla biologia?

Charles Darwin, senza ombra di dubbio, nel 1859, con la sua teoria dell'evoluzionismo: tutte le forme di vita si sono sviluppate da antenati comuni ma, le specie in grado di adattarsi all'ambiente circostante, avevano più probabilità di sopravvivenza.

2. CONTENUTI DELL'OPERA:

Uno scienziato racconta  ad un gruppo abbastanza ristretto di amici di aver progettato una macchina in quarzo e avorio per poter viaggiare nel tempo ma non nello spazio. Ecco cosa spiega lo scienziato ai suoi ospiti durante una cena organizzata a casa sua:

" (...) That space, as our mathematicians have it, is spoken of as having three dimensions, which one, may call Length, Breadth and Thickness, and is always definable by reference to three planes, each at right angles to the others. But some philosophical people have been asking why three dimensions particularly -why not another direction at right angles to the other three?- and have even tried to construct a Four-Dimensional geometry. (...)"

"Scientific people"- proceeded the Time Treveller, after the pause required for the proper assimilation of this- "know very well that Time is only a kind of space. Here is a popular scientific diagram, a weather record. This line I trace with my finger shows the movement of the barometer. Yesterday it was so high. yesterday night it fell, then this morning rose again, and so gently upward to here. Surely the mercury did not trace this line in any of the dimensions of Space generally recognized. But certainly it traced such a line, and that line, therefore, we must conclude was along the Time-Dimensions".

Sperimentando la sua invenzione, ha raggiunto l'anno 802.701: il mondo di questo futuro remoto ha un clima molto mite, una natura silenziosa e verde e poche architetture polverose e fatiscenti. Non c'è sviluppo urbanistico né tecnologie avanzate. 

A dire il vero, non ci sono più gli esseri umani, è un mondo futuro abitato da due tipologie di creature: gli Eloi, simili a nani minuti, fragili, pacifici e privi di qualsiasi interesse culturale, e i Morlocchi, mostri che, temendo la luce, vivono sotto-terra ed escono soltanto la notte per nutrirsi degli Eloi. 

Il viaggiatore nel tempo narra a posteriori la propria avventura riferendo i comportamenti degli Eloi in questi termini:

"As they made no effort to communicate with me, but simply stood round me smiling and speaking in soft cooing notes to each other. I began the conversation. I pointed to the Time Machine and to myself. Then hesitating for a moment how to express time, I pointed to the sun. At once a quaintly pretty little figure in chequered purple and white followed my gesture, and then astonished me by imitating the sound of thunder. For a moment I was staggered, though the import of his gesture was plain enough. The question had come to my mind abruptly: were there creatures fools? You may hardly understand how it took me. You see I had always anticipated that the people of the year Eight Hundred and Two Thousand odd would be incredibly in front of us in knowledge, art, everything. (...)"

Se voi lettori voleste inventare un mondo futuro, anche in un futuro lontano, come lo immaginereste? Incredibilmente progredito e tecnologizzato o regredito in ambito architettonico, culturale e politico? Qui l'autore propende per una regressione della civiltà... per quali motivi? 

Tra l'altro, lo specifico per chi non avesse letto il libro, non c'è pace nel mondo dell'802.701: gli Eloi di notte dormono all'interno di mega-strutture diroccate per sfuggire ai Morlocchi, che si cibano di loro.

3. EPISODI SIGNIFICATIVI ALL'INTERNO DELL'AVVENTURA:

3a) Il viaggiatore nel tempo stringe amicizia con la piccola Weena, una Eloi che lui stesso salva da una possibile morte per annegamento in un fiume.

3b) Allo scienziato viene rubata la macchina del tempo: la ritrova, dopo alcuni giorni, all'interno di un'enorme statua di Sfinge Bianca.

3c) Il protagonista si trova costretto a combattere contro i Morlocchi per difendere gli Eloi.

3d) In seguito, perduto interesse per l'anno 802.701, il protagonista riprende a viaggiare grazie al suo particolare strumento, imbattendosi in un futuro ancora più lontano in cui il sole è più rosso, più grande e più freddo e rimangono soltanto i crostacei come unica forma di vita:

"So I travelled, stopping ever and again, in great strides of thousand years or more, drawn on by the mystery of the earth's fate, watching with a strange fascination the sun grow larger and duller in the westward sky, and the life of the old earth ebb away. At last, more than thirty million years hence, the huge red-hot dome of the sun had come to obscure nearly a tenth part of the darkling heavens. Then I stopped once more, for the crawling multitude of crabs had disappeared, and the red beach, save for its livid green liverworts and lichens seemed lifeless. And now it was flecked with white. A bitter cold assailed me."

"Rare white flakes ever and again came eddying down. To the north-eastward, the glare of snow lay under the starlight of the sable sky, and I could see an undulating crest of hillocks pinkish white. (...) The green slime on the rocks alone testified that life was not extinct. I fancied I saw some black object flopping about upon the beach, but it became motionless as I looked at it, and I judged that my eye had been deceived, and the black object was merely a rock. (...) The stars in the sky were intensely bright and seemed to me to twinkle very little..."

4.UN'INTERPRETAZIONE:

Questo romanzo può essere una velata critica della società dell'epoca di Herbert Wells?

Voglio dire, gli Eloi possono rappresentare l'aristocrazia del XIX° secolo? Come la più agiata classe europea, infatti, anche gli Eloi sono caratterizzati da un enorme vuoto interiore e da una totale mancanza, nella loro insulsa quotidianità, di impegni seri.

I Morlocchi invece possono rappresentare i minatori sfruttati, le cui condizioni di vita erano durissime, non degne di esseri umani. I minatori erano costretti a lavorare al buio, per i loro figli l'infanzia era negata, erano persone dal carattere duro destinate a rimanere per sempre ignoranti, impossibilitati ad evolvere.

Esiste una letteratura piuttosto vasta a proposito di miniere e minatori. Riporterò dunque un riassunto di qualche mia conoscenza accompagnato da qualche citazione, laddove mi risulterà possibile inserirla.

Nell'operetta morale intitolata Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare Leopardi, mediante la voce di uno gnomo, propone un accenno ai lavori che si svolgono sottoterra:

(gli umani) s’inabissavano le mille braccia sotterra e ci rapivano per forza la roba nostra, dicendo che ella si apparteneva al genere umano, e che la natura gliel’aveva nascosta e sepolta laggiù (...) 

Nel testo, pur essendo ben evidente lo scopo delle attività dei minatori, non si fanno riferimenti ai rischi e ai pericoli che i minatori corrono quotidianamente nelle loro mansioni.

Poi vorrei richiamare brevemente l'opera E le stelle stanno a guardare, libro di James Archibald Cronin ambientato a Sleescale in Galles, mette in evidenza l'enorme difficoltà che comporta il riscatto sociale per i minatori inglesi dell'Otto-Novecento: centrale e tragica è la vicenda del disastro della miniera Nettuno.

E, a proposito di minatori, potreste anche pensare senza difficoltà a Rosso Malpelo di Giovanni Verga, ragazzino vittima dei pregiudizi e dell'ignoranza bestiale degli adulti: una volta morto il padre durante un incidente notturno sul luogo di lavoro, Malpelo scompare durante l'esplorazione di un pozzo all'interno della cava, lasciando ai suoi deliziosi colleghi di lavoro la paura che il suo fantasma possa ricomparire:

Una volta si doveva esplorare un passaggio che doveva comunicare col pozzo grande a sinistra, verso la valle, e se la cosa andava bene, si sarebbe risparmiata una buona metà di mano d’opera nel cavar fuori la rena. Ma a ogni modo, però, c’era il pericolo di smarrirsi e di non tornare mai più. Sicché nessun padre di famiglia voleva avventurarcisi, né avrebbe permesso che ci si arrischiasse il sangue suo, per tutto l’oro del mondo.

Malpelo, invece, non aveva nemmeno chi si prendesse tutto l’oro del mondo per la sua pelle, se pure la sua pelle valeva tanto: sicché pensarono a lui. Allora, nel partire, si risovvenne del minatore, il quale si era smarrito, da anni ed anni, e cammina e cammina ancora al buio, gridando aiuto, senza che nessuno possa udirlo. Ma non disse nulla. Del resto a che sarebbe giovato? Prese gli arnesi di suo padre, il piccone la zappa, la lanterna, il sacco col pane, il fiasco del vino, e se ne andò: né più si seppe nulla di lui.

Anche Pirandello, il cui padre era proprietario di una cava, conosceva bene le tremende ed estenuanti condizioni dei minatori... un esempio stupendo di ciò è la sua novella intitolata Ciàula scopre la luna, racconto che mi emoziona profondamente e del quale presenterò un'analisi approfondita più avanti. 

Oggi però ci terrei ad accennare alla novella Il fumo, nella quale i minatori ammirano la verde bellezza delle colline siciliane:

Sul verde di quella collina, gli occhi infiammati, offesi dalla luce dopo tante ore di tenebra laggiù. 

La parola "fumo" è riferita all'odore dello zolfo bruciato.

Questi minatori invidiano addirittura le condizioni dei contadini, sempre all'aperto e in contatto con la luce solare:

... Per tutti, infine, era come un paese di sogno quella collina lontana. Di là veniva l’olio alle loro lucerne che a mala pena rompevano il crudo tenebrore della zolfara; di là il pane, quel pane solido e nero che li teneva in piedi per tutta la giornata, alla fatica bestiale; di là il vino, l’unico loro bene, la sera, il vino che dava loro il coraggio, la forza di durare a quella vita maledetta, se pur vita si poteva chiamare: parevano, sottoterra, tanti morti affaccendati.

25 febbraio 2025

"IL RAGAZZO E L'AIRONE", H. MIYAZAKI: UN FILM SULL'ELABORAZIONE DEL LUTTO

Il ragazzo e l'airone è il più recente film di Hayao Miyazaki, uscito nel 2023 e ambientato a Tokyo nel 1943, in piena Guerra del Pacifico.

Il protagonista è Mahito, un adolescente.

Contenuti:

Durante un bombardamento su Tokyo, Hisako, la madre di Mahito, perde la vita a causa di un incendio divampato all’interno di un ospedale in cui lavora come infermiera.

Poco tempo dopo, il padre di Mahito si risposa con Natsuko, la sorella della moglie defunta e, una volta celebrato il matrimonio, i tre personaggi si trasferiscono in una casa in campagna. Per Mahito, pieno di malinconia e sempre rabbuiato da un sentimento di nostalgia di sua madre, risulta molto difficile ambientarsi in una nuova scuola.Oltretutto, un airone parlante appare in alcuni momenti della giornata. Tra il protagonista e l'airone si instaura un rapporto particolare: l'airone gli regala alcune sue piume per costruire delle frecce per giocare e, in seguito, questo animale parlante convince Mahito ad attraversare il bosco vicino alla villa per poter raggiungere una torre, dove potrà rivedere la mamma.In realtà la vecchia torre abbandonata, dove, per un certo periodo di tempo, viveva lo zio del protagonista, racchiude un mondo fantastico e molto ampio. Infatti Mahito incontra molti personaggi, compreso lo zio.


Una delle prima cose che Mahito scorge quando all'interno della torre, è una donna che assomiglia a sua madre e che sta dormendo. Ma, non appena Mahito la sfiora, questa figura si scioglie, provocando la rabbia di Mahito contro l'airone. 
Già in questo avvenimento della sua avventura nella torre, il regista vuole evidenziare che la grande sfida, per Mahito, consiste nel convivere con il dolore di una perdita traumatica.


L'airone cinerino:


Nell'immaginario giapponese, l'airone cinerino è un animale strettamente legato alla morte, al lutto, alla spiritualità. In questo film l'airone funge da intermediario tra il mondo reale e l'universo della torre. 

Un film di formazione e un rimando alla carriera di Miyazaki?

In questo film, le avventure fantastiche del protagonista avvengono non soltanto nell'ottica dell'accettazione del lutto ma anche allo scopo di trovare un significato alla propria vita

Verso la fine assume grande importanza il dialogo tra Mahito e suo zio, il quale ricalca i pensieri e i dubbi dello stesso Miyazaki. 

Questo regista si chiede se, dopo di lui, possa esserci un erede per lo Studio Ghibli, dal momento che suo figlio Gorō non non ha voluto imitarlo né raccogliere la sua pesante eredità e, con lungometraggi come La collina dei papaveri, ha optato per tematiche ben diverse.

Lo zio di Mahito pone davanti al nipote un'instabile torre formata da tredici mattoni: possono rimandare ai suoi tredici film? Per me sì.

Alla fine del film, Mahito è maturato, ritorna nel mondo reale e porta con sé una pietra proveniente dal mondo della torre. 

Questa piccola pietra potrebbe rappresentare il ricordo che un Miyazaki anziano spera di lasciare nelle giovani generazioni con le opere prodotte nel corso della propria carriera?

Ad ogni modo, la crescita psicologica del ragazzo è chiara ed evidente, come anche l'avvenuta elaborazione del lutto alla fine del film.

Il titolo:

Il titolo originale è in realtà  "E voi come vivrete?". 

In effetti "Il ragazzo e l'airone" come titolo non è molto azzeccato (potevano impegnarsi di più): si sarebbe potuto tradurlo in modo più letterale, considerando anche che è un film tratto da un grande romanzo pedagogico giapponese degli anni Trenta di Genzaburu Yoshino.

Il titolo "E voi come vivrete?" vuole richiamare all'appello che il regista rivolge ai giovani, e, più in generale, alle generazioni future affinché si impegnino a costruire un mondo più equo, più solidale e fondato sul rispetto per la natura.

Un richiamo alla "Divina Commedia" di Dante Alighieri:

Si tratta della scritta che compare sulla portadi ingresso alla torre "Fecemi la divina potestate", tratta dal canto terzo dell'Inferno.

Proprio come DanteMahito si trova di fronte alla porta di un regno ultraterreno. 


Legami con altri film dello stesso regista:

  • L’ingresso della torre disabitata mi fa pensare alla galleria che Chihiro e i suoi genitori attraversano all'inizio della Città incantata.
  • La galleria della torre mi ha ricordato anche la scena del film Il mio vicino Totoro, quando Mei, la piccolina rompiscatole, percorre un sentiero pieno di radici ed alberi e simile ad una galleria mentre insegue un Totoro.

  • Ci sono anche alcuni richiami al film Si alza il vento: innanzitutto, i colori delle piume dell’airone sono identici a quelli dell’aeroplano sognato e progettato da Jiro, protagonista del titolo poco fa citato. Oltre a questo, il padre di Mahito può essere collegato al personaggio di Jiro, dato che entrambi sono ingegneri aeronautici. Come in Si alza il vento, anche nel Ragazzo e l'airone è rilevante il tema del volo, rappresentato attraverso l'airone e altri uccelli, attraverso aerei e creature eteree.

18 febbraio 2025

"SCRAPPER": IL DOLORE DELLA PERDITA E IL "VUOTO AFFETTIVO"


Si tratta di un film inglese della regista Charlotte Regan uscito nel 2023 e presentato al Sundance Film Festival, evento nel quale ha ricevuto il Premio della giuria.

Titolo del film e temi:

"Scrapper" in inglese significa "venditore di rottami" ma anche "combattente".

Georgie e il suo amico Ali un po' stupido rubano delle biciclette e rivendono alcuni pezzi per guadagnare soldi: in questo modo la protagonista riesce a pagare l'affitto dell'appartamento.


Comunque i furti di biciclette non sono il focus della storia raccontata. 

In realtà le due principali tematiche sono il superamento della morte prematura di un genitore e la riconciliazione con una figura paterna che, per dodici anni, è stata completamente assente: il padre di Georgie ricompare all'improvviso nella vita di una figlia che all'inizio non lo accetta. Per questo può essere considerata una "combattente".

Personaggi e contenuti: 

La protagonista è Georgie, una ragazzina orfana che, da quando è morta di cancro la madre Vichy, vive da sola nell'appartamento di un quartiere alle periferie di Londra. Cerca di gestire da sola la propria vita, rivedendo, in piena notte, dei video sulla mamma e depennando dai post-it le fasi dell'elaborazione del lutto materno.

Questo aspetto del film richiama la teoria della psichiatra svizzera Elizabeth Kubler-Ross che ha individuato cinque fasi, attraversate come tappe necessarie per riprendersi dalla perdita di una persona amata:
  • il rifiuto dell'evento che comporta la negazione e quindi la non-accettazione della realtà.
  • la rabbia, attraverso la quale la persona inizia ad accettare il lutto manifestando o rabbia e aggressività oppure tristezza o anche cinismo.
  • il patteggiamento, momento in cui la persona che ha vissuto una perdita inizia ad affrontare la propria vita iniziando a convivere con il dolore.
  • la depressione, durante la quale si sente un vuoto emotivo e possono cambiare le abitudini alimentari come anche i ritmi sonno-veglia. In questa fase è importante trovare il sostegno di amici e familiari.
  • l'accettazione, ultimo stadio dove una persona riconosce che la perdita è irreversibile e sperimenta sentimenti contrastanti (malinconia e serenità) dovuti al ricordo.
All'inizio del film Georgie si considera arrivata alla fase di patteggiamento.
 
La Kubler-Ross non è stata l'unica ad aver elaborato una teoria dell'elaborazione del lutto.
Infatti Freud considera che il superamento del lutto sia costituito da tre fasi: 
  • la fase di diniego: chi ha subito il lutto rifiuta inizialmente la realtà della perdita.
  • la fase di accettazione: viene ammessa la perdita e si provano dolore e profonda malinconia, soprattutto quando si ricorda il passato.
  • la fase di distacco, ovvero, la fase in cui è possibile investire sulle opportunità che ci presenta la vita. 
Quando una persona non riesce ad elaborare la perdita diventa soggetta a depressione. Per Freud, l'unico modo per superare un lutto è viverlo come un processo che, per raggiungere la guarigione, richiede sicuramente l'accettazione del dolore, l'elaborazione dei ricordi e magari anche molto tempo.

Secondo Jung invece, l'elaborazione del lutto dura per tutta la vita, perché la vita e la morte sono molto legate tra loro e il tempo scorre, per tutti, comportando cambiamenti e perdite. Meglio dunque imparare ad accettare che ogni vita, prima o poi, termina, anche la propria.

Jason, il padre della scrapper, compare inaspettatamente, scavalcando la staccionata del giardino. Ha lasciato la fidanzata con la figlia neonata anni prima. Inizialmente è un uomo incapace di dialogare con la figlia. Ha ritrovato la ragazzina dopo aver ricevuto un vocale sul telefono da parte di Vichy. 
Nel corso del film Jason e Georgie scoprono piano piano di avere dei lati di carattere simili: vivacità, fantasia, spirito di avventura.

Padre e figlia imparano a conoscersi anche attraverso il ricordo di Vichy: Jason racconta alla figlia qualche episodio che risale al periodo in cui lui e la ragazza erano adolescenti, Georgie invece richiama alla mente qualche aspetto del periodo di vita insieme alla madre.

Qualche punto di contatto con il film Il ragazzo e la bicicletta:

In questo film, prodotto in Francia, il protagonista Cyril ha la stessa età di Georgie, è orfano di madre e il padre, immaturo e anaffettivo, non lo ama per nulla, anzi, lo "parcheggia" in un centro di accoglienza per l'infanzia in cui lavorano gli assistenti sociali. L'unico strumento che rimane a Cyril  è una bicicletta, con la quale può non soltanto divertirsi ma anche evadere più volte dal centro di accoglienza. Durante una delle sue fughe, incontra la parrucchiera Samantha, una donna in crisi con il fidanzato ma molto sensibile e comprensiva. Inizialmente Cyril viene affidato alla parrucchiera per tutti i fine settimana ma per Samantha non è affatto facile educare il ragazzino che entra a far parte del club di Wes, il bullo del quartiere. Cyril non è come Georgie, manifesta un comportamento più aggressivo ed è molto arrabbiato con il mondo. Tuttavia, cerca ostinatamente una figura adulta che gli voglia davvero bene.
Georgie secondo me è una pre-adolescente dotata di grinta e di determinazione, ma non può essere serena, è triste e addolorata. Oltretutto, non cerca un adulto di riferimento, dal momento che ritiene di saper gestire da sola la quotidianità. 
In realtà secondo me, e per buona parte del film, Georgie è decisamente arrabbiata, soprattutto con un padre che tempo prima ha abbandonato lei e la madre.

I servizi sociali nel film:

Fanno una pessima figura. 
Georgie riesce facilmente ad ingannarli dicendo loro che, nell'appartamento in cui abita, c'è anche uno zio chiamato Winston Churchill. 
Il modo degli assistenti sociali di verificare la verità consiste nel telefonare ogni tanto a Georgie che, registrando la voce del commesso di un negozio vicino a casa, rende credibile la presenza dello zio facendo partire le registrazioni ad ogni telefonata.
Gli assistenti sociali all'interno di questo film sembrano depressi e stanchi di vivere.
No, sono degli idioti. A stento ricordano le situazioni difficili e drammatiche dei minori di cui dovrebbero seriamente occuparsi.

La regista voleva anche denunciare l'inefficacia dei servizi sociali in alcune zone del Regno Unito, magari esagerando un pochino? Forse sì, pensando al fatto che la storia viene introdotta dalla frase di un proverbio africano: "Ci vuole un intero villaggio per crescere un bambino", subito smentita dalla grafia di Georgie: "Cresco da sola, grazie".
La famiglia non basta per assicurare una buona crescita dei bambini ma è necessaria una rete sociale che sappia occuparsi delle situazioni di fragilità e con cui la famiglia stia a contatto.

Tecniche narrative del film:

Di tanto in tanto, all'interno del film, compaiono alcuni personaggi che commentano sia le vicende della storia sia i comportamenti di Georgie e di Jason. 
Si tratta soprattutto di un insegnante della scuola di Georgie, degli assistenti sociali, di un gruppo di bambine viziate e vestite o di viola o di rosa che sentenziano sulla situazione di una loro coetanea. 



6 febbraio 2025

"Memoria, dolore e morte"- spunti di riflessione letterari:

3) LO STRETTO RAPPORTO TRA MEMORIA, RICORDO ED ELABORAZIONE DEL LUTTO.

LETTERATURA ITALIANA:

GIUSEPPE UNGARETTI

IN MEMORIA

    (Locvizza il 30 settembre 1916)

    Si chiamava
    Moammed Sceab

    Discendente
    di emiri di nomadi
    suicida
    perché non aveva più
    Patria
    Amò la Francia
    e mutò nome

    Fu Marcel
    ma non era Francese
    e non sapeva più
    vivere
    nella tenda dei suoi
    dove si ascolta la cantilena
    del Corano
    gustando un caffè

    E non sapeva
    sciogliere
    il canto
    del suo abbandono

    L’ho accompagnato
    insieme alla padrona dell’albergo
    dove abitavamo
    a Parigi
    dal numero 5 della rue des Carmes
    appassito vicolo in discesa.

    Riposa
    nel camposanto d’Ivry
    sobborgo che pare
    sempre
    in una giornata
    di una
    decomposta fiera

    E forse io solo
    so ancora
    che visse

La poesia è composta da sette strofe di versi sciolti. Analizzo il contenuto delle prime tre:

    Si chiamava
    Moammed Sceab

    Discendente
    di emiri di nomadi
    suicida
    perché non aveva più
    Patria
    Amò la Francia
    e mutò nome

    Fu Marcel
    ma non era Francese
    e non sapeva più
    vivere
    nella tenda dei suoi
    dove si ascolta la cantilena
    del Corano
    gustando un caffè

Mohammed Sceab era un giovane di origini arabe ospite dell'albergo del Quartiere Latino in cui Giuseppe Ungaretti abitava quando dimorava a Parigi. 
Il suo suicidio è avvenuto nel 1913 perché si sentiva senza radici e senza identità: non più immerso nella cultura e nelle tradizioni del suo paese, mai davvero integrato in un paese diverso dal suo. 
Affascinato dalla Francia, Mohammed si è impegnato per adattarsi allo stile di vita di un paese europeo (cambiando peraltro anche nome) ma con la persistente sensazione di estraneità.
Sceab è un estraneo anche a se stesso e al suo bagaglio di vita che appartiene a terre oltre il Mediterraneo.


Notate che nella terza strofa c'è un unico verbo al presente, "si ascolta", il primo in 17 versi riferito ad un'abitudine, quella di gustare un caffè ascoltando il Corano, che continua ad essere praticata nonostante Mohammed sia quel "pezzo di un puzzle" familiare e sociale trasferitosi all'estero.


(Ma per voi, quel "gustando" ha valore di proposizione temporale implicita oppure di proposizione modale implicita?).

La quarta strofa è, a mio avviso, molto collegata alla settima, ma su entrambe mi soffermo tra poco.
Andiamo alle strofe 5-6:

    L’ho accompagnato
    insieme alla padrona dell’albergo
    dove abitavamo
    a Parigi
    dal numero 5 della rue des Carmes
    appassito vicolo in discesa.

    Riposa
    nel camposanto d’Ivry
    sobborgo che pare
    sempre
    in una giornata
    di una
    decomposta fiera

Nella quinta strofa il poeta mette in evidenza la condizione di solitudine di Sceab e dà una precisa indicazione di via e numero civico in cui il giovane viveva. 
Qual'è l'accezione dell'aggettivo "appassito" in questo contesto? A mio avviso è improbabile che qui Ungaretti si riferisca alle foglie appassite cadute dalle piante in autunno. La poesia è ambientata alla fine di settembre, l'autunno è appena appena iniziato, le foglie ingialliscono ma ancora non scendono dagli alberi. L'aggettivo "appassito" può forse alludere ad una vegetazione inaridita dalle temperature ancora piuttosto calde e da un clima secco, peraltro abbastanza plausibile nel nono mese dell'anno. 
O magari, "appassito" vuole sottolineare l'aridità d'animo e l'indifferenza degli abitanti del quartiere di fronte al dolore e di fronte alla morte di Mohammed Sceab? 

Mi sono posta, a questo punto, un paio di domande su questa figura, ad esempio: "Perché Mohammed Sceab è giunto in Francia? Come è stato trattato dai francesi?".

Ivry è un sobborgo parigino sulle rive della Senna. 
Considero "decomposta fiera" un'espressione enigmatica: vuol forse significare che la giornata era un po' nuvolosa?

Ecco come si conclude il componimento:

E forse io solo
so ancora
che visse

Da questi tre versi scaturisce la mia riflessione sul fatto che la memoria di questo giovane insegna al poeta ad empatizzare con lo straniero e a riflettere sulla sua personale condizione: nato ad Alessandria d'Egitto nel 1888 da genitori toscani, cresciuto in Egitto, impegnato nelle trincee del Carso e poi trasferitosi a Parigi. 
Tuttavia c'è una sostanziale differenza tra l'autore della poesia e il giovane suicida, espressa nella strofa quattro:

E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono

"Canto" dev'essere qui inteso come un termine strettamente legato al greco antico ἀοιδός, cioè, poesia.
A differenza della persona che è oggetto di questa poesia, Giuseppe Ungaretti può esternare quel che prova mediante i versi. 

La poesia diviene un modo per ricordare Mohammed Sceab.
Il poeta si fa inoltre portavoce del dolore e della condizione di disagio che questo immigrato ha sperimentato lontano dalla sua famiglia di origine. 


ANDREA ZANZOTTO

COSI' SIAMO:

Dicevano, a Padova, “anch’io”
gli amici “l’ho conosciuto”.
E c’era il romorio d’un’acqua sporca
prossima, e d’una sporca fabbrica:
stupende nel silenzio.
Perché era notte. “Anch’io
l’ho conosciuto”.
Vitalmente ho pensato
a te che ora
non sei né soggetto né oggetto
né lingua usuale né gergo
né quiete né movimento
neppure il né che negava
e che per quanto s’affondino
gli occhi miei dentro la sua cruna
mai ti nega abbastanza

E così sia: ma io
credo con altrettanta
forza in tutto il mio nulla,
perciò non ti ho perduto
o, più ti perdo e più ti perdi,
più mi sei simile, più m’avvicini.

La poesia è costituita da due strofe di versi sciolti e richiama alla morte del padre di Zanzotto, all'inizio di maggio 1960. Il funerale è avvenuto a Padova.

E c’era il romorio d’un’acqua sporca= questa è una sinestesia che congiunge due dei cinque sensi: il suono ("romorio") e la vista ("acqua sporca"). L'acqua è quella dei canali vicini ad una fabbrica e il suono si diffonde nel silenzio della notte o, perlomeno, nel silenzio di un'atmosfera in cui il sole è già tramontato. 


Vitalmente ho pensato
a te che ora
non sei soggetto oggetto
lingua usuale gergo
quiete movimento

Il padre non può più essere incluso in una frase grammaticale, non c'è più, è divenuto estraneo ai concetti linguistici, estraneo alla fisica e agli stati di "quiete" e di "movimento", come evidenzia anche l'anafora di "né".

Vorrei farvi notare che la prima strofa, formata da 16 versi, è in tal modo suddivisa: nei primi 8 i verbi sono tutti o all'imperfetto o al passato prossimo e delineano la scena del funerale, mentre negli ultimi 8, quasi tutti al tempo presente tranne una forma verbale al passato prossimo, iniziano i pensieri del poeta e le sue considerazioni sulla morte. 
E qui ho pensato: le riflessioni di Zanzotto iniziano nel giorno del funerale, dal momento che l'avverbio che le introduce è "ora" e, dopo questo, Zanzotto cerca di spiegare a se stesso la non-condizione del padre defunto.

La morte ci separa da chi amiamo. 
Il poeta conserverà per sempre il ricordo del padre, del quale ha perduto la presenza fisica, e farà tesoro di tutto ciò che egli è stato per lui. La memoria dunque diviene uno strumento per convivere con il dolore.

Ultima osservazione: Andrea Zanzotto non pensa ad un aldilà, ad un Paradiso o ad una beatitudine eterna. Il suo nulla è riconducibile all'ateismo, sebbene, paradossalmente, in questo componimento ci sia qualche traccia lessicale che ricorda la Fede cristiana ("cruna", "credo", "così siamo").