Con domani termina il tempo di Natale e il 10 gennaio sarà la domenica in cui ci si ricorderà del Battesimo di Cristo. Fino ad allora si potranno tenere addobbi, albero e presepe (quest'anno mi dispiace davvero troppo toglierlo!)
Non so trovare un titolo migliore a questo post, ma vorrei qui proporvi la strofa di una poesia anglo-americana, un breve estratto del libro Semplice come il Natale di Fra' Mattia Negri e due dipinti sul Battesimo di Cristo.
"MUSEE DES BEAUX ARTS", W.H. AUDEN, 1940:
Nel 1938, Auden, poeta americano (nato a New York nel 1907), visita il Museo delle Belle Arti di Bruxelles. Rimane particolarmente colpito da alcuni dipinti di Pieter Bruegel, pittore olandese vissuto nel XVII° secolo. Sono soprattutto le opere di Bruegel a permettergli di sviluppare delle considerazioni sulla sofferenza umana che trascende spazio e tempo e riguarda ogni essere umano sulla Terra.
La poesia è composta da due strofe: la prima si riferisce ai dipinti relativi alla Natività di Gesù, l'altra invece riguarda un tema mitologico sviluppato a partire dall'osservazione del dipinto Paesaggio con la caduta di Icaro.
A me però qui interessa presentare e tradurre soltanto la prima strofa. Perdonate la mia traduzione abbastanza letterale.
About suffering they were never wrong,
The Old Masters: how well they understood
Its human position: how it takes place
While someone else is eating or opening a window or just walking dully along;
How, when the aged are reverently, passionately waiting
For the miraculous birth, there always must be
Children who did not specially want it to happen, skating
On a pond at the edge of the wood:
They never forgot
That even the dreadful martyrdom must run its course
Anyhow in a corner, some untidy spot
Where the dogs go on with their doggy life and the torturer's horse
Scratches its innocent behind on a tree.
Sulla sofferenza non hanno mai avuto torto
i Grandi Artisti: quanto bene avevano compreso
la condizione umana: come (questa) si fa spazio
mentre qualcun altro sta mangiando o sta aprendo una finestra o sta soltanto camminando pigramente
come, quando i vecchi stanno aspettando con riverenza ed entusiasmo
la miracolosa nascita, ci devono sempre essere
bambini che non desideravano in particolar modo che avvenisse mentre pattinano
lungo uno stagno alle soglie di un bosco,
loro (i vecchi) non hanno mai dimenticato
che anche il terribile martirio deve fare il suo corso
anche se in un angolo, in qualche luogo disordinato
dove i cani proseguono la loro vita animale e il cavallo del torturatore
graffia il suo innocente dietro un albero.
vv.3-4: la sofferenza c'è sempre, nel passato e nel presente. Mentre qualcuno sta aprendo una finestra dall'interno di casa sua o anche mentre sta semplicemente mangiando, qualcun altro, da qualche parte, soffre per qualcosa o per qualcuno o comunque subisce un'ingiustizia che genera una sofferenza atroce. Nel mondo e nelle vite quotidiane, male e bene sono compresenti.
v.6: for the miraculous birth: espressione riferita a una natività, non sappiamo se si tratta di un dipinto di Bruegel.
v.10: Dreadful è sinonimo di terrible, awful, appalling.
Martyrdom: questo sì che è un quadro di Bruegel che raffigura il massacro degli innocenti in un modo singolare:
Il massacro è ambientato in un villaggio fiammingo innevato, quindi già per questo è un modo davvero insolito di rappresentare un episodio biblico. Più che una strage sembra il saccheggio di un villaggio da parte di soldati che sopraggiungono con lance e cavalli anche dallo sfondo.
Personalmente, mi sento più coinvolta dalla rappresentazione di Giotto degli Scrovegni: lì il dolore e lo strazio traspaiono bene dai volti delle madri, che tra l'altro si trovano in primo piano a destra della composizione.
Qui in Bruegel invece, per quanto possa apparire suggestivo il villaggio innevato, mi sembra che manchi il pathos: ci sono molte figure ma di nessuna di esse lo spettatore può scorgere il volto in modo chiaro.
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ESTRATTO DA "SEMPLICE COME IL NATALE":
L'ho conosciuto, Fra' Mattia. E', oltre che un religioso appartenente ai frati minori dell'Umbria, un ottimo e attento educatore.
Era venuto per una paio di giorni nella mia parrocchia, nel periodo in cui ero all'inizio del corso magistrale e animatrice, per tentare di far comprendere agli animatori delle giuste e umane modalità pedagogiche ed educative per interagire con pre-adolescenti e adolescenti. Sapete che vi dico?(tanto posso dirlo, sono fuori da quasi un anno da quell'ambiente malsano di maleducazione, arroganze e pettegolezzi). Ha detto certamente molte cose interessanti, ma ha sprecato il suo tempo, ha buttato le perle ai porci proprio!!
Ad ogni modo a me, di nascosto dagli altri, aveva regalato un suo libro.
Semplice come il Natale è composto da due parti e la prima è costituita da una serie di brevi capitoli in cui si ripercorre, con afflato poetico e con grande sensibilità nell'entrare nello stato d'animo degli "eroi del Natale", degli episodi evangelici importanti: l'annunciazione a Maria, la visita ad Elisabetta, il viaggio di Maria e Giuseppe da Nazareth a Betlemme, i pastori che accorrono presso Gesù, il viaggio dei Magi...
Ho scelto di riportarvi il testo del capitolo Cielo stellato. Non si tratta di una scelta casuale.
Finora questo 2021 non mi sembra granché: il virus c'è eccome (eh certo, non può sparire fra la notte del 31 dicembre e la mattina del 1 gennaio!), i numeri di ricoveri e contagi non calano più e... potrebbe iniziare una guerra civile negli Stati Uniti. Adesso è ancora più evidente che Trump, oltre a non voler consegnare la presidenza a Biden, ha diviso l'America.
Non gli permetterà mai di governare.
Per cui, almeno per qualche minuto, questo testo di Fra' Mattia distoglie un po' dalle preoccupazioni e dai gravi problemi del mondo, ricordandoci che, per quanto sia ignoto e incerto il futuro, noi umani siamo fatti per sognare e per sperare.
Leggetelo lentamente e attentamente e poi, consiglio mio, rileggete quella frase che vi ha colpito di più (io qui sotto riporterò la mia):
Il cielo affascina con miriadi di luci che lo abitano, e la sua notte trapuntata di stelle rapisce gli occhi di tanti che gli hanno consegnato il sonno aprendo il cuore alla meraviglia. La sua volta, solo apparentemente piatta, custodisce profondità nascoste, percorse da una luce che serba il ricordo di distanze abissali. Distanze di spazio e di tempo da percorrere a ritroso se si vuole accedere alla biblioteca del firmamento, che in ogni suo antico scaffale, conserva libri che narrano storie di costellazioni. E ogni pagina di cielo narra vicende lontane che si sono intrecciate con il destino degli uomini; pagine scritte nei cieli dal dito di Dio e trascritte dal dito dell'uomo sulla terra. Pensieri di cielo trascritti su carte lasciate alla custodia di antiche biblioteche nel mondo perché, giunto il tempo propizio, la ricerca insaziabile di qualche sapiente potesse credere che ciò che è scritto in cielo si realizza talvolta sulla terra.
Storie scritte nel cielo che risvegliano storie scritte nell'intimo dell'uomo, spazio celeste che rianima lo spazio celato nell'intimo di ogni individuo. Pagine che si trasformano in mappe dove le stelle divengono bussole capaci di dare una direzione alla vita, di coronare sogni, di mettere nell'anima il desiderio di viaggi verso terre lontane per prendere parte a eventi che possono dare un senso nuovo alla storia e cambiarla per sempre.
E se la stella polare ha guidato tanti marinai donando loro la rotta verso la meta, un'altra stella ha guidato chi ha cavalcato le onde del deserto per dare corpo a un'intuizione, per raccontare con la vita che vale la pena mettersi in gioco anche quando la meta è solo intravista. Perché talvolta i lineamenti dell'obiettivo si tratteggiano solo lungo il percorso.
-Il cielo affascina con miriadi di luci che lo abitano, e la sua notte trapuntata di stelle rapisce gli occhi di tanti che gli hanno consegnato il sonno aprendo il cuore alla meraviglia.
La frase che mi ha colpita è proprio la prima ed è legata ad un sogno che ho fatto ieri notte: era metà luglio. Nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Bussolengo Don Marco veniva per la seconda volta ordinato sacerdote. Più nessuno portava la mascherina, la chiesa era affollata e festosa. E io non riuscivo a smettere di piangere.
Piangevo per una serie di motivi, più che altro legati agli stress subìti: perché avevo da pochissimo terminato l'Università (portavo, nel sogno di ieri notte, la corona d'alloro), perché la pandemia era da pochissimo finita, perché finalmente io e i miei amici, tutti seduti o accanto a me o nelle file poco più indietro, potevamo ritornare a radunarci e quindi a coltivare i nostri rapporti oltre le occasioni di servizio parrocchiale, perché il ragazzo che mi sta a cuore era inaspettatamente diventato più alto, più robusto e mi sorrideva accanto.
Anch'io a volte ho l'impressione che il cielo sembri un'immensa e misteriosa città abitata da milioni, forse miliardi di stelle, che appaiono come delle luminose finestre lontane, aperte sulla vastità dell'Universo. Sono le stelle probabilmente a custodire i sogni (diurni e notturni) di ogni creatura del nostro pianeta, visto che desiderare, come scrive Frà Mattia qualche pagina più avanti, significa portare il cuore ad altezze stellari.
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GIOTTO, "IL BATTESIMO DI CRISTO", 1303 C.A.:
Anche questo dipinto fa parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni di Padova. Al centro della scena c'è Gesù, immerso fino a metà del busto nel fiume Giordano mentre riceve il battesimo da Giovanni Battista che si sporge in avanti da una rupe.
Dietro Giovanni ci sono un santo anziano e un giovane senza aureola, in attesa di essere battezzati. A sinistra compaiono quattro angeli che tengono le vesti di Cristo, pronti a ricoprirlo una volta terminato il rito. In alto, in una luce bianca e luminosa, Dio che, con un libro in braccio, si sporge a benedire il Figlio.
Altissima è la qualità del volto di Cristo, così come quello del Battista e dei due discepoli dietro di lui, ma, ad ogni modo, resta irrazionale il curvo livello delle acque che coprono Cristo ma lasciano asciutti gli altri presenti.
"IL BATTESIMO DI CRISTO", PIERO DELLA FRANCESCA, 1445:
Questo dipinto è ora conservato a Londra alla National Gallery ma era stato eseguito da Piero della Francesca su commissione dei monaci camaldolesi di Sansepolcro per onorare l'abate del loro ordine, Ambrogio Trasversari.
La figura di Gesù è al centro della composizione mentre a destra Giovanni Battista gli versa dell'acqua sulla testa. Al di sopra, la colomba, simbolo dello Spirito Santo, con le ali spiegate.
A sinistra, tre angeli che assistono al rito.
L'albero accanto a Cristo, in primo piano, è un noce, in ricordo dell'antica denominazione della valle su cui sorge Sansepolcro: Val di Nocèa. Questo albero però è anche un'allusione alla morte in Croce.
Sullo sfondo compare il nitido paesaggio collinare italiano: c'è una veduta della valle del Tevere con una cittadina (all'altezza del fianco destro di Cristo), cinta da mura. La piccola città è Sansepolcro, luogo natale del pittore.
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