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12 dicembre 2025

"LA COSCIENZA DI ZENO", ITALO SVEVO:

22)🌲 FRAGILITÀ E UMANITÀ🌲

Viene qui proposta un'analisi "a due cervelli" su questo complesso e corposo romanzo.

1) COMMENTO DI MATTHIAS:

1a) ZENO COSINI:

In questo romanzo, la figura di Zeno rispecchia la complessità dell'animo umano e rappresenta la contraddizioni interiori che ognuno di noi può sperimentare.

Zeno risulta un personaggio fragile, incapace di vivere pienamente.

  • Nel capitolo dedicato al vizio del fumo, è evidente il dissidio tra la ricerca di piacere attraverso il tabacco e la consapevolezza della propria dipendenza che nuoce alla salute, fisica e psicologica. Zeno Cosini, da bambino, rubava le sigarette di nascosto dai genitori e quindi c'è anche un contrasto tra il gusto per la trasgressione e il malessere che questa "droga" gli procura con il tempo: a vent'anni si ammala di una forte bronchite. Dice di aver iniziato a odiare il fumo, a partire da quell'età, ma l'ultima sigaretta non è mai l'ultima:                                  "Mi colse un’inquietudine enorme. Pensai: -Giacché mi fa male non fumerò mai piú, ma prima voglio farlo per l’ultima volta.- Accesi una sigaretta e mi sentii subito liberato dall’inquietudine (...) Finii tutta la sigaretta con l’accuratezza con cui si compie un voto. E, sempre soffrendo orribilmente, ne fumai molte altre durante la malattia" .                                                                                                                    Il capitolo dedicato al rapporto tra il protagonista e il fumo rivela l'incapacità di Zeno di raggiungere un obiettivo: secondo me è questa l'inettitudine a cui pensava Italo Svevo quando scrisse La Coscienza di Zeno.
  • Zeno non eccelle in nulla: suona il violino in modo mediocre, cambia facoltà passando da Legge a Chimica e non sa riconoscere i propri interessi né le proprie capacità.
  • Fa un matrimonio "di ripiego": per molto tempo frequenta casa Malfenti e, anche se è attratto da Ada, una volta che lei rifiuta la sua proposta di matrimonio visto che è già impegnata con Guido, Zeno ripete la richiesta alle due sorelle, ad Alberta, ottenendo un altro rifiuto, e ad Augusta che accetta:                                                                        "– Sentite, Augusta, volete che noi due ci sposiamo? (...) Essa alzò gli occhi dilatati dalla sorpresa. Così quello sbilenco era anche più differente del solito dall’altro. La sua faccia vellutata e bianca, dapprima impallidì di più, eppoi subito si congestionò. Afferrò con la destra il bicchiere che ballava sul vassoio. Con un filo di voce mi disse: – Voi scherzate e ciò è male. Temetti si mettesse a piangere ed ebbi la curiosa idea di consolarla dicendole della mia tristezza. – Io non scherzo,– dissi serio e triste. – Domandai dapprima la sua mano ad Ada che me la rifiutò con ira, poi domandai ad Alberta di sposarmi ed essa, con belle parole, vi si rifiutò anch’essa. Non serbo rancore né all’una né all’altra. Solo mi sento molto, ma molto infelice. – Sì! Io non amo che Ada e sposerei ora voi…".            Zeno decide di sposarsi per non rimanere più solo e per fare una scelta convenzionale.
  • Zeno ha avuto un rapporto difficile con il padre, che lo ha sempre ritenuto un figlio "pazzo" e "inconcludente". Quando il padre di Zeno è malato e infermo, suo figlio prima scoppia in lacrime quando cade in stato di incoscienza: "Piangevo perché perdevo il padre per cui ero sempre vissuto".                                                                    Poi invece, di fronte al medico che prefigura una piccola possibilità di ripresa di conoscenza, Zeno si augura che il padre muoia: teme infatti che il genitore possa accusarlo di aver desiderato la sua morte.
  • Zeno è incapace di "uscire da se stesso": non è obiettivo, giustifica le sue menzogne e incolpa gli altri per i propri errori. Questo è dimostrato dall'effettiva morte del padre:                                                  "Con uno sforzo supremo arrivò a mettersi in piedi, alzò la mano alto alto, come se avesse saputo ch’egli non poteva comunicarle altra forza che quella del suo peso e la lasciò cadere sulla mia guancia. Poi scivolò sul letto e di là sul pavimento. Morto!" (...) "Non lo sapevo morto, ma mi si contrasse il cuore dal dolore della punizione ch’egli, moribondo, aveva voluto darmi. Con l’aiuto di Carlo lo sollevai e lo riposi in letto. Piangendo, proprio come un bambino punito, gli gridai nell’orecchio: – Non è colpa mia! Fu quel maledetto dottore che voleva obbligarti di star sdraiato! Era una bugia. Poi, ancora come un bambino, aggiunsi la promessa di non farlo più:– Ti lascerò movere come vorrai."

    • Va al funerale sbagliato: lavorava con il cognato Guido Speier e, dopo una mattina dedicata agli affari e al parziale recupero dei debiti provocati dalle scelte di Guido, con il cocchiere capita nelle vicinanze di un cimitero greco, non di un cimitero cattolico:                "Quando si arrivò al posto dove di solito le vetture si fermano, il Nilini sporse la testa dalla finestra e diede un grido di sorpresa. La vettura continuava a procedere dietro al funerale che s’avviava al cimitero greco. -Il signor Guido era greco?- domandò sorpreso. Infatti il funerale passava oltre al cimitero cattolico e s’avviava a qualche altro cimitero, giudaico, greco, protestante o serbo.
      -Può essere che sia stato protestante! - dissi io dapprima, ma subito mi ricordai d’aver assistito al suo matrimonio nella chiesa cattolica.
      -Dev’essere un errore!- esclamai pensando dapprima che volessero seppellirlo fuori di posto. Il Nilini improvvisamente scoppiò a ridere di un riso irrefrenabile che lo gettò privo di forze in fondo alla vettura con la sua boccaccia spalancata nella piccola faccia. -Ci siamo sbagliati!”- esclamò. Quando arrivò a frenare lo scoppio della sua ilarità, mi colmò di rimproveri. Io avrei dovuto vedere dove si andava perché io avrei dovuto sapere l’ora e le persone ecc. Era il funerale di un altro!"

      • Molto ricorrente, nella scrittura del protagonista, è la sensazione di sentirsi malato, tormentato: dimostra non solo carenze nei rapporti umani ma è anche infelice e soggetto a nevrosi. La malattia di Zeno è quindi "interiore": né la psicanalisi né la stesura di un diario lo fanno guarire.
      1b) NARRAZIONE E STILE NARRATIVO:

      • Italo Svevo assume il punto di vista del personaggio principale di questo romanzo per presentare ai lettori l'interiorità contorta di Zeno.
      • Nel libro il tempo è soggettivo, soggetto a continue anacronie: più volte si passa dal passato al presente. Zeno, che è il narratore, è anche un manipolatore del tempo che fa salti continui tra gli anni '90 dell'Ottocento e il 1914, anno in cui sta scrivendo le sue memorie.

      • Sono presenti sia espressioni in lingue straniere, soprattutto in inglese, francese e tedesco, sia qualche forma credo arcaica anche per il secolo scorso: l'aggettivo "vari" è scritto "varii", l'imperfetto di "essere" è "era" anche alla prima persona singolare.
      1c) AUGUSTA MALFENTI:

      Si tratta di una moglie che gestisce proprio tutto: dalle faccende domestiche alla contabilità familiare con grande concretezza e senso pratico.
      Risulta una donna di buon carattere, paziente, dedita alla cura dei figli.

      1d) GUIDO SPEIER:
      • Sta molto antipatico a Zeno: è il suo concorrente rivale a proposito di Ada e, per alcuni anni, Zeno si paragona a lui cercando di sminuirlo davanti alla moglie quando gli si presenta l'occasione. 
      • Guido è una persona superficiali, vuota. Ha delle aspirazioni imprenditoriali ma, invece di occuparsi degli accordi commerciali tra la sua ditta e dei clienti, anche esteri, va a caccia e a pesca, ha una relazione extra-coniugale con la sua segretaria Carmen e manda l'impresa in bancarotta giocando in Borsa.
      • Guido prima simula un tentativo di suicidio e solo Zeno, in quanto chimico, si accorge che è solo un tentativo e non vera volontà di uccidersi. Quando gli affari vanno di male in peggio, Guido ingerisce ancora i barbiturici e la moglie Ada non fa in tempo a salvarlo.
      2) IL MIO COMMENTO:

      Ce l'ho fatta finalmente a leggerlo!
      Comunque la mia analisi del romanzo ha una struttura un po' diversa dal momento che chiama in causa tutti gli otto capitoli, con i contenuti che più mi hanno colpita.

      2a) NOTA INTRODUTTIVA:

      La Coscienza di Zeno è un romanzo scritto tra il 1919 e il 1922 e pubblicato nel 1923. 

      I temi principali di quest'opera sono i dissidi all'interno dell'interiorità umana e anche il conflitto tra l'uomo stesso e la società.

      2b) CAPITOLO PRIMO- PREFAZIONE:

      Qui non c'è il punto di vista di Zeno Cosini quanto piuttosto quello del dottor S., psicanalista, il quale pubblica le memorie del suo paziente per vendetta dato che Cosini ha interrotto le sedute:

      Io sono il dottore di cui in questa novella si parla talvolta con parole poco lusinghiere. Debbo scusarmi di aver indotto il mio paziente a scrivere la sua autobiografia; gli studiosi di psico-analisi arricceranno il naso a tanta novità. Ma egli era vecchio ed io sperai che in tale rievocazione il suo passato si rinverdisse, che l’autobiografia fosse un buon preludio alla psico-analisi. Oggi ancora la mia idea mi pare buona perché mi ha dato dei risultati insperati, che sarebbero stati maggiori se il malato sul più bello non si fosse sottratto alla cura truffandomi del frutto della mia lunga paziente analisi di queste memorie. Le pubblico per vendetta e spero gli dispiaccia. 

      Qui mi sono chiesta: l'iniziale S. potrebbe essere un omaggio a Sigmund Freud?

      2c) CAPITOLO DUE:

      Zeno Cosini assume il ruolo di narratore cercando di ricordare la propria infanzia. 
      Poco dopo si addormenta e, nel sogno, vede se stesso come un neonato in fasce.

      2d) CAPITOLO TRE:

      Viene rievocata la dipendenza di Zeno dal fumo: Zeno inizia a fumare durante l'infanzia, praticando dei sotterfugi, e continua a fumare nonostante le sigarette gli provochino disgusto. 
      Curioso l'episodio in cui si narra di una gara tra Zeno e due ragazzini a proposito di sigarette:

      Ricordo di aver fumato molto, celato in tutti i luoghi possibili.            Perché seguito da un forte disgusto fisico, ricordo un soggiorno prolungato per una mezz’ora in una cantina oscura insieme a due altri fanciulli di cui non ritrovo nella memoria altro che la puerilità del vestito: due paia di calzoncini che stanno in piedi perché dentro c’è stato un corpo che il tempo eliminò. Avevamo molte sigarette e volevamo vedere chi ne sapesse bruciare di più nel breve tempo. Io vinsi, ed eroicamente celai il malessere che mi derivò dallo strano esercizio. Poi uscimmo al sole e all’aria. Dovetti chiudere gli occhi per non cadere stordito. Mi rimisi e mi vantai della vittoria. Uno dei due piccoli omini mi disse allora:
      - A me non importa di aver perduto perché io non fumo che quanto m’occorre.

      Perché il nostro narratore ricorda solo l'abbigliamento di questi due compagni di marachelle? Lui stesso lo spiega così, ricorrendo ad un verbo dal significato forte: (...) il tempo che elimina il corpo". 
      Più che elimina, direi che lo fa evolvere.

      I propositi di Zeno relativi allo smettere di fumare sono velleità perché, anche quando a 20 anni si ammala seriamente a causa del troppo fumo, non riesce a smettere.
      Quando la moglie Augusta lo porta in una casa di cura, una notte Zeno approfitta per scappare eludendo la sorveglianza di un'infermiera, che, a mio avviso, può rappresentare forse la coscienza alla quale Zeno sfugge continuamente.

      2e) CAPITOLO QUARTO:

      Certo, qui è preponderante la morte del padre con il quale è sempre mancato un dialogo.
       
      Tuttavia, in questa sezione del romanzo a me colpiscono due dettagli:

      -Il cognome del medico della famiglia Cosini, ovvero, Coprosich. Questo nome ha suscitato l'ilarità di Joyce (e anche la mia) dal momento che κόπρος "kòpros" in greco antico significa "letamaio". 

      -Si narrano sogni che disegnano, sia nella mente del padre che in quella del figlio, il contrario di ciò che accade nella loro vita reale: il padre, due notti prima di morire, sogna di trovarsi in un lussuoso albergo di Vienna mentre Zeno sogna di litigare con il medico, insistendo affinché al padre vengano applicate le "mignatte", ovvero, "le sanguisughe" e in questo sogno le posizioni del medico e di Zeno si capovolgono.

      I sogni rappresentano sempre l'esatto contrario di quel che viviamo, come mi diceva una ragazza con la quale anni fa frequentavo l'Azione Cattolica, oppure a volte sono la rappresentazione delle nostre paure o aspettative?


      2f) CAPITOLO QUINTO:

      Dopo l'attività in ufficio, Zeno si reca a casa Malfenti quotidianamente: è attratto da Ada che non lo ricambia e, nel modo di rapportarsi con lei e con le sue sorelle, si rivela impacciato come un adolescente... all'epoca di questi fatti Cosini ha 34 anni, ma solo per l'anagrafe.

      Non lo definirei veramente innamorato di Ada quanto piuttosto invaghito: per mesi frequenta la famiglia Malfenti senza mai essere chiaro sulle proprie intenzioni e senza mai sforzarsi di praticare un po' di introspezione per comprendere meglio le proprie emozioni. 
      Ne consegue quindi che Augusta diviene un ripiego.


      All'inizio del capitolo Zeno ha una concezione ipocritamente borghese e tipicamente maschilista del matrimonio, evidente soprattutto in questo passaggio: 

      "É noto che noi uomini non cerchiamo nella moglie le qualità che adoriamo e disprezziamo nell'amante".

      Cos'è quindi il vero amore? 
      Dopo il matrimonio con Augusta, Zeno si avvicina all'idea del "conquistarlo giorno dopo giorno".

      Condivido: credere il contrario porta ad una squallida convivenza sotto lo stesso tetto. 
      Tuttavia, Zeno arriverà a tradire Augusta, provando rimorsi durante le notti.
      Colpisce, infine, la non-passionalità del protagonista- narratore: Zeno in realtà non ama la moglie. 
      Tuttavia, non vuole farle del male, soprattutto durante il primo periodo coniugale.

      Consentitemi dunque un parallelismo con il finale del romanzo di Manzoni.
      Una volta sposati, Renzo e Lucia lasciano il territorio di Lecco con commozione ma senza troppa amarezza, trasferendosi nel bergamasco. Qui, Renzo Tramaglino avvia un'attività con il cugino Bortolo e diviene padre di molti figli.
      Il lieto fine c'è, ma senza passionalità e, come sosteneva Ezio Raimondi, senza idillio. 
      Senza idillio dal momento che Renzo non idealizza affatto la donna che ama, al contrario di Jacopo Ortis. 
      Oltretutto, i due popolani del romanzo di Alessandro Manzoni non hanno la testa tra le nuvole: sono due anime semplici che, a causa dei capricci dei potenti e dell'ignavia di un membro del clero, hanno ritardato le loro nozze di un anno e mezzo.
      I Promessi sposi è un romanzo senza idillio perché Manzoni non era un romantico, era un uomo di fede e di sani principi etici al quale premeva evidenziare l'evoluzione psicologica soprattutto di Tramaglino:

      "Ho imparato," diceva, "a non mettermi ne' tumulti: ho imparato a non predicare in piazza: ho imparato a guardare con chi parlo: ho imparato a non alzar troppo il gomito: ho imparato a non tenere in mano il martello delle porte, quando c'è lì d'intorno gente che ha la testa calda: ho imparato a non attaccarmi un campanello al piede, prima d'aver pensato quel che possa nascere." E cent'altre cose.

      Io ritengo quindi che senz'ombra di dubbio anche il matrimonio tra Augusta e Zeno sia da considerarsi senza idillio, ma per un motivo ben diverso: mentre il protagonista di quest'opera di Svevo sembra "vivere a caso", Augusta d'altro canto è la tipica donnina piccolo-borghese perfettamente rassegnata all'interno di una società maschilista nella quale lei, come molte donne cent'anni fa, non ha alcuna voce in capitolo.

      2g CAPITOLO SESTO:

      Il capitolo sesto è intitolato La moglie e l'amante.
      Augusta a mio avviso risulta una giovane donna di animo e di mentalità estremamente semplice: ha fiducia in se stessa, nella vita e nelle autorità religiose, civili, politiche, scientifiche (i medici in questo caso).

      Zeno non condivide queste certezze. 
      Pur non credendo nell'esistenza di una divinità superiore, Zeno ad un tratto, incuriosito dalle abitudini religiose di una moglie molto praticante, si procura dei libri di commenti ai Vangeli e anche la Vita di Gesù di Renan.
      Tuttavia, la fede di Augusta mi appare cieca, acritica, legata a rituali liturgici ai quali attenersi in modo ligio e scrupoloso. 
      "Sei ancora con quella roba?" chiede a Zeno un pomeriggio, un po' infastidita. 
      Un pochino questa frase mi ha ricordato il leggero fastidio di Matthias quando gli ho detto che, mentre era a Seattle, ho cercato e visto anche film relativi alla tematica dell'aborto. 

      Comunque: "Sei ancora con quella roba?" è una domanda pessima e inopportuna da porre ad un ateo che inizia a leggere libri di esegesi o di cultura cristiana!
      Voglio dire: se sai che tuo marito "non ci crede" e lo trovi con quegli scritti tra le mani, dovresti rivolgergli una domanda del tipo: Perché leggi questi argomenti? C'è qualcosa che ti colpisce?
      Con queste due domande è probabile instaurare un dialogo significativo.
      Sapete bene che, ai nostri giorni più che ai tempi di Svevo, le relazioni tra un credente e un non credente esistono. 
      Inevitabilmente, una situazione religiosa divergente tra due coniugi incide sull'educazione dei figli e comporta una diversità di visioni metafisiche e teleologiche notevole e da non sottovalutare.  

      A volte è così: c'è la condivisione di valori di vita, di aspetti caratteriali, di interessi ma non lo stesso punto di vista di fede. 
      Ritengo che, in questi casi, l'importante sia mantenere e coltivare il rispetto reciproco: l'uno non deve assolutamente convertire l'altro e l'altro non deve però dileggiare o sminuire la fede.

      Augusta mi è apparsa talvolta ingenua come una bambina e mancante anche di senso critico, oltre che ligia e sottomessa tra l'altro agli scatti d'ira esagerati del marito: un esempio è quando Zeno, in preda ad un momento di grande rabbia, rovescia la tavola già apparecchiata con piatti e bicchieri e lei, senza batter ciglio, mette tutto in ordine.

      Che matrimonio del cacchio.

      Uno spazio rilevante è inoltre dedicato a Carla, l'amante di Zeno, donna ipocrita e incredibilmente vuota:

      Per la prima volta essa mi raccontò d’aver risaputo dal Copler ch’io amavo tanto mia moglie: — Perciò — aggiunse, ed io vidi passare sulla sua bella faccia l’ombra del proposito serio, — fra noi due non ci può essere che una buona amicizia e niente altro.

      Io a quel proposito tanto saggio non credetti molto perché quella stessa bocca che lo esprimeva non sapeva neppur allora sottrarsi ai miei baci.

      2h) CAPITOLO SETTIMO:

      Questa parte del libro si concentra sui rapporti tra Zeno, Augusta, Guido, Ada e Carmen, oltre che sul pessimo andamento degli affari della ditta diretta da Guido.

      C'è un passaggio che mi ha colpita qui ed è il seguente: prima di salire su una barca con Guido, Ada e Luciano, Zeno si sofferma per un momento ad osservare le stelle... come mai? 
      Cerca un segnale di presenza spirituale? Che cos'è la spiritualità per qualcuno che non crede?

      Eccovi il testo al quale mi riferisco:

      Era una notte ricca di stelle e priva di luna, una di quelle notti in cui si vede molto lontano e perciò addolcisce e quieta. Guardai le stelle che avrebbero potuto ancora portare il segno dell'occhiata di addio di mio padre moribondo. 

      Si tratta di frasi che mi hanno ricordato il primo verso della poesia "Stelle" di Ungaretti: 

      "Tornano in alto ad ardere le favole".

      Con il buio della notte, le stelle qui ritornano a brillare come favole, ovvero, come i sogni e le aspettative che custodiamo o anche come i ricordi di persone care defunte che portiamo nel cuore. 
      Il sintagma "in alto" marca la distinzione tra materiale e spirituale, tra cielo e terra.

      2 i) CAPITOLO OTTAVO:

      All'inizio del capitolo il protagonista-narratore dichiara di aver interrotto la psicanalisi dato che è convinto di stare peggio di prima.

      Inoltre, l'ultimo capitolo del libro, ambientato tra il 1915 e il 1916, vede l'inizio della Grande Guerra e l'entrata dell'Italia.
      Zeno Cosini fa riferimenti alla presenza dei tedeschi a Trieste e nella Venezia Giulia.


      Questa affermazione di Zeno è famosa. 
      Nelle ultime due pagine del romanzo l'autore-narratore denuncia gli effetti negativi del progresso tecnologico e bellico (parla proprio di ordigni) che comporta non solo l'inquinamento dell'ambiente ma anche una minaccia per il futuro dell'umanità: infatti l'ultimissima frase del romanzo sembra predire, già prima della metà degli anni venti, le conseguenze disastrose, anzi, direi apocalittiche, della bomba atomica.

      "Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie".

      4 dicembre 2025

      "Mirka": film sulle profonde ferite della violenza

      🌲21) ACCOGLIENZA🌲

      A) INIZIO FILM:

      Bosnia Erzegovina orientale, 2006.

      Kalsan, una donna anziana che vive con la nipote Elena vicino ad un villaggio di montagna, una sera trova un bambino accovacciato davanti alla porta della stalla, esattamente di fronte alla sua semplice casa.

      Si tratta di Mirka, un ragazzino di dieci anni che dice di aver varcato il confine di stato per cercare la mamma. 

      Dall'aspetto si intuisce che Mirka è straniero, molto probabilmente serbo, sebbene nel corso del film non vengano mai nominati esplicitamente né lo stato serbo né quello bosniaco.

      Nei primi minuti del film Kalsan offre al ragazzino un pasto caldo e un letto, consigliandogli tuttavia di andarsene la mattina successiva, dal momento che nel paesino di montagna in cui la vicenda è ambientata c'è odio, diffidenza e paura nei confronti degli stranieri, soprattutto dopo il genocidio etnico perpetrato da Mladic nell'estate del 1995.

      B) L'IGNORANZA E L'ODIO:

      Nella scena successiva a questa siamo in pieno giorno. 

      Mirka sta correndo nel bosco, inseguito da un gruppo di coetanei che vogliono catturarlo e picchiarlo dato che non lo hanno riconosciuto come un bambino del villaggio.

      Dopo essersi nascosto per un po' di tempo tra le solide rocce di un torrente, Mirka torna da Kalsan, mostrandole una coperta ricamata con figure di animali e molto colorata, rinnovando la sua richiesta di aiuto per ritrovare la madre. 

      La donna anziana, riconosciuta tacitamente quella coperta come una dei suoi molti ricami di anni fa, gli offre un lavoro: badare, ogni giorno, alle capre e alle mucche della sua stalla. 

      Mirka diviene quindi un pastorello.

      All'interno di questo toccante e intenso film, gli spettatori si rendono facilmente conto del fatto che gli abitanti di quel villaggio dal nome imprecisato entro il quale si svolgono le vicende sono molto superstiziosi: le mucche si ammalano? Sono svenuti due clienti in un piccolo supermercato nel giro di un mese? C'è l'eclisse solare, segno di cattivi presagi?

      La colpa è del piccolo straniero ospitato da Kalsan e da Elena!

      La gente del villaggio infatti detesta Mirka. 

      Solo Lilly, una bambina dolce e un po' sognante, diventa sua amica.

      Anche Strix, un uomo emarginato dalla comunità montana, non ha pregiudizi nei confronti del ragazzino: una mattina gli mostra la sua collezione di gabbie di uccelli nel suo rifugio in mezzo ai boschi.

      Secondo le persone del paesino, Strix è una sorta di stregone che trasforma le persone in uccelli con malefici incantesimi. 

      In realtà, questo personaggio riesce a mettere in gabbia gli uccelli attraverso il canto.

      C) IL PERSONAGGIO DI ELENA:

      Elena è fidanzata con Helmut, un fabbricante di maschere dal carattere molto irritabile.

      Come quasi tutta la componente femminile del suo paese, Elena è stata violentata nel luglio 1995, quando aveva soltanto quattordici anni. 

      Oltre a ciò, la guerra che ha comportato la dissoluzione della Jugoslavia è stata la causa della morte dei suoi genitori.

      Elena appare una ragazza insicura a causa dei traumi subiti, le cui ferite non si rimargineranno mai.

      Lo spettatore più attento si accorge che in Elena qualcosa non va: la giovane ha paura di indossare una maschera in occasione di una tradizionale fiera di paese, teme inoltre di toccare degli animali in gabbia e rimane impressionata dal crepitio del fuoco di un falò.

      Quando Elena riconosce la coperta di Mirka come opera della nonna, scoppia in pianto e trema: quello è un oggetto che la riporta al terribile giorno in cui ha subito lo stupro da parte di un militare serbo.

      Ritengo importante evidenziare l'incisività dei flashback in bianco e blu che fanno intuire, per pochissimi secondi, non soltanto ciò che è accaduto ad Elena ragazzina ma anche l'avvenuta nascita di un bambino, frutto della violenza.

      Nel film è presente la Fortezza dei Neonati, ovvero, un monumento reale che costituisce una drammatica testimonianza storico-sociale visto che, dai punti più alti, le famiglie del paese hanno gettato i "figli delle violenze".

      Tutti hanno ucciso i bambini, solo Kalsan è stata un'eccezione: in un certo momento del film, di fronte ad un amico, ex partigiano come lei, confida di aver deliberatamente deciso di affidare Mirka ad un orfanotrofio riconoscendolo come non colpevole delle atrocità subite da sua nipote e come una persona che ha diritto alla vita.

      Mirka è figlio di Elena.

      Helmut ritiene Mirka una disgrazia, proprio come quasi tutte le persone residenti nel paesino.

      Una volta scoperto che Elena è la madre del "ragazzino bastardo", il loro rapporto entra in crisi.

      Dopo la fine della relazione affettiva, Elena inizia ad accettare suo figlio, ritornando serenamente a gustare le piccole e semplici gioie della vita.

      D) MIRKA, IL PROTAGONISTA:

      Nel corso del film Mirka non parla moltissimo: di tanto in tanto il regista si focalizza sui pensieri e sulle idee, amare e negative, che il bambino si fa degli adulti presenti nel villaggio.

      Lo definirei prima di tutto un bambino determinato, dal momento che ha valicato un confine politico, fuggendo quindi da un orfanotrofio per uno scopo ben preciso.

      Il protagonista di questo film appare, in qualche momento, un po' vendicativo nei momenti in cui si arrabbia: un pomeriggio brucia un mucchio di paglia piuttosto alto come reazione al fatto che Kalsan lo abbia portato in un orfanotrofio per farlo adottare in un istituto. 

      Ad ogni modo, l'istituto risulta essere già stra-pieno di bambini e dunque il direttore rifiuta di prendere anche Mirka.

      Inoltre c'è un altro episodio in cui questo ragazzino lancia un sasso rompendo il vetro di un negozio quando due commessi si rifiutano di servire del latte ad Elena soltanto perché custodisce uno straniero tra le mura di casa.

      Al di là delle reazioni di Mirka, la tendenza dei preadolescenti di vendicare una cattiva azione subita o da loro stessi o da chi amano è un comportamento strettamente legato allo sviluppo morale e psicologico che caratterizza l'età 10-13: da un lato si desidera l'autonomia e, in qualche momento, si sogna l'età adulta ad occhi aperti, dall'altro ci si identifica o con qualche familiare o con qualche adulto che si stima enormemente per il fatto che si sta uscendo dal ruolo di "bambino protetto" e si sta esplorando un ruolo di "protettore", una modalità di dimostrare lealtà e affetto.

      Aggiungo inoltre che, nella fascia 10-13 anni, il concetto di "giustizia" viene interpretato in modo rigido dato che la maturazione emotiva dell'area pre-frontale non è ancora totalmente avvenuta (questo, sottolineo e chiarisco, non ha a che fare con nessun valore di quoziente intellettivo: anche i preadolescenti riconosciuti plusdotati o comunque sopra la media non hanno acquisito del tutto l'auto-regolazione emotiva).

      Tuttavia, nell'età delle scuole medie è ben presente la "moralità della cura", teorizzata dalla psicologa americana Carol Gilligan e rispondente al seguente meccanismo comportamentale: "Mi sento responsabile verso coloro con i quali ho un legame emotivo di natura positiva".

      Un'altra qualità che ho riconosciuto in questo ragazzino, non meno importante di altre, è la seguente: la maturità.

      Lo sottolineo perché ho constatato che, nonostante abbia intuito l'identità di sua madre, aspetta che sia la ragazza stessa a riconoscerlo come figlio prima di iniziare a costruire un rapporto confidenziale con lei.

      Edificante, straordinario e commovente (almeno per me che sono profondamente umana) è l'abbraccio finale tra madre e bambino negli ultimi istanti della proiezione.

      Elena si rivela straordinaria dato che riesce a trarre vita da un trauma gravissimo e oltremodo umiliante.


      Aggiungo un'ultima nota: non condivido frasi come queste riportate qui sotto e ascoltate abbastanza recentemente dal segretario di un partito che ultimamente si sta "perdendo" in polemiche etiche futili e rovinose, tutt'altro che utili per il presente e per l'avvenire del paese. 
      Eccovele.

      "Che vita da cani fa una persona che sa di essere frutto di una violenza? Non ha senso che nasca". 
      (Ah già: perché "la scienza e i dati oggettivi dimostrano che prima delle dodici settimane dentro l'utero materno non c'è una persona). 

      Davvero? Questa è una fotografia scientifica:


      (Embrione a sei settimane: è piccolo come un mirtillo ma il cuore è già formato).

      Ma chi cacchio sei tu per giudicare in questo modo le scelte altrui e, soprattutto, per etichettare in modo così lapidario le origini e le vite degli altri? 

      Il percorso di vita di una persona che proviene da una violenza potrebbe rivelarsi meraviglioso, potrebbe risultare un punto di riferimento per diverse persone, intorno ai 30 anni potrebbe essere a buon punto della propria realizzazione personale e professionale. 

      28 novembre 2025

      "HOKAGE": LE CONSEGUENZE PSICOSOCIALI DELLA GUERRA IN GIAPPONE

      1) SHINYA TSUKAMOTO:

      Nato a Tokyo, Tsukamoto si è appassionato al cinema già da ragazzino, quando il fratello componeva dei "Super8" che si ispiravano ai film di Kaiju.

      Tuttavia, la carriera di Tsukamoto è iniziata a teatro: è stato il fondatore della compagnia teatrale "Kaiju Theater" e, durante questa fase lavorativa, ha sviluppato alcune capacità tecniche utili per i suoi film.

      Alla fine degli anni Ottanta, Shinya Tsukamoto ha prodotto alcuni spot commerciali e un medio-metraggio, Le avventure del ragazzo del palo elettrico, ambientato nei quartieri più degradati delle periferie delle metropoli giapponesi. 

      Successivamente, influenzato anche dal canadese David Cronenberg, Tsukamoto si è concentrato di più su temi come l'alienazione, l'identità e la fragilità umana.

      2) SIGNIFICATO DEL TITOLO:

      Hokage in giapponese significa "ombra di fuoco". 

      Shinya Tsukamoto, nello spiegare alcuni collegamenti tra questo e altri suoi film, spiega anche la scelta del titolo:

      "Il film narra di un fuoco e delle ombre in continuo movimento che questo proietta tutto intorno, ma soprattutto delle persone che vivono nascoste tra queste ombre."

      I personaggi di Hokage sembrano ombre a causa dei traumi subiti: nessuno di loro è sereno e nessuno di loro ha delle prospettive per il futuro. Vivono un presente profondamente segnato dai dolorosi traumi delle violenze subite.

      3) AMBIENTAZIONE DEL FILM:

      L'ambientazione si svolge per gran parte in locali interni e il periodo è l'autunno del '45, poco dopo la fine del secondo conflitto mondiale. 

      I personaggi risultano tutti anonimi. Il regista ha ammesso di aver raccolto delle testimonianze dirette dei sopravvissuti alla seconda guerra mondiale.

      4) LA PROSTITUTA:

      Nel suo inizio, il film ci presenta una giovane donna intorno ai 25 anni, costretta a prostituirsi dopo la morte in guerra del marito e dopo la perdita del figlio. 

      La sua vita è infelice, monotona: trascorre le giornate in una piccola casa, la cui porta è sempre aperta, senza dedicarsi a nessun interesse in particolare.

      Un giorno entra a casa della donna un bambino orfano costretto a rubare per sopravvivere e con lui un soldato che non può approfittare della prostituta per mancanza di soldi. In compenso però, va da lei ogni sera per cucinare, chiacchierare e riposare.

      Prima della guerra, il soldato era un maestro di matematica e ora, nel '45, soffre di sindrome da stress post-traumatica a causa di bombardamenti e violenze.

      Sia il bambino che il soldato tornano dalla giovane prostituta tutte le sere.

      Una mattina però, il soldato vuole costringere la donna ad un rapporto dopo aver cacciato il piccolo. Pochi minuti dopo, il bambino riesce a rientrare in casa e a farlo uscire di casa puntandogli una pistola, trovata per strada. 

      La prostituta, traumatizzata e scossa, convince il bambino a consegnarle la pistola per riporla all'interno di un vaso e, pur di non vederlo più rubare cibo nelle case altrui o al mercato della città, gli propone di rimanere a vivere con lei. 

      La prostituta inizia a prendersi cura dell'orfano cucendogli la camicia piena di strappi, preparandogli una camera e dicendogli di trovare dei lavoretti per portare a casa qualche soldo. 

      Pur sentendo la mancanza del marito e pur tenendo una sua fotografia vicino al letto, la donna intrattiene rapporti strani con un altro uomo, non romantici e neppure troppo seri, riservandogli battute un po' ironiche: "Ti piacerebbe se fossi tua moglie?". Non so se lei abbia visto in questa figura qualche riflesso di suo marito.

      Una sera l'orfano torna a casa molto tardi e ferito, per questo motivo la sua prostituta si arrabbia molto, convinta che si sia fatto coinvolgere in un litigio tra bambini.

      In realtà il bambino è andato vicino ai binari della stazione cittadina, ha visto che i passeggeri gettavano dei frutti da un treno e, mentre li raccoglieva da terra, erano arrivati dei ragazzi che lo avevano picchiato per sottrargli la verdura. Ma un uomo, dopo aver preso le sue difese, gli ha proposto un lavoro.

      Intanto la donna si accorge, davanti allo specchio, dei segni di una malattia della pelle, forse causata dalle radiazioni e a quel punto manda via il bambino da casa sua: "Io in te rivedevo mio figlio, ma tu in realtà non sei così intelligente. Ti odio!".

      Così l'orfano prende la pistola e scappa. A questo punto incontra di nuovo l'uomo che lo aveva difeso alla stazione e che lo ospita a casa sua per alcuni giorni.

      5) LA GUERRA COME TRAUMA SOCIALE:

      • Desideri di vendetta:

      Una settimana dopo, uomo e bambino si recano all'interno di una villa finché non vedono arrivare una coppia benestante per l'ora di cena: il marito era un generale dell'esercito che non è così sereno, dato che prova rimorsi per le azioni che si è trovato a dover compiere durante gli anni di guerra.

      L'uomo che ha accompagnato il bambino nella villa spara al generale di cui fino a poco tempo prima era sottoposto. Non lo uccide, ma, con intento vendicativo, gli rinfaccia tutto ciò che ha compiuto di deleterio: quando ha costretto un suo sottoposto a stuprare una donna, quando ha fatto uccidere un altro soldato che si era rifiutato di sparare sui civili... fino ad esclamare: "Tu hai reso un mostro anche me!".

      • Le condizioni psicologiche dei soldati:

      In questo film, un bambino di appena 8 anni si trova costretto a vedere soldati traumatizzati, gravemente feriti, pieni di sensi di colpa, esauriti, depressi, soprattutto quando percorre i sotterranei e i quartieri della città.

      6) IL BAMBINO:


      Il vero protagonista del film è il bambino che rimanda a quella generazione responsabile della rinascita socio-economica del Giappone.

      Tsukamoto ha dichiarato che "Hokage è una preghiera, il simbolo di una speranza che nutro nelle nuove generazioni e nella possibilità che esse diano un futuro migliore rispetto agli ultimi decenni".


      20 novembre 2025

      "UNA TOMBA PER LE LUCCIOLE", ISAO TAKAHATA

      20) IL GIAPPONE ALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE 

      Una tomba per le lucciole è un film animato uscito nel 1988 e prodotto dallo Studio Ghibli. Il regista è Isao Takahata, un collega di Miyazaki, che, con quest'opera, ha adattato l'anime omonimo di Akiyuki Nosaka.

      A) L'INIZIO DEL FILM:

      Estate 1945. 

      L'adolescente Seita, solo e molto indebolito, sta morendo di inedia, come molte altre persone, alla stazione di Kobe. 

      Ciò che impressiona in quesa prima scena del film è sia continuo via vai delle persone, indifferenti di fronte alla sofferenza di altri esseri umani, sia l'atteggiamento dei lavoratori all'interno della stazione: un addetto alle pulizie raccoglie una scatola di latta, che tempo prima conteneva caramelle, vicina alla mano di Seita e la getta in un giardino vicino, senza preoccuparsi minimamente delle condizioni del ragazzo. 

      Proprio in quel momento appare il fantasma della sorella del ragazzo: si tratta di Setsuko, una bambina ancora piccola.

      B) IL BOMBARDAMENTO AEREO:

      Da qui inizia il flashback degli ultimi tre mesi di vita di Seita e Setsuko: un bombardamento aereo da parte degli americani distrugge molte case della cittadina in cui i due fratelli vivono con la madre. 

      Il loro padre è in servizio come ufficiale della Marina Imperiale Giapponese.

      Seita e Setsuko riescono ad arrivare al rifugio antiaereo, la loro mamma invece muore a seguito di gravi ustioni.

      C) IL SOGGIORNO DA UNA ZIA E LA FAME:

      I due protagonisti cercano rifugio da una zia in una casa di campagna. Setsuko è molto traumatizzata a causa della morte della madre: di notte piange e continua a chiedere di lei al fratello. 

      Quando il cibo non è più sufficiente per il razionamento forzato delle provviste, la zia inizia a vedere i due nipoti come un peso: li rimprovera per sciocchezze, li tratta male, insiste che Seita si arruoli nell'esercito per onorare l'imperatore.

      Seita allora, stanco delle continue strigliate della zia, decide di rifugiarsi con la sorella in una grotta vicina ad un lago... ma il cibo non basta mai e il ragazzo si trova costretto a rubare ai contadini e a saccheggiare le case degli sfollati, mentre la bambina è sempre più debole e denutrita.

      Setsuko muore proprio nel giorno in cui si annuncia la resa dell'Impero Giapponese (14/08/1945).

      Il Giappone degli anni Quaranta era governato da una dittatura militare. 

      Il 1945 non è stato soltanto l'anno della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki ma anche l'anno dell'occupazione militare da parte degli Stati Uniti: l'imperatore Hirohito ha dichiarato la resa dopo la dichiarazione di Potsdam in cui si decidevano anche i destini dei paesi asiatici del Pacifico.

      Una sera, Seita fa la cremazione del corpo della sorella, circondato da molte lucciole vaganti nell'aria. 

      Poi si lascia morire, credo anche per il senso di colpa, alla stazione della città più vicina.

      Secondo una leggenda giapponese, i fantasmi dei due ragazzi si trovano ancora nei dintorni della grotta vicina al lago.

      D) SEITA:

      Si tratta da un lato di un ragazzo positivo e protettivo: nei momenti di quiete dai bombardamenti porta la sorella a giocare al mare e una sera, dopo il tramonto, con Setsuko rincorre le lucciole nei campi. 


      Per questo motivo Seita mi ha ricordato il film La vita è bella, opera dove il protagonista (Benigni), ebreo, costruisce giochi immaginari per proteggere il figlio dagli orrori del nazismo.

      Dall'altro lato però la colpa è indirettamente di Seita se Setsuko è morta: scegliendo di andarsene dalla casa della zia, il ragazzo ha costretto una bambina intorno ai cinque anni a vivere una situazione di disagi, di fame e di emarginazione sociale. 

      E) ASPETTI NEGATIVI E POSITIVI DEL FILM:

      Uno dei pochi lati deboli di Una tomba per le lucciole è questo: il regista sembra, a mio avviso, concentrarsi troppo sulla situazione difficilissima dei due protagonisti, perché manca il confronto con le condizioni di vita di altri bambini e ragazzi come loro. 

      In compenso, l'efficace espressività dei personaggi è stata inserita in un contesto tragico che denuncia la crudeltà della guerra e mette in luce le condizioni economiche e sociali di un popolo che, pur essendo diventato molto povero, risulta ancora molto ideologizzato.

      F) IL TITOLO DEL FILM:

      Nella scatola di metallo, vuota di caramelle, Seita e Setsuko rinchiudono una lucciola morta, che è probabilmente il simbolo delle loro vite spezzate da ideologie politiche, dalla miseria economica di un Giappone all'epoca disastrato e da una guerra che ha tolto loro i genitori e un presente sereno.

      Io però, in questo titolo drammatico, scorgo anche una lieve allusione alla bellezza della natura che contrasta con la tragedia della guerra: suggestivo è il momento in cui, una sera, i due fratelli si ritrovano circondati da molte piccole lucciole che vagano per la campagna, all'imbrunire, quando la luce del tramonto si spegne per far brillare la luna.