12) IL CARCERE E I CARCERATI
Tenevo molto a questo percorso tematico.
Probabilmente è l'argomento più impegnativo del 2025 e cade proprio all'inizio dell'estate. Sto infatti per presentarvi un'opera appartenente ad una letteratura di altissima qualità.
Ad ogni modo, adoro Tolstoj per il suo notevole talento letterario, per la sua enorme intelligenza e la sua straordinaria levatura morale.
"Gli uomini, riuniti in una modesta località di alcune centinaia di migliaia di abitanti, avevano un bello sforzarsi nel deturpare quella terra sulla quale si stringevano, nel conficcare pietre nel terreno affinché nulla più vi crescesse, nello strappare ogni erbetta capace di aprirsi un varco, nel fare fumo col carbon fossile ed il petrolio; nel tagliare gli alberi e scacciare tutti gli animali e tutti gli uccelli: la primavera era primavera anche in città."
In queste prime frasi già si fa accenno al tema del rapporto tra uomo e natura.
Nel secondo Ottocento la Russia è ovviamente un paese agricolo ma, grazie ad alcune iniziative statali come ad esempio il protezionismo, inizia lo sviluppo dell'industria pesante.
"Il sole riscaldava, l’erba, rivivendo, cresceva e verdeggiava dovunque, là dove non la strappavano, non solo nelle zone erbose di viali, ma anche in mezzo alle lastre di pietra; le betulle, i pioppi, i ciliegi selvatici dispiegavano le loro foglie odorose e fragranti, ed i tigli gonfiavano le loro gemme ormai pronte a sbocciare; le cornacchie, i passeri ed i colombi nella gioia primaverile già preparavano i loro nidi, e le mosche ronzavano vicino ai muri delle case, riscaldati dal sole. Piante ed uccelli, insetti e bambini erano felici.
Ma gli uomini – i grandi, gli adulti – non smettevano d’ingannare e di tormentare se stessi e gli altri. Gli uomini pensavano che santa ed importante non fosse quella bella mattina primaverile, quella bellezza della creazione di Dio, donata per il bene di tutti gli esseri, per disporli alla pace, alla concordia, all’amore; ma solo sacro ed importante fosse ciò che essi stessi inventavano per dominare gli uni sugli altri."
A proposito dell'ultima frase: anche ai nostri giorni è così. In effetti pensate prima di tutto alle disuguaglianze economiche mondiali, dovute agli effetti di secoli di colonizzazione e poi, ad esempio, anche a molte dinamiche lavorative in Italia, basate sulla precarietà, sullo sfruttamento, sull'incertezza nell'avvenire, non certamente sul rispetto per le reali capacità dei dipendenti.
Questo è un incipit narrativo che mi ricorda il pensiero di Leopardi il quale, nello Zibaldone, riteneva la ragione umana, molto legata ai progressi della civiltà, la principale causa dell'infelicità in età adulta.
Ho la seguente impressione per quel che concerne il nostro tempo: diverse persone in età adulta e lavorativa, anche se non lo esplicitano, sono in fin dei conti consapevoli del fatto che i beni materiali non portano alla felicità e quindi, soddisfano di tanto in tanto il bisogno di coltivare amicizie, conoscenze e piacere del contatto con la natura organizzando una camminata in montagna la domenica o anche un'apericena nei fine settimana sulla veranda del bar di un paesino sulla cima di una collina.
"Così nell’ufficio di una prigione si considerava sacro ed importante non il fatto che a tutti gli animali, a tutti gli uomini, a tutte le donne, era stata data la calma e la gioia della primavera, ma invece la circostanza di avere, il giorno prima, ricevuto una carta bollata, con tanto di numero e d’intestazione, che dava l’ordine di condurre quella mattina, 28 aprile, alle ore 9, tre accusati – due donne ed un uomo – al Tribunale. Una di quelle donne, creduta la più colpevole, doveva esservi condotta separatamente."
In questo mattino primaverile, Katjusa Màslova viene condotta in tribunale per poter essere processata.
"(...) Nella camera delle carcerate si sentiva un mormorìo confuso, prodotto da voci di donne e da piedi nudi che camminavano sul tavolato. – Su, più presto! Spicciati dunque, Maslòva, dico! gridò il soprastante anziano nella porta socchiusa.
Un paio di minuti dopo apparve una giovane donna, di statura piuttosto bassa, con un petto molto pieno, coperta di un pastrano di panno bigio passato al di sopra di una giacca e di una gonna bianca. Con passo sicuro, si accostò al vecchio soprastante e si fermò vicino a lui. Aveva ai piedi delle calze di tela e su queste le grosse scarpe di panno date dall’amministrazione delle carceri. Sulla testa portava un fazzoletto bianco, sotto al quale si vedevano – certo cacciate fuori a bella posta – alcune ciocche di capelli neri arricciati. Il volto della donna aveva quel pallore speciale delle persone che rimangono per lungo tempo in un ambiente chiuso e che ha qualche cosa della patata coltivata nelle cantine sotterranee."
Ma cosa ha combinato la protagonista femminile di questo libro?
È accusata di aver avvelenato a morte un mercante in un albergo.
2) INFANZIA DELLA MASLOVA:
Katka Màslova è una prostituta.
Ma come è arrivata a prendere questa bruttissima strada?
Il nostro autore, molto attento anche all'interiorità e alle vicende familiari dei suoi personaggi, si dilunga in un accattivante flashback su di lei:
"La storia di Maslòva era una storia molto comune. Era la figlia naturale di una contadina nubile, sempre vissuta con la madre addetta alla cura delle mucche in una fattoria presso due sorelle, entrambe signorine, possidenti terriere. Questa contadina nubile ogni anno dava alla luce una creatura e come spesso accade nei villaggi, il bambino veniva battezzato e poi la madre smetteva di nutrirlo; quella creatura non desiderata le impediva di lavorare, per cui presto il neonato moriva di fame. Già cinque erano morti in quel modo. Il sesto, nato da un zingaro di passaggio, era una bambina (...).
La piccina aveva tre anni quando la madre si ammalò e morì. Per la nonna, sempre addetta alle mucche, la nipotina era un peso e le due vecchie signorine se la presero in casa. Così vivace e carina, con i suoi occhioni neri, faceva la gioia delle due vecchie sorelle. La più giovane delle due signorine, ed anche la più buona, si chiamava Sofja Ivànovna: era lei la madrina di battesimo della bambina. La più anziana, Maria Ivànovna, era propensa alla severità. Sofia Ivànovna adornava la fanciulletta, le insegnava a leggere e pensava di farne una persona istruita. Maria Ivànovna, al contrario, pretendeva farne una serva, o, tutt’al più, una brava cameriera. (...) Talvolta le signorine l’ammettevano a far loro compagnia ed essa leggeva ad alta voce davanti a loro."
Katjusa ha appena diciassette anni quando, presso l'abitazione delle signore, sopraggiunge un giovane e ricco principe, loro nipote, del quale la ragazza rimane affascinata senza tuttavia rivelarlo a nessuno.
Due anni dopo il giovane ritorna per una visita alle zie, fa violenza a Katjusa nella notte di Pasqua subito dopo la solenne veglia in chiesa e, prima di ripartire, dà alla ragazza un biglietto da cento rubli, trattandola proprio come una prostituta dalla quale ha ottenuto piacere per una mezz'ora.
A quanto pare, per narrare questo frangente, Tolstoj utilizza il verbo "sedurre" ma io, in quanto lettrice del XXI° secolo che ricorda molto bene la storia, non mi faccio problemi a ricorrere ad un altro termine, perché non era un rapporto consensuale quello.
Dopo l'abbandono di Katjusa da parte di Dmitrij Nechljudov, il mondo intorno alla ragazza si annebbia.
Katjusa scopre di aspettare un figlio e, a quel punto, le due signore la licenziano.
Si stabilisce allora presso la dimora di una vedova levatrice e lì partorisce un bambino che però muore nel giro di poche settimane a causa di un'infezione.
In seguito, per evitare di farsi mantenere dalla levatrice, la ragazza cerca un altro posto di lavoro.
Dopo una breve esperienza presso un guardiaboschi che fin da subito si dimostra un molestatore, un'altra come cameriera presso il viziato e voglioso figlio di una ricca signora e un'altra ancora, molto faticosa, presso una stireria, la protagonista femminile di questo romanzo incontra una donna che indossa molti gioielli e la invita ad andare a casa sua. Si tratta di una persona che favorisce la prostituzione presso quelle che all'epoca venivano considerate le case chiuse.
Il metodo narrativo di Tolstoj, sempre molto chiaro, dettagliato e preciso, instilla empatia verso una persona che, ad appena vent'anni, è rimasta completamente sola al mondo e, pur di guadagnarsi da vivere, inizia a prostituirsi.
Nel corso degli anni, per far fronte alla propria infelicità, Katjusa incappa in vizi come l'alcol e il tabacco che, nei momenti di libertà, le permettono di distogliere il pensiero da un'esistenza profondamente infelice, squallida e non dignitosa.
Ad ogni modo, nel corso del racconto del processo, il lettore appura già che la protagonista è in realtà innocente.
La Màslova è condannata a quattro anni di lavori forzati in Siberia.
Si tratta, lo esplicito già da ora, di una condanna ingiusta.
3) LA "RISURREZIONE SPIRITUALE" DI NECHLJUDOV:
In tribunale fra i giurati c'è anche il principe Dmitrij Nechljudov che la riconosce subito anche se sono passati almeno otto anni dall'ultima volta che l'ha vista.
Al grido d'innocenza della Maslova dopo la condanna, Nechljudov inizia a vergognarsi di se stesso e del modo in cui ha trascorso gli ultimi anni: ad esempio, prova un enorme senso di colpa e disgusto al pensiero di aver avuto una relazione con la moglie di un suo amico.
Ecco come Tolstoj delinea l'inizio della redenzione di questo importantissimo personaggio:
"... si sentiva da ogni parte avvolto nei legami di una vita stupida, vuota, inutile, senza scopo, dalla quale non vedeva nessuna uscita e neppure, nella maggior parte dei casi, voleva uscirne."
A seguito di quel processo durante il quale giurati, avvocati e magistrati hanno umiliato la Màslova, Nechljuodv non soltanto matura il fermo proposito di cambiare vita ma anche l'intenzione di voler scagionare la Màslova per restituirle la libertà. A tal proposito pensa fin da subito di ricorrere alla grazia sovrana.
Dapprima però, si reca in carcere a visitarla:
"-Avant'ieri ero giurato- disse egli- quando vi hanno condannata. Non mi avete riconosciuto?
-No, per nulla! Non avrei potuto riconoscervi, non guardavo nessuno...
-Vi fu un bambino?- egli chiese ancora, avvertendo di arrossire.
- È morto subito, grazie a Dio!- rispose la Màslova in tono secco e cattivo, allontanando lo sguardo da lui.
-E come, di che male?
-Anch'io fui malata e per poco non sono morta- ella rispose senza alzare gli occhi.
-E le mie zie vi licenziarono?
-Chi terrebbe una cameriera incinta? Quando si accorsero del mio stato, mi scacciarono. Ma perché parlare di queste cose? Io non ricordo più nulla, ho dimenticato tutto. Tutto è finito.
Ho dimenticato o voglio dimenticare?
Notate che da parte di lei ci sono atteggiamenti di comprensibile disprezzo e di freddezza, dato che ormai, da tempo, è diventata una donna che concepisce i rapporti con gli uomini come se tutti loro fossero dei clienti da soddisfare sessualmente, dato che ha purtroppo interiorizzato l'idea di non essere altro che un oggetto di piacere:
"La sua concezione si basava sull'opinione che la felicità di tutti gli uomini- tutti, senza eccezione, vecchi e giovani, colti e ignoranti, studenti o generali- consistesse nei rapporti sessuali con donne attraenti, e perciò tutti gli uomini, anche quando fingevano di essere occupati di altre cose in realtà desideravano il possesso di una donna. Ed ella, piacente com'era, poteva soddisfare a suo talento questo loro desiderio; quindi era una persona importante e necessaria. Del resto, tutta la sua esperienza personale passata e presente confermava l'esattezza di questa sua concezione."
Tra il possedere e l'amare c'è di mezzo un abisso.
La decadenza morale di Nechljudov è iniziata proprio in quella notte di Pasqua, quando ha voluto ad ogni costo possedere Katjusa.
Da precisare sin d'ora che Dmitrij, oltre a voler aiutare la Màslova, si interessa delle condizioni di altri detenuti che lo ritengono un aristocratico capace di interloquire con la povera gente.
Da quel momento in poi quindi emerge il meglio di lui: emerge un'indole sensibile, buonissima e altruista che per troppi anni il principe aveva tenuta nascosta al solo scopo di compiacere le persone che frequentava:
"...aveva smesso di credere a se stesso per credere agli altri e ciò perché vivere credendo a se stesso era troppo difficile (...) Credendo a se stesso si esponeva sempre alla disapprovazione degli uomini, mentre credendo agli altri era approvato da tutti quanti lo circondavano."
Questo è anche un romanzo sul contrasto tra individuo e società: ognuno di noi ha bisogno di relazioni, di sentirsi riconosciuto per quel che è, per le qualità che ha e per il bene che può compiere.
Tuttavia, dev'essere soddisfatto anche il diritto di manifestare in modo autentico la propria identità.
4) COS'È IL CARCERE?
Concludo il post ponendovi alcune domande allo scopo di entrare, a partire dalla prossima settimana, proprio nel cuore dell'argomento "carcere e carcerati".
1) Quale idea vi siete fatti sul carcere?
La parola "carcere" deriva dal latino "carcer" la quale portava in origine il significato di "sbarra da circo".
2) "Carcerato", anche nella nostra società, è sempre e automaticamente sinonimo di "delinquente"?
"-Non temono Dio, quei maledetti parassiti!" esclama indignata una carcerata compagna di Katjusa non appena viene a conoscenza del verdetto. Può essere una delinquente una donna che la pensa in tal modo? Per quali motivi le donne presentate dall'autore si trovano dietro le sbarre? Alcune hanno venduto merci senza licenza, altre, costrette dalla miseria, hanno commesso furti.
Tra loro c'è Fedosja, una giovanissima contadina che, a causa dell'enorme rabbia provata per il suo matrimonio combinato, ha tentato di avvelenare il marito che le era stato imposto. Poi però si era pentita e persino i suoceri l'avevano perdonata, quando ormai era già stata condannata ad un po' di anni di carcere.
3) Cos'è la libertà?
4) Esiste soltanto un carcere come luogo di reclusione per aver infranto delle leggi in modo grave, per aver tolto la vita a qualcuno o per aver commesso atti pericolosi per la società?
5) Oppure esiste anche una prigione esistenziale, paragonabile ad una "non vita"?