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29 novembre 2013

La lingua latina arricchisce la mente- Le mie critiche alla riforma Gelmini


Le ultime riforme scolastiche hanno (purtroppo) diminuito di alcune ore l'insegnamento del latino nei licei. Questo cambiamento non riguarda soltanto l'indirizzo scientifico tradizionale ma anche gli indirizzi linguistico e delle scienze umane.

Inoltre, da pochi anni è stato coniato "il liceo delle Scienze applicate",  un nuovo indirizzo di studi che, pur offrendo allo studente che vi si iscrive una preparazione molto ampia e approfondita dal punto di vista scientifico, non prevede l'insegnamento della lingua latina. Una statistica ha rilevato che questo nuovo liceo sta riscuotendo un grande successo: infatti, due studenti su tre, tra tutti quelli che hanno scelto di frequentare il liceo scientifico, hanno preferito iscriversi alle Scienze Applicate, per evitare di imparare una "lingua morta".
Tra alcuni anni, molti diplomati italiani o non avranno mai incontrato il latino come materia scolastica, o disporranno di conoscenze piuttosto superficiali relative a questa disciplina.
Lo studio del latino appare quindi incredibilmente ridimensionato  nel suo importante ruolo formativo, ovvero nel suo ruolo di "colonna portante" della formazione di un liceale. Togliere o diminuire le ore di questa materia sul piano orario di studi di un liceo potrebbe impoverire gli studenti del nostro patrimonio culturale.
Io infatti ho sempre pensato che questa lingua sia davvero indispensabile per la buona formazione di un individuo, dal momento che, con le sue precisissime regole grammaticali (a mio parere, molto più rigide e molto più difficili delle regole grammaticali del greco antico), aiuta a sviluppare la logica e la razionalità.
Inoltre, essendo stata la lingua degli antichi romani, abitanti italici, ha diversi legami con le parole italiane e, proprio per questo motivo, è una materia che aiuta a comprendere appieno il significato di una buona parte dei termini quotidiani. Non dimentichiamo infatti che la nostra lingua deriva dal latino.
Io mi sono sempre divertita a cercare e a imparare l'etimologia dei termini.
Per di più, lo studio della letteratura latina, che in tutti i percorsi liceali inizia al terzo anno, può rivelarsi oltremodo arricchente per gli argomenti che propone. Gli antichi poeti, (tra questi soprattutto Orazio e Virgilio) e gli antichi filosofi (in particolar modo Seneca) illustrano alcune tematiche inerenti alla nostra quotidianità, alle nostre sensazioni, al nostro modo di vedere la vita.
Io credo anche che questa materia sia una conoscenza fondamentale non soltanto in diversi ambiti professionali (l'insegnamento, l'ambito giudiziario e anche quello medico), ma anche in certi percorsi universitari (lettere, filosofia, beni culturali).
Infatti alcuni giovani, tra cui io, nel loro futuro potenzieranno le loro capacità in questi percorsi di studio, per poi cimentarsi con professioni che esigono la conoscenza di questa lingua. Come dunque affermavano alcuni personaggi illustri dell'Antica Roma, "non scholae sed vitae discimur"- "non impariamo per la scuola ma per la vita". 
Il latino, come avete potuto ben comprendere dalle argomentazioni che vi ho fornito finora, è tutt'altro che "morto".


Concludo questa riflessione con un' ulteriore critica alla riforma scolastica Gelmini: nel nuovo piano orario di studi del liceo classico, al biennio è stata aggiunta un'ora di matematica a scapito di un'ora di italiano. Le ore di italiano al biennio sono divenute quattro, mentre, fino a circa tre anni fa (e io che sono nata nel 1995 ho fatto appena in tempo a schivare la riforma Gelmini e sto seguendo ancora il piano orario del vecchio ordinamento) erano cinque. 
L' "illustrissima" ministra infatti aveva affermato all'epoca che noi studenti del classico, in quanto "ignoranti e impreparati dal punto di vista scientifico", dovevamo approfondire anche lo studio di queste materie.
Io non mi permetterei mai di affermare che la matematica è inutile per me e per tutti i ragazzi che hanno scelto il mio stesso indirizzo di studi. Anche questa materia è importante per la nostra formazione, sarebbe doveroso studiarla e cercare di impararla in quelle poche ore che abbiamo a disposizione. 
Però trovo molto ingiusto diminuire le ore di italiano, materia meravigliosa e protagonista del nostro quadro orario di studi. Io e altri studenti di liceo classico, ci siamo iscritti in questo tipo di scuola soprattutto per apprendere molto bene la lingua e la letteratura italiana e tutte le altre discipline umanistiche.
E' vero che non sono molto colta dal punto di vista scientifico e che sto faticando in questo ambito per ottenere buoni risultati ma sono comunque soddisfatta del mio percorso perchè so bene che mi sta offrendo una buona preparazione in ambito letterario. Grazie ad essa potrò, nella mia vita di donna adulta, contribuire al bene della nostra società.


23 novembre 2013

PIOGGIA D'AUTUNNO



Il pianto
del cielo malinconico
bagna
l'arida terra.



Leggiadre foglie
abbandonano
vigorosi rami
di imponenti alberi
e danzano
ascoltando
il canto struggente
del vento.



La fitta nebbia
avvolge
lenta
le colline
e cela
l'immensità dell'orizzonte.


Come si festeggia il primo novembre a Orsara di Puglia

Sarebbe stato opportuno da parte mia scrivere questo post all'inizio del mese, ma solo pochissimi giorni fa ho letto un articolo relativo a questa curiosa tradizione pugliese... 



A Orsara di Puglia la ricorrenza di Ognissanti viene festeggiata secondo una tradizione vecchia di secoli che nessuna moda statunitense, tantomeno quella del famigerato Halloween, potrebbe mai e poi mai soppiantare. Negli ultimi giorni di ottobre, tutti gli abitanti di Orsara si mettono al lavoro per preparare i falò che illumineranno la notte del primo novembre e per dare inizio alla manifestazione delle "Fucacoste e cocce priatorje", ovvero, dei fuochi sparsi, dei falò di rami secchi di
ginestre e delle zucche-lanterna(con sembianze umane), illuminate al loro interno e lavorate in modo creativo. 
Nei giorni che precedono la ricorrenza, Orsara vibra al ritmo di una crescente frenesia. Oltre alle zucche e ai falò, vengono anche preparate tutte le pietanze e tutti gli ingredienti che verranno consumati nella notte del primo novembre. In ogni vicolo si tiene un banchetto a base di piatti poveri ma molto gustosi.
A partire dalle ore 19 della sera del 31 ottobre, al suono delle campane della Chiesa Madre, in ogni angolo del paese si accendono i falò. 
E' così quindi che inizia una delle serate più luminose dell'anno, caratterizzata da vivaci fuochi e dall'esposizione, in tutte le strade, di zucche intagliate...         
Da lontano, proprio nell'istante in cui i falò preparati in quasi ogni angolo delle strade iniziano a scintillare, il paese sembra prendere fuoco e le fiamme riscaldano l'atmosfera di una fredda notte autunnale, donandole un grande fascino. 
Questo evento è celebrato per ricordare i defunti e per riscoprire ulteriormente il piacere della compagnia.
 A Orsara non c'è né il rito consumistico del "dolcetto o scherzetto?", né la notte delle tenebre; bensì un evento caratterizzato dalla luce e dalla condivisione di un sentimento di profondo rispetto per i defunti.

9 novembre 2013

Il messaggio del carpe diem di Orazio, utile per chi, come me, è più attento al domani che all'oggi


Sin dall'antichità, molti letterati e filosofi hanno elaborato, in prosa e in poesia, riflessioni sul destino dell'essere umano e sul tempo che scorre. 
Il poeta latino Orazio, uno dei più importanti autori vissuti nell'Età Augustea, compone alcune odi che riguardano lo scorrere del tempo inesorabile e la brevità della vita umana.
Riporto qui la traduzione e l'analisi della sua ode più famosa e, a mio parere, anche la più significativa dal punto di vista etico.



"Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi 

finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios 
temptaris numeros. Ut melius quicquid erit pati 
seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare 
Tyrrhenum: sapias, vina liques et spatio brevi 
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida 
aetas: carpe diem, quam minimum credula                                                                       postero.

"Non cercare di sapere, tanto non è lecito (saperlo), quale fine gli dei abbiano stabilito per me e quale per te, Leuconoe, e non tentare la sorte. Quanto è meglio sopportare qualunque cosa accadrà, sia che Giove ti abbia assegnato più inverni(ancora da vivere), sia che (ti abbia dato) come ultimo (questo) che ora fiacca il mar Tirreno su opposte scogliere: sii saggia, filtra i vini e recidi per un breve spazio una lunga speranza. Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso: cogli l'attimo, confidando il meno possibile nel domani."


Innanzitutto, è necessario precisare che nell'ode è presente un tono colloquiale, evidenziato sia dal pronome personale "tu" all'inizio del primo verso, sia dall'accenno al mare in tempesta, sia dall'anafora del quem, aggettivo interrogativo che tra l'altro, precede i pronomi personali (il primo è "quem mihi", il secondo "quem tibi"). 
La sintassi del componimento è prevalentemente paratattica.


Il poeta, raggiunta ormai la maturità della vita, si rivolge a una giovane ragazza, Leuconoe (questo nome significa: "ragazza dalla mente candida") che attende con ansia la sua vita futura e che desidera ardentemente realizzare le sue aspettative e i suoi sogni. Il poeta le consiglia di non coltivare delle speranze che potrebbero rivelarsi vane e la esorta a godere fino in fondo il presente, in particolare, le gioie e le soddisfazioni che esso le offre quotidianamente.

Orazio quindi invita a vivere con intensità ogni attimo, valorizzando il presente. 

Quando in classe abbiamo letto per la prima volta quest'ode, mi è subito venuto in mente il mio modo di vivere, o meglio, di non vivere, o meglio ancora, di vivere piuttosto male il presente. Io ho due grandi sogni: penso molto spesso non solo a tutto ciò che di meraviglioso potrei fare quando diventerò una buona insegnante ma anche all'immensa felicità che mi darà una persona disposta ad amarmi per quella che sono.  


La mia mente crea moltissime immagini riguardanti le mie grandi speranze e i miei grandi progetti per la mia vita adulta. Io credo nel mio avvenire e questo è un aspetto molto positivo, ma al contempo tendo a considerare il presente come se fosse soltanto "il tempo delle fatiche e dei sacrifici", ovvero, come se fosse un tempo in cui io devo assolutamente praticare uno studio assiduo e un'intensa analisi introspettiva (entrambe comportano impegno e fatica) al fine di realizzare un domani sereno.

A volte sono così idealista da credere per davvero che il mio avvenire sarà privo di delusioni e pieno di felicità, amore, tranquillità...

E' molto importante per me ammettere anche un'altra cosa: (anche perché ho 18 anni e a quest'età è necessario imparare ad essere sinceri con se stessi) piuttosto spesso, nella mia quotidianità, sono incline a prestare un'eccessiva importanza agli aspetti negativi    

( ovvero, a interiorizzare i piccoli torti che mi vengono fatti) mentre attribuisco un'importanza molto relativa agli aspetti positivi del mio presente (quindi alle piccole soddisfazioni e ai sentimenti di benevolenza che alcune persone provano nei miei confronti).                         

Vivo proiettando me stessa nel futuro. E non sono una persona completamente felice.  

Ma forse nessuno al mondo potrà mai raggiungere la completa felicità e la piena realizzazione di sé. 
Probabilmente, anche nella mia vita futura di donna adulta dovrò incontrare qualche ostacolo e dovrò attraversare dei periodi difficili. 

Credo anche che l'insegnamento di Orazio non sia valido soltanto per le persone come me ma anche per tutti coloro che vivono immersi nei ricordi di un passato felice e che si rifugiano in quell'epoca passata provando un senso di sfiducia nei confronti di un presente (magari doloroso).

Talvolta la realtà può essere veramente sconcertante e tragica, ma bisogna affrontarla cogliendo tutti quei piccoli segni di amore e di solidarietà che ci circondano.
Bisogna vivere, comunque.









1 novembre 2013

Notte desolata


Nella prima metà del mese di ottobre hanno purtroppo perso la vita centinaia di immigrati clandestini che cercavano di raggiungere le coste italiane per realizzare il sogno di una nuova vita. Ho composto una poesia per ricordarli e per riflettere su queste terribili tragedie.


Burrascose onde
travolgono
le giovani vite
di uomini 
che vagano
alla ricerca
di dolenti speranze.




Un vento
freddo e impetuoso
penetra
nei loro occhi inerti,
spalancati
nell'immensità
di un cielo notturno
che accoglie
le loro anime
dilaniate
dal dolore.


Solo le stelle
cantano
struggenti melodie
che si diffondono
nel silenzio
di una notte
buia e desolata.

I progressi della scienza e l'etica della responsabilità


Nel suo trattato “Galileo 2001”, illustrando alcune considerazioni personali che riguardano il progresso scientifico avvenuto negli ultimi anni, Umberto Veronesi afferma che
la bioingegneria, ovvero, la possibilità di modificare alcuni geni nelle piante e negli animali, potrà, in un futuro prossimo, sconfiggere il problema della fame grazie a piante resistenti ai parassiti, mentre la scoperta della natura e della funzione del DNA, permette agli esseri umani di padroneggiare il codice della vita e di coronare così l'antico sogno di dominare la natura. 

L'uomo infatti, ha iniziato a coltivare tale ambizione sin dai tempi di Francesco Bacone, filosofo e scienziato seicentesco, convinto che la scienza abbia il compito di dominare la natura attraverso lo studio dei fenomeni naturali. Tuttavia, Veronesi ritiene giusto considerare in modo molto attento l'etica della responsabilità allo scopo di indirizzare le potenzialità della scienza a fini utili e vantaggiosi per l'umanità. 


A tal proposito, il fisico italiano Carlo Rubbia asserisce che tra i settori di ricerca scientifica, i progressi più significativi sono stati raggiunti nell'ambito della vita e quindi divengono indispensabili sia le esigenze dell'etica sia il bisogno di considerare l'essere umano nella sua integrità. L'uomo deve assumersi la responsabilità delle proprie azioni nell'ambito scientifico, considerando non soltanto i dati tecnici ma anche l'importanza della persona umana.

L'opinione del matematico Tullio Regge è molto simile a quella di Rubbia, dal momento che attribuisce la responsabilità dell'utilizzo delle scoperte scientifiche non solo agli scienziati, ma anche ai politici, ai tecnici e agli uomini d'affari che, se sottovalutano il bene dell'umanità, realizzano progetti economici proficui dal punto di vista del denaro ma dannosi per l'ambiente.
Regge esorta inoltre a”lavorare insieme” affinché si promuova l'intero progresso umano e “questi disastri (ambientali) non accadano più”.


Da una parte quindi la scienza ha ottenuto in ambito medico grandi risultati; tra questi è importante menzionare la possibilità di produrre molta insulina per curare il diabete mentre dall'altra il progresso scientifico ha causato mediante esperimenti disumani, la morte atroce delle vittime del regime nazista e la distruzione delle città giapponesi Hiroshima e Nagasaki alla fine della Seconda Guerra Mondiale. 
Alla luce degli eventi storici, è importante ricordare le parole di Papa Benedetto XVI, che mette in guardia da una scienza utilizzata in maniera poco lungimirante ”senza salvaguardare i criteri che provengono da una visione più profonda”. 
Il Pontefice, intendendo esprimere una forte apprensione sia di fronte ai rischi ambientali che potrebbero causare allarmanti variazioni climatiche, sia di fronte alla fabbricazione di armi da guerra sia a tutte le iniziative di stampo tecnico-scientifico che compromettono la vita umana, afferma che: “ Ci sono illusioni alle quali non ci si può affidare senza rischiare conseguenze disastrose per la propria e l'altrui esistenza”.

Da parte di tutti gli uomini sarebbe necessario attuare il principio di precauzione alle scoperte scientifiche in modo tale da assicurare vantaggi alla nostra vita e anche a quella delle generazioni future.
Questo principio, basato su forti implicazioni morali e sociali, invita l'uomo a limitare le applicazioni della scienza nell'attività umana, per evitare danni all'ambiente, alla salute umana e animale. 

La conferenza di Rio del 1992
Nella Conferenza sull'ambiente di Rio che si è svolta nel 1992, si dichiara che: “Per proteggere l'ambiente, un approccio cautelativo dovrebbe essere utilizzato dagli Stati in funzione delle proprie capacità... ” .
Esso suggerisce ad esempio la ricerca di soluzioni alternative all'utilizzo dei combustibili fossili, ritenuti una delle maggiori cause dei cambiamenti climatici.

Le applicazioni della scienza nella vita umana devono quindi essere regolate per rendere i progressi tecnologici utili e proficui per il genere umano.