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14 dicembre 2023

"AUTORITRATTO DI UN REPORTER", R. KAPUSCINSKI:

Il contenuto di questo libro si basa su interviste ad un reporter polacco che dà risposte a proposito del suo lavoro.

Rizard Kapuscinski è stato un corrispondente di guerra.

Autoritratto di un reporter è suddiviso in cinque parti che io e Matthias vi illustriamo.

I contributi di Matthias sono evidenziati in rosso.

PARTE PRIMA:

Queste prime pagine prevedono il viaggio come tema centrale.

Kapuscinski elenca le tipologie di viaggi: si viaggia certamente per godersi ferie e relax ma anche per necessità, per motivi di lavoro, per conoscere continenti e nuovi paesi oppure per allargare i propri orizzonti in ambito di conoscenze storico-artistiche.

In qualità di giornalista, Rizard ha dovuto compiere diversi viaggi etnografici per conoscere meglio il mondo, dotato di una assai vasta ricchezza culturale. 

Il viaggio etnografico comporta naturalmente fatiche fisiche ma anche intellettive dal momento che implica un'eccellente capacità di ascolto ricettivo.

Kapuscinski definisce la sua professione come quella di un traduttore ma non da una lingua ad un'altra, bensì da una cultura ad un'altra.

Il mondo è in effetti multiculturale, per questo è fondamentale che tra le culture si creino rapporti di di intesa e di collaborazione, non di dipendenza e di subordinazione.

Nel XXI° secolo il nostro pianeta è globalizzato. Lo dimostrano il proliferare di ristoranti etnici, le migrazioni, la diffusione di libri di autori extra-europei, il commercio di frutta, verdura e prodotti provenienti da luoghi esotici o molto lontani dal nostro.

Brevi riflessioni storico-sociologiche sul concetto di cultura e società:

Non riesco a trovare una definizione precisa ed esauriente di ciò che è "cultura". Per me la cultura è un concetto troppo liquido. 

Ricordo che nel 1912 Bronislaw Malinowski definiva la "cultura" come l'insieme di risposte ai bisogni di gruppi sociali: nessuna cultura vale più di un'altra o può essere considerata migliore di un'altra e non dev'esserci gerarchizzazione visto che sono solo diverse tra loro. 

Io invece trovo che certe culture siano migliori rispetto ad altre, per esempio si vive meglio nei paesi dove il diritto non equipara il peccato religioso al reato rispetto a dove il peccato religioso equivale ad un reato punibile con la tortura e con la pena di morte. Ma affermo questo a seconda della mia scala di valori che a livello oggettivo non riesco a giustificare.

Excursus storico-sociologico sul rapporto magia-religione-società

Il giornalista polacco, in questa prima sezione di libro, cita l'opera Il ramo d'oro di Frazer. Per questo autore la magia nasce prima nella religione. I popoli primitivi cercavano di dominare le forze della natura tramite la magia, poi si sono affidati agli dei e dunque alla religione. Per Frazer la religione era un impedimento per gli uomini perché non permetteva loro di comprendere il mondo naturale. In epoca industriale, con lo sviluppo della scienza, l'uomo diventa capace di spiegare concretamente la realtà.

Il testo di Frazer oggi per la sociologia è superato. 

Centovent'anni fa Durkheim lo ha criticato nel saggio Le forme elementari della vita religiosa, contestando innanzitutto il fatto che la magia fosse nota prima della religione e affermando inoltre che la religione fosse molto legata alla società e ai meccanismi sociali. 

Durkheim infatti pensava: "La società va a pezzi per la crisi della religione" dal momento che, a suo parere, la religione razionalizza l'ordine sociale, quindi le cerimonie e le rappresentazioni religiose esprimerebbero a suo dire delle realtà collettive e in quest'ottica i riti sono modi di agire che nascono in gruppi costituiti e che dunque riproducono gli stati mentali dei gruppi sociali stessi.

Secondo Durkheim quindi, religione e società non si possono scindere, altrimenti si finisce in stato di anonimia che lentamente porta al disfacimento.

A questo risponde Goffmann negli anni '50-60 dicendo che in realtà il sacro permane in microritualità presenti nelle interazioni quotidiane. Nel nostro complesso mondo contemporaneo ci sono vari spazi di socializzazione ed è difficile mantenere un'unitarietà. 

Perché per ogni spazio l'individuo deve adeguarsi ad un ruolo attoriale e gli altri pretendono il suo adeguamento in modo da rispettare tale sacralità. Quando ciò non avviene c'è il sacrilegio, comportamento che viene sanzionato.

PARTE SECONDA:

"Il mio pezzo, fortemente critico, si intitolava "Anche questa è la verità su Nowa Huta e il nostro giornale era riuscito a pubblicarlo. Nowa Huta era considerata la prova tangibile del nostro trionfo economico. Vi avevo lavorato da studente, conoscevo le sue terribili condizioni di vita e di lavoro. Quando l'articolo uscì, ci fu un gran baccano e dovetti nascondermi... Come nascondersi? Sì, mi dettero rifugio certi operai miei amici. Il baccano, comunque, durò a lungo. Alla fine fu creata una commissione per verificare le mie affermazioni. La commissione confermò tutto quello che avevo detto e... mi fu conferita la Croce d'oro al merito. Avevo ventitrè anni. Questo mi incoraggiò. Capii che scrivere era rischioso e che, in sostanza, lo scrivere non stava in ciò che si pubblicava, quanto alle sue conseguenze."

La seconda parte inizia con la narrazione di questo episodio. Ciò che si scrive tormenta e scuote le coscienze della gente.

Kapuscinski prosegue a rispondere poi ad altre domande, quasi tutte relative alla multietnicità e alla ricchezza notevole del mondo.

Ognuno di noi è legato agli altri. 

Eppure, quando era giovane, il dispaccio giornalistico lo costringeva a fare riassunti brevi e superficiali che appiattivano la ricchezza del mondo. Gli si diceva che solo lo scrittore di romanzi poteva permettersi di dilungarsi sulle sfumature, mentre invece il reporter era obbligato a condensare il più possibile le informazioni essenziali.

Questo compito del reporter non è facile, soprattutto perché ognuno di noi vede il mondo e la storia in modo diverso. Questo lo dimostra una cronaca del 1968 intitolata La notte di Tlateloco, relativa ad una tragedia raccontata da più di cento persone che vi avevano assistito e i loro racconti divergevano l'uno dall'altro.

Kapuscinski ci sta facendo capire che ognuno, in fin dei conti, è un mondo a sé e che essere noi stessi significa dibattere e accettare conflitti.

Ma se, come riteneva Pirandello, siamo Uno, nessuno e centomila, significa che anche la lettura degli eventi si possa considerare tale? 

Mi spiego meglio:

-La lettura degli eventi è una perché ci capita di pensare che la nostra visione sia la più corretta.

-Nessuna lettura dei fatti in realtà è quella più giusta perché nelle interpretazioni e nei ricordi umani non c'è oggettività.

-Le letture e le versioni degli eventi sono centomila perché ogni persona ivi coinvolta dà una propria interpretazione.

PARTE TERZA:

Oltre a viaggiare è importantissimo anche leggere.

"Di qualunque angolo della Terra ci si voglia occupare, c'è già stata scritta sull'argomento una quantità di libri impossibile da conoscere se non in minima parte. Come mi regolo nella scelta delle fonti? Molto dipende dall'intuito, che mi dice che cosa sia o non sia autentico. L'intuito è comunque aiutato dall'esperienza: sapendo come sono fatti il Brasile o la Tanzania, mi basta un particolare per distinguere il vero dal falso."

Le fonti sono molteplici ma, quelle più frequentemente utilizzate, sono : le testimonianze della gente, i documenti legali, i libri e gli articoli, l'ambiente con atmosfera e clima.

Insomma, il nostro sapere è la somma di più punti di vista.

PARTE QUARTA:

Afferma Kapuscinski:

"Considero il mio lavoro come una missione. Non scrivo per soldi o per successo (...)"

"La carriera mia aiuta a diffondere idee, valori e pensieri che voglio far arrivare."

Anche in questa sezione si valorizza la lettura e il reporter si sofferma sul "lettore di massa":

"Ci si lamenta della crisi del libro e del fatto che nel mondo non ci sia più dell'uno per cento dei lettori. Nello stesso tempo vengono fuori sempre più case editrici e sempre più libri. E' che la popolazione mondiale è in continua crescita. Però non bisogna scrivere per le masse: il lettore di massa è un lettore d'altro genere. Non tutti gli scrittori ci tengono ad avere un successo di massa."

La lettura è un'attività elitaria. Lo è sempre stata e sempre lo sarà. Sono presenti più case editrici e scrittori perché i costi di accesso sono diminuiti esponenzialmente. Ma non mi sembra che vendano migliaia di libri, almeno qui in Italia, dove si legge poco.

Comunque penso che una persona non potrebbe mai leggere tutti i libri che possono portare conoscenza.

PARTE QUINTA:

Quest'ultima sezione è dedicata ai media. Leggete bene come Kapuscinski considera il ruolo dei media nel XXI° secolo:

"L'atteggiamento dei media mondiali nei confronti del Terzo Mondo è cambiato. I media si concentrano sempre di più sulle società sviluppate. Se proprio devono parlare del Terzo Mondo, lo fanno soprattutto in occasione di qualche massacro, come in Ruanda, o quando accade qualcosa di veramente incredibile e drammatico. Non informano sulla vita quotidiana della gente. I giornalisti sono rimasti gli stessi di prima, quello che è cambiato è il tipo di servizio richiesto: sono i capi dei media a non trovare interessanti quegli argomenti. La verità è che i "media" si concentrano sui "picchi" del mondo, mentre i "bassi strati" vengono completamente ignorati."

Penso che non ci sia mai stato interesse per le società del Terzo Mondo, anche perché la maggior parte di quello che succedeva là aveva minime conseguenze qui. Ora con le maggiori connessioni e la maggior velocità di viaggi e comunicazioni ci sono più influenze ma l'interesse è rimasto tale. Per me sono le persone che non trovano interesse altrimenti ci sarebbe più domanda e le tv si adeguerebbero.

A me colpisce molto il modo in cui questo giornalista reporter parla della verità. Entrambi vi invitiamo a riflettere su questo estratto:

"Lo sviluppo dei media ci ha posto davanti a uno dei principali problemi etici, quello della verità e della menzogna. Nel Medioevo, il mezzo di comunicazione era la lettera. Se chi scriveva mentiva, ingannava una data persona. Poi Hitler riuscì ad ingannarne quaranta milioni e Stalin duecento. Oggi certi programmi televisivi vengono seguiti da un miliardo di persone. Se c'è dentro una bugia, verrà moltiplicata miliardi di volte e il peso dell'abuso diventerà incomparabilmente maggiore. Per questo è così importante che i processi di democratizzazione in atto vadano a buon fine. Solo la democrazia può limitare la sfera d'azione della menzogna."


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