A settembre si respira il profumo dei grappoli maturi, si ammira una leggera foschia mattutina che abbraccia il cielo azzurro, ci si sofferma con lo sguardo sui luminosi raggi del sole che illuminano le foglie degli alberi ancora verdi.
Siamo in un periodo in cui bambini e ragazzi sono appena ritornati a scuola e in cui gli studenti universitari si stanno preparando per il nuovo anno accademico.
Per colpa della stupidità umana però, settembre è divenuto uno dei mesi più disgraziati dell'anno, perché ricominciano anche le vere e proprie "monade" televisive, perdonatemi la parolaccia nel mio dialetto che però ci sta!
Ricomincia "Uomini e donne", si annuncia già l'inizio del "Grande fratello" e, a partire da quest'anno, ci sarà anche la prima edizione di "Temptation Island vip". Ah, quindi non bastava l'edizione estiva senza vip di quest'ultimo programma?!!
Rivedrete coppie i cui componenti non sanno nemmeno lontanamente cosa significano "amore", "tenerezza" e "rispetto"! Rivedrete degli adulti irresponsabili, grossolani e spaventosamente immaturi.
E nei prossimi giorni, quando sarete online, vedrete sicuramente i commenti di diversi youtubers, vuoti quasi quanto i concorrenti e i conduttori di questi programmi, su questa prima edizione di "Temptation Island vip".
Io, anche con il prossimo post, cercherò di reagire come posso a questo genere di sotto-cultura.
Genesio è uno dei personaggi del romanzo Ragazzi di vita di Pasolini. E' il protagonista del capitolo ottavo del libro.
Quindi stasera e nei prossimi giorni potrete leggere la mia personale analisi di questa parte di romanzo. E capirete quanto male stanno i ragazzini che si trovano costretti a vivere, ogni giorno, con genitori che non si amano e che non si rispettano.
Cosa credete, i concorrenti di Temptation Island non si rendono conto di quanto è importante essere impegnati con una persona! Non sanno, o forse non vogliono sapere che impegno e che gioia comporta la possibilità di divenire genitori! (I concorrenti sono tutti dei possibili futuri genitori, purtroppo).
AVVERTENZA!! Prima di iniziare vorrei aggiungere un'ulteriore precisazione. Questo e anche il prossimo post potrebbero impressionare i lettori particolarmente sensibili. Non sto impedendo a nessuno di leggere, voglio solo avvisare, per uno spiccato senso di correttezza.
Io per esempio ho fatto fatica ad addormentarmi alla fine della lettura di questo romanzo, incluso nella bibliografia del programma di un mio esame triennale. Una notte mi sono addormentata tardi perché pensavo alla tragica situazione sociale e familiare di questo ragazzino.
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Il capitolo ottavo di Ragazzi di vita, che tra l'altro è anche l'ultimo, inizia così:
"Era la domenica dopo mattina. Tutto il bel paesaggio che si poteva godere dall'autobus di San Basilio, nel lungo pezzo di strada senza fermate da Tiburtino a Ponte Mammolo, pareva fosse formato da tanti meravigliosi pezzi immersi nell'azzurro del cielo, da lì, sotto la scarpata, fino ai monti di Tivoli, che, svaniti contro un po' di vapore, circondavano le campagne tutte punteggiate d'alberi, ponticelli orti, fabbriche e case."
Lo avrete probabilmente intuito leggendo certi nomi propri dei luoghi sopra menzionati: ci troviamo a Roma; ed è la Roma degli anni '50. Però in quale luogo della città esattamente?
C'è un motivo ben preciso se vi ho sottolineato le ultime due righe. Orti, fabbriche, alberi e ponticelli possono tranquillamente esserci in alcune zone di una città, ma dove esattamente? Soprattutto nelle cosiddette "borgate", luoghi in cui la miseria economica, morale e culturale regnavano sovrane, almeno fino a 60 anni fa.
Le borgate sono abbastanza distanti dalle zone del centro di Roma, abitate e frequentate dai borghesi.
Sono ambienti che non appartengono né al mondo cittadino né al mondo rurale: ci sono sì degli elementi della natura ma ci sono anche elementi inquinanti, emblemi di sfruttamento del proletariato e di ingiustizia sociale: le fabbriche.
Nelle borgate romane non vivono i "proletari", ma i "sottoproletari", ovvero, tutte quelle persone che non sono dotate di una coscienza di classe, che non studiano e non lavorano, ma vivono di piccoli espedienti. I sottoproletari non sono alfabetizzati, sono politicamente disinformati e i più giovani solitamente non sanno distinguere il bene dal male. Compiono il male per sopravvivere (rubano) e non ne sono consapevoli, perché non sanno cosa significa l'onestà.
I proletari invece; e questo lo dimostra il romanzo di Pratolini Il quartiere, hanno un'istruzione elementare, coltivano la loro fede religiosa, lavorano con zelo e con sacrificio, sono persone semplici che credono nella famiglia.
Pasolini viene a conoscenza del triste mondo del sottoproletariato proprio negli anni' 50: lui all'epoca era un giovane trentenne, insegnante di Lettere alle medie, con aspirazioni verso la carriera di regista.
Vivendo per alcuni anni a Roma, egli esplora zone disprezzate dalla borghesia, la sua classe sociale di provenienza.
"(...) dei ragazzi delle borgate osserva e annota il lessico, gli atteggiamenti e i comportamenti, ma non lo fa con il distacco dello scrittore naturalista, bensì con un forte coinvolgimento umano ed emotivo.", scrive Carnero nell'ultimo volume del manuale scolastico Al cuore della letteratura.
Poche righe dopo, nel romanzo:
"Tutto pareva verniciato a fresco, dopo la pioggia della sera prima, pure l'Aniene che, con la sua curva tra i campi, le distese di canne, le catapecchie, si snodava per i Prati Fiscali giù verso Monte Sacro. A godersi quel bel panorama, nell'autobus vuoto e arroventato, erano due carabinieri."
E' piena estate. C'è sole e caldo. La pioggia del giorno prima ha "lavato via" la polvere e si è fatta garante del cielo limpido.
Due carabinieri sono sull'autobus. Per quale motivo?
Perché stanno cercando Genesio, al quale certi compagni di avventure hanno attribuito un grave atto di bullismo che egli non ha commesso e di cui voi saprete nel prossimo post.
L'Aniene è un fiume che scorre tre i campi e le zone periferiche di Roma. E' un affluente del Tevere.
Seduti su una riva dell'Aniene, tra i canneti, ci sono tre fratelli: Genesio, Borgo Antico e Mariuccio.
Genesio è il più grande; il secondogenito è conosciuto attraverso quello strano soprannome (in Ragazzi di vita alcuni personaggi sono conosciuti ai lettori soltanto attraverso i loro soprannomi) e il terzo, decisamente un bambino, è Mariuccio.
Con loro c'è anche il cane Fido, che è affezionato loro più o meno come lo è a me il mio gatto.
Ad un tratto, Genesio prende in braccio Fido.
"(...) Genesio, ch'era buono di cuore e sempre combattuto, povero ragazzino, dalle emozioni e dagli affetti, nascondeva tutto dentro di sé, e parlava meno che poteva per non scoprirsi."
Io ho notato che Pasolini inserisce soltanto per questo personaggio una breve connotazione psicologica. Soltanto per Genesio. Perché, come avrete modo di comprendere più in basso, credo ci sia stata, nella composizione del libro, una sorta di identificazione tra Pasolini e Genesio.
"(...) nascondeva tutto dentro di sé": perché è il figlio più grande e di conseguenza è quello che sente maggiormente il "doloroso peso" di vivere in una non-famiglia.
Per quali motivi uno dovrebbe essere riservato? Ce ne sono diversi: per paura dei giudizi altrui, spesso taglienti, perché magari non ci si sente abbastanza in sintonia con gli altri, perché si è soli e non si ha nessun punto di riferimento con cui confidarsi o semplicemente perché a volte non si ritiene necessario rivelarsi agli altri.
La verità è che Genesio è solo. Ha i due fratellini e si sente responsabile nei loro confronti, per cui non può piangere di fronte a loro; se piangesse, priverebbe Mariuccio e Borgo Antico della certezza di poter confidare in lui. Genesio sente di dover essere forte per i suoi fratelli, almeno per loro.
Più o meno funziona così tra fratelli, vero?
Il più grande (come anche il figlio unico) ha una percezione più profonda e consapevole della propria situazione familiare e conosce bene limiti e fragilità dei propri genitori. Ma con i fratelli minori cerca di non parlare molto sia di ciò che non gli piace della sua famiglia di origine sia di ciò che lo fa soffrire se vive all'interno di una situazione familiare drammatica.
Essere considerato un modello, un esempio, una sicurezza, una persona forte da chi è più giovane lo fa stare meglio.
Genesio però non ha nessuna guida, nessun conforto umano a cui confidare la rabbia e il dolore che si porta dentro. Nessuno che sia ancora più grande di lui e che possa comprenderlo e ascoltarlo. Nessuno che possa risolvere la sua terribile situazione familiare. In questo senso è solo.
... A una persona così, seppur giovanissima, è già crollato il mondo addosso!...
"Il cagnoletto sul suo grembo si stava quasi a appennicare: ma tutti quattro, quella mattina, morivano di sonno: era la loro prima mattina di libertà (...)".
Già. Di libertà dal degrado morale degli adulti, soprattutto.
"La madre di Genesio, di Borgo Antico e di Mariuccio era una marchigiana che chissà in che modo, durante la guerra, aveva sposato un muratore di Andria. Beccava ogni giorno, povera donna, e s'era ridotta a fare una vita peggio delle bestie. Eppure, come lei diceva nei momenti di tregua alle vicine, ci teneva ancora alla buona educazione dei figli."
Ma come si fa a picchiare una donna che ti ha dato tre figli???!!!
Se fino ad un istante fa non stavate più nella pelle perché volevate scoprire in che senso la famiglia di Genesio è, come l'ho definita nel titolo, "una famiglia distrutta", ora ve ne siete resi conto. Ma volevo che fosse l'esatto punto del testo a svelarvelo.
In questo passaggio però è evidente la rabbia di Genesio:
"Genesio, fumando seriamente, se ne stette un po' zitto, poi fece ai fratelli: « Mo' quanno che semo grandi ammazzamo nostro padre ».
«Pure io» , disse pronto Mariuccio.
«Tutti e tre assieme», confermò Genesio «l'avemo da ammazzà! E poi se n'annamo a abbità da n'antra parte co' mamma».
Sputò la cicca in acqua, con il suo sguardo serio e diritto che luccicava un po' umido.
«L'avrà menata pure stamattina» fece. Stette zitto per un po' per riuscire a vincersi, e poi ripetè con la sua solita voce sorda e inespressiva: «Mo quanno che semo grandi je famo vede noi je famo vede»."
Genesio trattiene le lacrime, pur soffrendo indicibilmente. Ha uno sguardo "serio e diritto che luccicava un po' umido".
Si diceva poco prima che i giovani sottoproletari non sanno distinguere il bene dal male. Non è così nel caso di Genesio, con gli occhi pieni di lacrime che non vuole far scendere sulle guance.
Questo ragazzino è cresciuto con un sentimento di pietà e di benevolenza verso la madre e con una forte avversione verso il padre.
A casa sua, quotidianamente il male distrugge una sana prospettiva familiare di dialogo e di amore.
Lo stesso Genesio è diviso tra bene e male: desiderio di proteggere la madre, voglia di eliminare il padre, personificazione del male.
Qualche considerazione linguistica mi sembra giusto farla: notate che Genesio parla in romano, tipo di italiano della zona in cui abita.
Questo è un elemento volto a conferire realismo al personaggio.
A Roma, come anche in alcune zone del Meridione, si tende a dire "quanno" anziché "quando".
In queste aree, la "d" dentale sonora di "quando" viene assimilata dalla "n": assume quindi del tutto i tratti di una nasale.
Anche per noi al nord è facile collegare a "menare" il senso di "picchiare".
"Annamo" romano è corrispondente all'italiano "andiamo". In Veneto diciamo "nemo", senza doppie e soprattutto con la "e" come vocale chiusa.
Pare che il verbo "andare" derivi da una forma latina non molto frequente nelle versioni d'autore: "vàdere".
Quanto a quel finale "glielo facciamo vedere noi", a Verona è completamente diverso: "Ghe la femo vedar noantri".
Ma quanti anni ha Genesio? Vi starete chiedendo. Facciamo 14? No, non è pressapochismo il mio. Anche se l'autore del romanzo non specifica la sua età, è facile che ne abbia 14.
Lo si potrebbe intuire poche pagine più avanti, quando Genesio e i suoi fratelli incontrano il Riccetto, ragazzo più grande di loro che già compare nel primo capitolo.
All'inizio del romanzo Riccetto ha 14 anni, alla fine 20.
Il Riccetto, conoscendo la loro situazione e i loro guai, per un istante li commisera, perché pensa a quando aveva la loro età ed era "disprezzato dal mondo", quindi senza la benché minima attenzione degli adulti, costretto a rubare per sopravvivere. Per un attimo dunque, il Riccetto si ricorda il suo passato personale e dunque sa che la sua quotidianità di adolescente non era troppo diversa da quella di Genesio!
I ragazzini detestano la violenza, fisica e verbale. Chiunque eserciti su di loro o sulle persone che loro amano una qualsiasi forma di violenza, non ha (giustamente) alcuna possibilità di conquistarsi la loro stima. Mi sembra una elementare nozione di pedagogia questa!
Personalmente, credo che Pasolini si sia abbastanza identificato in Genesio, perché, pur essendo borghese, la sua situazione familiare era simile: suo padre era un militare che abbastanza spesso tornava a casa ubriaco e che quindi abbastanza spesso metteva le mani addosso alla madre del futuro scrittore.
Pier Paolo Pasolini era il primo di due figli.
Da ragazzino, Pier Paolo aveva sofferto un sacco a causa dei comportamenti violenti e aggressivi del padre. Crescendo, anch'egli aveva sviluppato un senso di profonda pietà e di grande benevolenza verso la figura materna. Probabilmente da bambino e da adolescente avrebbe voluto "portarsela via", lontano da un marito violento.
La seconda guerra mondiale ha avuto un risvolto positivo, in fin dei conti, ma uno soltanto: ha allontanato il padre di Pasolini come combattente in Africa, dove poi è stato fatto prigioniero dall'esercito inglese.
Nel '43 Pier Paolo si stava già laureando in Lettere: aveva terminato tutti gli esami con un paio d'anni di anticipo rispetto alla norma.
Era geniale. Triste ma sorprendentemente geniale!
Purtroppo però, per sfuggire ai bombardamenti che danneggiavano Bologna, città in cui studiava, aveva dovuto rifugiarsi a Casarsa, paesino friulano, luogo natale della madre.
Con una perfetta complicità con la figura materna, aveva fondato una scuola per i figli dei contadini e qui aveva intuito la sua vocazione all'insegnamento e aveva iniziato ad apprezzare la semplicità e la genuinità dei poveri.
A causa della guerra, Pasolini si era laureato con 110L nel novembre del '45.
Concludo il post con una considerazione molto significativa che il mio docente di Letteratura Italiana moderna e contemporanea fa nel suo saggio dedicato a Pasolini e intitolato Morire per le idee.
"I ragazzi di vita sono ragazzi nati e vissuti in un ambiente sociale privo di certezze: non c'è la sicurezza del lavoro, ma neanche quella della casa e della famiglia. Gli adulti sono ostili, abbruttiti dalla fatica e dalle frustrazioni: il rapporto tra le generazioni è segnato da una sorda e rancorosa ostilità reciproca. In assenza del cerchio protettivo degli affetti, i ragazzi sono costretti a crescere in fretta, a imparare presto ad arrangiarsi, a vivere di espedienti. I rapporti con gli adulti sono fortemente conflittuali, fino ai limiti estremi dell'aggressione fisica e finanche all'omicidio. Alla fine del settimo capitolo Alduccio litiga con la madre e cerca di accoltellarla, mentre Genesio promette ai fratellini che, una volta diventati grandi, uccideranno il padre."
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