Visualizzazioni totali

25 aprile 2025

"Venti mesi", Renzo Segre- commemorazione del 25 aprile:

8) IL 25 APRILE E LA RESISTENZA


 

Venti mesi è il diario scritto tra l'8 settembre 1943 e l'8 maggio 1945 da Renzo Segre, ebreo che, durante quei venti mesi di guerra civile in Italia, si è trovato costretto sia ad allontanarsi, con la moglie Nella, dai genitori anziani, sia a farsi fare documenti falsi per sfuggire alla deportazione.

Questo diario biografico, fatto pubblicare postumo dalla figlia Anna Segre, su consiglio di Primo Levi e di Natalia Ginzburg, include vicende drammatiche ambientate nei dintorni di Biella.

A) SETTEMBRE 1943:

La situazione peggiorava rapidamente. Ci giungevano intanto le prime notizie su catture di ebrei da parte di apposite squadre di SS: a Meina, sul Lago Maggiore, intere famiglie di ebrei, colà riunite, erano state trucidate e buttate nel lago. Tra loro una famiglia composta di padre, madre , tre bambini e il nonno settantacinquenne. Dopo aver ucciso i parenti, i tre fratellini, legati insieme con il filo di ferro, una bambina fra i due maschietti, erano stati così gettati nel lago. Altre notizie ci dicevano che a Vercelli, a Novara, altre persone erano state portate via dalle SS.

Siamo a metà settembre, pochi giorni dopo l'armistizio, al cui annuncio il protagonista riferisce di aver provato una gioia piuttosto contenutadato che (razionalmente) presagiva l'occupazione dei tedeschi in Italia, con la conseguente deportazione degli ebrei.

Renzo Segre perde il lavoro che svolgeva in una ditta di commercio all'ingrosso. Inizia, per lui e per la moglie, una vita di finzione: si fanno preparare infatti dei documenti falsi che li denotano come sfollati originari di Potenza ma residenti nella capitale recatisi in Piemonte a seguito di un bombardamento su Roma da parte delle potenze Alleate il 19 luglio 1943.

Di giorno in giorno si era sempre più allarmati, non si ritornava più in casa nostra che come ladri, con brevi scappate, e la notte, sovente, a Pollone, per uno scricchiolìo della sabbia nel giardino, si rimaneva in allarme per ore.

Di questo ultimo passaggio volevo invece farvi notare l'uso del "si impersonale" riferito ad una collettività: gli ebrei italiani si trovano costretti ad una quotidianità di terrore, di iper-vigilanza e di estrema precarietà. In effetti, il "si impersonale" è indicativo del dover proprio assumere determinate strategie di protezione dal pericolo.

B) OTTOBRE 1943

... Nella e io dormiamo ancora, quando siamo svegliati di soprassalto da una alto vociare che rintrona nelle ampie volte del corridoio. Contemporaneamente si tenta di aprire la porta, chiusa a chiave di dentro, dalla nostra camera. Per fortuna il passo cadenzato di un plotone nel corridoio e il vociare dei superiori gridanti ordini, coprono la mia voce, dandomi tempo di rendermi conto che si tratta di tedeschi.

(...) Ci guardiamo disperatamente, io e Nella, presagendo la fine, poiché l'esistenza di partigiani nel Santuario, di loro approvvigionamenti, di documenti, si aggiungerà  fatalmente ai nostri, diciamo così, capi di imputazione personali.

Dal di fuori, in corridoio, continuano intanto a cincischiare con diverse chiavi per tentare d'aprire la nostra stanza, fra un continuo gridare di ordini in tedesco. Sono momenti di spasmo indicibile.

Udiamo poi la voce del rettore che, spiegando ai tedeschi che nessuna chiave va bene, ordina ad un suo uomo di andare a cercare quella giusta: evidentemente il rettore fa un'abile e pericolosa commedia, in quanto egli sa benissimo che la porta è da noi chiusa da dentro.

Eccovi un episodio in cui Segre e la moglie hanno provato terrore. Nella prefazione infatti, la figlia Anna dice che il padre, quando le raccontava del 31 ottobre 1943, "mal celava un'ansia ancora viva". 

Nell'autunno del 1943 gli ebrei erano considerati sudditi di stato nemico dalla Repubblica Sociale Italiana.

Qui Renzo Segre e Nella sono scampati ad un rastrellamento.

I nazisti irrompono al mattino preso nel Santuario e se ne vanno nel primo pomeriggio dopo aver incendiato baite e fatto scoppiare le munizioni che avevano trovato.

Finalmente una figura religiosa molto positiva e molto altruista per quel periodo! Il rettore di questo edificio infatti nasconde i due coniugi ebrei per alcune settimane e, il 31 ottobre 1943, viene più volte minacciato di morte dai soldati nazisti.

Dopo quella domenica di terrore, Segre e la moglie si trasferiscono in una clinica a San Maurizio Canavese il cui primario è Carlo Angela, nonno d Alberto Angela.

Inizia dunque un lungo periodo (cinquecento giorni) i cui momenti risultano quasi tutti sovrastati da una permanente nera nube di minaccia.

C) FEBBRAIO 1944:

Per quanto le vittime abbiano ricevuto il colpo di grazia alla nuca, il segretario comunale non è morto e ancora mezz'ora dopo brancica debolmente nel sangue suo e dei compagni di sventura. Un intervento medico potrebbe giovargli, se non altro a portar termine alle sue sofferenze che devono essere atroci, ma alcuni brutti ceffi stanno a guardia delle vittime impediscono a chiunque di avvicinarsi (...)

Per quanto mi fosse severamente proibito, non potei trattenermi dall'andare a vedere le vittime, tutte e tre bocconi in mezzo alla piazza, fra grandi chiazze di sangue. Uno dei ceffi armati che facevan la guardia ai cadaveri, ghignava orribilmente. Tutta la popolazione del paese, compresi i bambini delle scuole e, orribile a dirsi, dell'asilo infantile, è stata fatta coattivamente sfilare, perché prendesse visione della prodezza compiuta.

Qui c'è proprio il lessico della crudeltà. Per i nazi-fascisti, fucilare gli oppositori era una "lezione" per i sopravvissuti, in un contesto di continua paura e sospetto.

D) MAGGIO 1944:

Dopo tre giorni di assenza, è tornata Filomena, la nostra infermiera cui l'altra notte è stato assassinato il marito dalle SS. Racconta che queste belve hanno preso il marito mentre questi aveva già raggiunto il portoncino di casa e l'hanno freddato con una sventagliata di mitraglia, senza nulla chiedergli.

Trovatigli poi addosso dei documenti partigiani, hanno continuato a sparare sul cadavere centinaia di colpi, sino a renderlo un informe ammasso sanguinolento. 

"ammasso informe sanguinolento". Strano a dirsi ma a me viene in mente l'action painting di Pollock, il cui stile pittorico non mi ha mai appassionata. Si trattava di una pittura realizzata con un bastoncino, senza pennelli! L'arte di Pollock è un'arte senza forme, un tentativo di rappresentare il caos e l'incertezza della vita. 

O forse, mi chiedo io, il tentativo di esorcizzare la paura e l'angoscia di un'altra guerra mondiale, ancor più devastante della seconda, dato che siamo negli anni Cinquanta e dato che gli Stati Uniti apparivano già in competizione con l'URSS? 

25 APRILE 1945:

Alle 13, Nella e Renzo ascoltano il liberante annuncio di Radio Liberata che annuncia la liberazione di Milano dai nazisti.

La nostra gioia è grande, ma non senza nubi, in quanto che noi non abbiamo notizie di Torino, con cui ogni comunicazione è impossibile, e troppe sanguinose delusioni si sono già avute sull'esito di sommosse locali. Ma la situazione sui maggiori campi di battaglia è tale che tutti ci fa sperare che sia la volta buona e che stia per realizzarsi quello che solo da qualche settimana ci siamo abituati a considerare come possibile, ma che sino a qualche mese fa consideravamo quanto mai improbabile: uscire vivi dalla nostra tremenda situazione. Nella notte è stata giustiziata in paese una spia dei repubblicani. 


Certamente la guerra in Europa non è ancora finita, ma è questione di giorni.

5 MAGGIO 1945    

Riprende il servizio ferroviario con Torino, interrotto alcuni mesi prima:

Vado alla stazione e vedo giungere, da monte, il primo treno: estatico e sorridente, guardo i partigiani di scorta al treno, gli alleati multicolori, americani, francesi, che vi viaggiano e la folla, indicibilmente allegra che, per la prima volta dopo tanto tempo, può compiere un viaggio senza temere un bombardamento dall'aria...

Siamo quasi alla fine del libro. 

Si tratta, a mio avviso, di una pagina molto umana di questo diario.

Si tratta degli effetti psico-sociali devastanti di una guerra lunga ed estenuante.

Deve qui tornare, questa volta sotto buona scorta, una graduato della "Nembo", acciuffato nei giorni scorsi a Torino. Nei mesi scorsi ne ha fatte qui di tutti i colori, quando era arbitro inappellabile di vita e di morte, e ora non sarà troppo di buon grado che rivedrà questo paese.

Verso mezzogiorno arriva il treno, da cui scende questo individuo, inquadrato da partigiani bene armati. Con un grido la folla gli si lancia addosso e vuol fare giustizia sommaria. I partigiani, consci del loro dovere, sparano per aria per intimorire la folla e riescono a riprendersi il loro uomo...

(...) il losco individuo è condotto al cimitero, contro il muro del quale sarà fucilato. Nella e io assistiamo ad una distanza di cento metri circa. Come ci hanno trasformato le traversie e le sofferenze di questo periodo! Una volta non avremmo voluto veder uccidere una formica e oggi, volontariamente, assistiamo all'uccisione di un uomo. Cerco di capire cosa egli pensi durante i lunghi preparativi, ma probabilmente non pensa a nulla, probabilmente in quel momento supremo si è già svuotati di ogni senso di vita e non si è che automi. (...) egli con passo fermo, da solo, si dirige al muro, voltando la schiena ai moschetti già imbracciati da sei partigiani. Una scarica lo abbatte sul fianco sinistro e gli ultimi sussulti sono stroncati da un'ulteriore scarica di mitragliatore a bruciapelo.

Guardo la reazione di Nella: è impassibile, dopo cinque minuti mi parla d'altro. Anche noi siamo morti dentro.

19 aprile 2025

LA RISURREZIONE DI LAZZARO:


Le cipolle di Marta è un libro di Alberto Maggi, frate dell'Ordine dei Servi di Maria e direttore di un centro di studi biblici intitolati a Giovanni Vannucci.
Si tratta di una lettura biblica di diversi episodi narrati nei vangeli, "espressioni di una cultura semitica che preferisce usare immagini piuttosto che concetti."

Il titolo richiama alle cipolle dell'Egitto che gli Ebrei liberati dalla schiavitù ricordano e rimpiangono in mezzo al deserto.
"La capacità di persuasione del potere"- osserva Maggi-"era stata talmente forte da far credere agli Ebrei che la terra dove essi erano stati schiavi era in realtà il paese della libertà, e che aglio e cipolle hanno lo stesso sapore di latte e miele... Maria non contempla Gesù ma l'accoglie e lo ascolta, indifferente alle proibizioni del Talmud che prescrive che una donna non ha da imparare che a servirsi del fuso. È proprio solo dell'uomo fare gli onori di casa. (...) Marta si crede la regina della casa mentre in realtà è schiava della sua condizione. Lo stato d'animo di Marta è come quello degli schiavi contenti di esserlo. Gesù sta dalla parte della donna, del suo diritto di conoscere, al pari dell'uomo, della sua libertà. La sua predilezione per Maria non è tanto la scelta della contemplazione, ma la scelta della libertà, la scelta del futuro".

Ogni capitolo, ben contestualizzato, è dedicato ad un personaggio la cui strada di vita si è incrociata con l'incontro di Gesù: l'autore mette in evidenza i comportamenti e le caratteristiche di Simon Pietro, di Andrea e di Filippo, di Giovanni, di Maria di Magdala, di Nicodemo ma anche di personaggi negativi come Pilato e Caifa.
L'autore dà molta importanza anche alle figure di Marta, Maria e Lazzaro, i tre fratelli che vivevano a Betània.

In appendice al libro si citano alcuni sermoni di Antonio da Padova che denunciano i comportamenti immorali della Chiesa nel medioevo.

Ecco come Alberto Maggi introduce il capitolo relativo alla morte e risurrezione di Lazzaro:

"Nei vangeli sono narrate tre risurrezioni operate da Gesù. Di queste, due riguardano personaggi anonimi quali il figlio della vedova di Nain (Lc 7,11-17) e la figlia del capo della sinagoga (Mt 9,18-26; Mc 5, 21-43; Lc 8,40-56).
L'unico risuscitato che abbia il nome è Lazzaro, la cui risurrezione è narrata nel vangelo di Giovanni (Gv 11, 1-45)".

GV 11,17-46:

"Gesù dunque, arrivato, trovò che Lazzaro era già da quattro giorni nel sepolcro. Or Betania distava da Gerusalemme circa quindici stadi, e molti Giudei erano andati da Marta e Maria per consolarle del loro fratello."

"In Palestina il funerale e la sepoltura avvenivano lo stesso giorno della morte. Si credeva che lo spirito del morto restasse nel sepolcro fin quando si riconosceva nel cadavere. Il quarto giorno, quando il processo di decomposizione era ormai avanzato, lo spirito abbandonava la tomba e scendeva per sempre nella dimora dei morti... Appena Gesù arriva al villaggio, viene investito da una delle sorelle del morto, Marta, che lo rimprovera per l'atteggiamento tenuto..."

"Come Marta ebbe udito che Gesù veniva, gli andò incontro; ma Maria stava seduta in casa. Marta dunque disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto; ma anche adesso so che tutto quello che chiederai a Dio, Dio te lo darà». Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». Marta gli disse: «Lo so che risusciterà, nella risurrezione, nell'ultimo giorno». "

"Marta è ancorata all'immagine religiosa tradizionale secondo la quale si nasceva, si viveva, poi con la morte tutti nell'oltretomba, in attesa dello squillo di tromba che dava il via alla risurrezione dei giusti."

"Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?» Ella gli disse: «Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che doveva venire nel mondo»."

"Per Gesù la vita eterna non è un premio da conseguirsi nel futuro, ma una condizione da sperimentare nel presente".

"Detto questo, se ne andò, e chiamò di nascosto Maria, sua sorella, dicendole: «Il Maestro è qui, e ti chiama». Ed ella, udito questo, si alzò in fretta e andò da lui. Or Gesù non era ancora entrato nel villaggio, ma era sempre nel luogo dove Marta lo aveva incontrato. Perciò i Giudei che erano in casa con lei e la consolavano, vedendo che Maria si era alzata in fretta ed era uscita, la seguirono, supponendo che si recasse al sepolcro a piangere.
Appena Maria fu giunta dov'era Gesù e lo ebbe visto, gli si gettò ai piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto».  Quando Gesù la vide piangere, e vide piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, fremette nello spirito, si turbò e disse:  «Dove lo avete deposto?» Essi gli dissero: «Signore, vieni a vedere!»
Gesù pianse."

"Per il pianto che accomuna Maria con i Giudei, utilizza il verbo greco che esprime il lamento di chi non ha più speranza, come il pianto di Rachele che si dispera per i figli perché non sono più (Mt 2,18) o quello di Gesù per il tragico destino di Gerusalemme (Lc 19, 41). Per il pianto di Gesù, l'evangelista usa il verbo con il quale si esprime dolore, non disperazione. (...) In questa cupa situazione Gesù prende l'iniziativa e chiede: Dove l'avete posto? (...). Marta e Maria rispondono con le identiche parole con le quali Gesù aveva invitato i suoi primi discepoli a dimorare con lui: Venite e vedete. (Gv 1, 39)".

"Gesù dunque, fremendo di nuovo in se stesso, andò al sepolcro. Era una grotta, e una pietra era posta all'apertura." 

"La pietra, posta sull'entrata del sepolcro, separava definitivamente il mondo dei vivi da quello dei morti".

"Gesù disse: «Togliete la pietra!» Marta, la sorella del morto, gli disse: «Signore, egli puzza già, perché siamo al quarto giorno».Gesù le disse: «Non ti ho detto che se credi, vedrai la gloria di Dio?»"

"Condizionando la risurrezione di Lazzaro alla fede di Marta, l'evangelista vuol far comprendere che quel che segue non è tanto un avvenimento storico, quanto teologico, non riguarda la cronaca ma la fede".

"Tolsero dunque la pietra. Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre, ti ringrazio perché mi hai esaudito. Io sapevo bene che tu mi esaudisci sempre; ma ho detto questo a motivo della folla che mi circonda, affinché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò ad alta voce: «Lazzaro, vieni fuori!» Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti da fasce, e il viso coperto da un sudario." 

"Questa descrizione di Lazzaro si richiama all'immagine dell'aldilà secondo la quale il defunto è prigioniero della morte: Mi stringevano funi di morte, ero preso nei lacci dello sheol." (Sal 116,3)

"Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».
Perciò molti Giudei che erano venuti da Maria, e avevano visto ciò che egli aveva fatto, credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e raccontarono loro quello che Gesù aveva fatto."

"Contrariamente a quel che i presenti si aspettavano, Gesù non restituisce Lazzaro alle sorelle e neanche chiede di accoglierlo e festeggiare il suo ritorno alla vita. Una volta che Lazzaro è stato liberato dai legami che lo tenevano prigioniero nel mondo della morte, deve essere lasciato andare. Il verbo andare, adoperato per Lazzaro, è lo stesso usato dall'evangelista per indicare il cammino di Gesù verso il Padre.
Sciogliendo Lazzaro dai legami che lo tengono prigioniero nella tomba, la comunità si libera dalla credenza giudaica secondo la quale la morte era la fine di tutto e si apre alla novità cristiana, per la quale la morte è l'inizio di una nuova vita".



17 aprile 2025

Il libro di Giona:

7) LETTURE BIBLICHE IN OCCASIONE DELLA PASQUA IN ARRIVO.

Tra l'autunno e l'inverno, un amico storico di mia mamma, insegnante di filosofia in pensione, ha tenuto un breve ciclo di conferenze mensili relative ora a vicende tratte dalla mitologia classica, ora ad episodi biblici. Lo scopo principale di questi incontri era collegare molti aspetti appartenenti alle discipline umanistiche per dimostrare come ad esempio il sacrificio di Isacco o il Prometeo Incatenato di Eschilo siano "eterni", "intramontabili", attuali se li si studia in profondità. 
Noi umanisti tendiamo a scorgere, attraverso un'analisi critica, "l'eternità" in ciò che è antico.

Purtroppo ho perso questa conferenza su Giona causa "febbriciattola" e cefalea martellante. Era metà gennaio. Alla fine sarei dovuta andare con i miei a cena a casa del brillante relatore.

Non saprei individuare parallelismi di tipo filosofico ma, a mio modo di vedere, risulta possibile anche una lettura di tipo artistico-letteraria del libro di Giona. 

1,1-16: GIONA: UN PROFETA DISOBBEDIENTE?

"Fu rivolta a Giona, figlio di Amittài, questa parola del Signore:«Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e in essa proclama che la loro malvagità è salita fino a me». Giona invece si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s’imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore."

Dio invia Giona a Ninive, capitale dell'antica Assiria, città abitata da popoli pagani.

Tuttavia, il profeta si mette invece in viaggio in direzione opposta, per raggiungere Tarsis, una probabile città portuale del Mediterraneo Occidentale.

Giona si rifugia nel luogo più basso della nave e si addormenta profondamente. Quando si scatena una tempesta che spaventa i marinai a bordo dell'imbarcazione, il capitano dell'equipaggio sveglia Giona:

"Gli si avvicinò il capo dell’equipaggio e gli disse: «Che cosa fai così addormentato? Àlzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo».
Quindi dissero fra di loro: «Venite, tiriamo a sorte per sapere chi ci abbia causato questa sciagura». Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona. Gli domandarono: «Spiegaci dunque chi sia la causa di questa sciagura. Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?». Egli rispose: «Sono Ebreo e venero il Signore, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terra». Quegli uomini furono presi da grande timore e gli domandarono: «Che cosa hai fatto?». Infatti erano venuti a sapere che egli fuggiva lontano dal Signore, perché lo aveva loro raccontato.
Essi gli dissero: «Che cosa dobbiamo fare di te perché si calmi il mare, che è contro di noi?». Infatti il mare infuriava sempre più. Egli disse loro: «Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia».
Quegli uomini cercavano a forza di remi di raggiungere la spiaggia, ma non ci riuscivano, perché il mare andava sempre più infuriandosi contro di loro. Allora implorarono il Signore e dissero: «Signore, fa’ che noi non periamo a causa della vita di quest’uomo e non imputarci il sangue innocente, poiché tu, Signore, agisci secondo il tuo volere». Presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia."

Mi soffermo per alcuni minuti su un affresco che si trova nella catacomba dei Santi Marcellino e Pietro a Roma, all'interno del Mausoleo di Elena:


Giona viene gettato in mare e il pesce a destra con la bocca spalancata sta per inghiottirlo. Lo sfondo è bianco... il tempo ha forse cancellato il colore? In primo piano spicca una nave polireme, sviluppate già nel periodo ellenistico all'epoca dei diadochi. La vela risulta stilizzata ed essenziale.

Ad ogni modo, si tratta di una raffigurazione non realistica e non tridimensionale che non trasmette la sensazione di un dramma: le figure umane hanno una pelle scura, direi quasi bronzea, e l'azzurro pallido del mare non indica un elemento naturale soggetto alla tempesta; infatti un marinaio tocca le acque con i piedi.

2,1-11: GIONA INGHIOTTITO DAL PESCE:

"Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti."

Giona viene inghiottito da un grosso pesce. Non da una balena. Vi rimane per tre giorni e tre notti e, al suo interno, Giona prega Dio.

"Nella mia angoscia ho invocato il Signore
ed egli mi ha risposto;
dal profondo degli inferi ho gridato
e tu hai ascoltato la mia voce.
Mi hai gettato nell’abisso, nel cuore del mare,
e le correnti mi hanno circondato;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.
Io dicevo: “Sono scacciato
lontano dai tuoi occhi;
eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio”.
Le acque mi hanno sommerso fino alla gola,
l’abisso mi ha avvolto,
l’alga si è avvinta al mio capo."

Riporto un estratto di un commento biblico a proposito del capitolo 2:

"Nel ventre del pesce Giona rimane tre giorni e tre notti, un'espressione che si usa nella scrittura per descrivere l'inizio di un'esperienza spirituale, l'avvento di un'opportunità o semplicemente per indicare qualcosa di nuovo. (...) Nella preghiera, Giona descrive la sua esperienza negativa, aggiungendo ogni volta un elemento nuovo. Ad esempio, nel verso 3, si menziona lo sheol, il luogo dei morti (...), riferimento utilizzato per comporre una preghiera in cui si descrive il passaggio da una speranza disperata ad una speranza restaurata..."

La permanenza del profeta all'interno del pesce mi fa pensare alla vicenda di Gesù dato che rimanda al silenzio e all'attesa speranzosa che pervade il sabato santo cristiano.

In seguito, il grande pesce rigetta il profeta sulla spiaggia.

Durante la lettura di questo secondo capitolo, ho pensato inevitabilmente a Pinocchio: a seguito dell'esperienza nel paese dei Balocchi, diventato un asino circense e azzoppatosi dopo un'esibizione, il protagonista del celeberrimo libro di Collodi viene gettato in mare e qui i pesci divorano la sua pelle. Ritornato burattino, Pinocchio viene inghiottito da un enorme pescecane e, all'interno del corpo dell'animale, incontra il suo creatore Geppetto.

In questo caso, io interpreto il pescecane come un simbolo di caos, di mancanza di una direzione chiara di vita... siamo infatti in un momento del romanzo in cui sia Geppetto sia Pinocchio hanno perduto uno scopo nella loro esistenza: il primo si è ritrovato senza la sua miglior creazione, il secondo ha invece smarrito se stesso fino a perdere la propria libertà e dignità.

Per Giona, come per Pinocchio, la permanenza nell'enorme pesce può quindi essere stata un'esperienza formativa?

Per Giona sicuramente sì, dato che comprende di essere strumento di Dio, ma direi anche per il burattino di legno che, divenuta una creaturina di buon senso, riprende a studiare e al contempo decide di lavorare per sostenere le spese dell'umile Geppetto.

Oltre a Pinocchio, vorrei richiamare anche ad un punto della narrazione della Storia vera di Luciano di Samòsata, romanzo greco del 180 d.C. Si tratta di un'avventura di Luciano, protagonista e narratore, attraverso il mare, intrapresa sostanzialmente per una gran voglia di esperienze. Si imbarca con altri 50 compagni e, nell'ottavo giorno del viaggio, raggiungono la luna venendo a contatto con i Seleniti, popolo particolare che si nutre d'aria e che non conosce la morte, ma soltanto la dissoluzione. In seguito, quando la nave di Luciano e compagni tocca di nuovo le onde del mare, gli uomini vengono inghiottiti da una mega balena, al cui interno vi sono anche molti altri uomini costretti a relazionarsi tra loro anche in modo conflittuale. 

Nella Storia Vera, l'interno della balena è un luogo prevalentemente buio, con molte scorte di cibo, è vero, ma anche pieno di relitti e di resti umani. 

Solo quando il pescione apre la bocca i personaggi riescono a vedere nitidamente colline e monti al su interno. 

Ho tradotto dal greco antico alcuni passi inclusi in quest'opera di Luciano di Samosata. La mia traduzione relativa all'esperienza di Luciano e amici nel ventre della balena è molto letterale, ma eccovela:

Quando fummo all'interno della balena, dapprima era buio e non vedevamo nulla; più tardi, dopo che ebbe aperto la bocca, vedemmo una grande caverna e larga per ogni verso, abbastanza grande da contenere una città di 10000 abitanti. Al centro si trovavano piccoli pesci e molti altri animali resi indistinti, vele di navi e ancore, ossa di uomini e merci, nel mezzo c'erano una terra e colline; a mio parere la terra era stata condensata dal fango assorbito. Sopra di essa erano cresciuti alberi di ogni genere, i fiori erano germogliati e tutte le erbe sembravano coltivate; il perimetro del terreno misurava 240 stadi. Ci sembrava di vedere uccelli marini, gabbiani e alcioni che nidificavano sugli alberi.

Certamente abbiamo pianto molto ma in seguito, dal momento che i miei compagni si lamentavano, abbiamo puntellato la nave e dopo aver sfregato dei pezzi di legno per il fuoco, e avendolo acceso, abbiamo preparato il pranzo con quello che avevamo a disposizione. C'era abbondanza di tutti i tipi di pesce e di carni e avevamo ancora l'acqua proveniente da Espero. In giorno seguente, dopo che ci eravamo alzati, se qualche volta la balena apriva la bocca, vedevamo ora monti, ora soltanto il cielo, spesso anche delle isole, e infatti ci siamo accorti che l'animale stava nuotando a tutta velocità per il mare.

Luciano e compagni escono dal corpo della balena dopo un anno e ott mesi.

La permanenza all'interno della balena può costituire un richiamo all'importanza di accettare la morte? Nell'antichità, cibo e oggetti erano elementi che accompagnavano il defunto nell'aldilà...

3, 1-10: GIONA E I NINIVITI:

"Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore."

Dio ri-affida la missione a Giona e stavolta il profeta gli dà ascolto.

"Ninive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta»."

L'ultima frase pronunciata dal profeta costituisce un mònito che comporta l'immediato e inaspettato cambiamento di comportamento dei Niniviti. E così Dio rinuncia a punire questo popolo, constatandone il sincero pentimento.

A questo proposito vorrei richiamare l'attenzione ad un rilievo marmoreo della seconda metà del XIII° secolo, raffigurante la predicazione di Giona ai Niniviti:


A sinistra si scorgono una porta merlata con edifici, prevalentemente le torri cittadine, e un busto femminile.
A destra invece Giona è rappresentato a figura intera, sproporzionato, gigantesco rispetto ai Niniviti, e questo per dargli importanza. 

Alle spalle del profeta c'è un albero sul quale appare una testa di serpente che richiama al peccato, all'arroganza umana, antichissima e mai tramontata, basata sulla pretesa di voler assomigliare a Dio.

4, 1-11: GIONA INDIGNATO:

Ma Giona è contento dei risultati ottenuti? Non direi: prova sdegno nei confronti della misericordia di Dio verso Ninive.

"Ma il Signore gli rispose: «Ti sembra giusto essere sdegnato così?».
Giona allora uscì dalla città e sostò a oriente di essa. Si fece lì una capanna e vi si sedette dentro, all’ombra, in attesa di vedere ciò che sarebbe avvenuto nella città. Allora il Signore Dio fece crescere una pianta di ricino al di sopra di Giona, per fare ombra sulla sua testa e liberarlo dal suo male. Giona provò una grande gioia per quel ricino.


Ma il giorno dopo, allo spuntare dell’alba, Dio mandò un verme a rodere la pianta e questa si seccò. Quando il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un vento d’oriente, afoso. Il sole colpì la testa di Giona, che si sentì venire meno e chiese di morire, dicendo: «Meglio per me morire che vivere».
Dio disse a Giona: «Ti sembra giusto essere così sdegnato per questa pianta di ricino?». Egli rispose: «Sì, è giusto; ne sono sdegnato da morire!». Ma il Signore gli rispose: «Tu hai pietà per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita! E io non dovrei avere pietà di Ninive, quella grande città, nella quale vi sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?»."

La simbologia del ricino di cui qui si parla è paragonabile a quella della rosa della famosa ballata di Poliziano: "mentre è più fiorita/cogliàm la bella rosa del giardino".

Il ricino e la rosa durano un giorno! Questo significa che l'uomo è attento all'effimero e forse, troppo fragile per poter abbracciare l'Eterno?

Al di là di Poliziano, penso anche ad un passo della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso: nel giardino di Armida un pappagallo elogia la rosa, riconducibile alla vanità della vita:

"Così trapassa al trapassar d'un giorno

de la vita mortale il fiore e 'l verde

né perché faccia indietro april ritorno

si rinfiora ella mai, né si rinverde.

Cogliàm la rosa in sul mattin adorno

di questo dì che tosto il seren perde."


Tengo molto a proporre anche un doveroso rimando, inerente alla caducità della condizione umana, ad alcuni versi di Omnis mundi creatura, una poesia di Alano di Lilla, autore appartenente alla letteratura latina medievale:

"Nostrum statum pingit rosa/ nostri status decens glosa,/nostrae vitae lectio;/quae dum primo mane floret/defloratus flos effloret/vespertino senio./ Ergo spirans flosexspirat,/ in pallorem dum delirat/oriendo moriens;/simul vetus et novella,/ simul senex et puella/rosa marcet oriens."

"La rosa dipinge la nostra condizione,/del nostro stato è un emblema adatto,/è una lezione per la nostra vita;/ mentre fiorisce di primo mattino/ sfiorisce come fiore senza petali/nella vecchiaia della sera./ Per questo il fiore respirando spira/mentre appassisce impallidendo/già morente alla nascita/ insieme antica e nuova,/ insieme vecchia e fanciulla/la rosa marcisce sbocciando."


Che profeta anomalo... è ai limiti del ridicolo: prima disobbedisce a Dio andando da tutt'altra parte, poi, durante una tempesta, dorme profondamente, mentre gli altri marinai, pagani, pregano i loro dèi con grande angoscia. 
Dopo l'esperienza all'interno della balena, finalmente Giona va a Ninive, ma non è che si impegni proprio così tanto nella sua predicazione, più che altro, io direi che fa del terrorismo psicologico ("Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta!") limitandosi a camminare per un solo giorno nelle vie di Ninive, quando invece, per percorrere l'intera città, sono necessari tre giorni. Quindi questa frase minacciosa di Giona arriva a circa un terzo dei Niniviti e solo questo basta per far breccia in loro?
Un volta che a Ninive i cittadini cambiano stile di vita, Giona si indigna dato che Dio ha mostrato misericordia verso di loro e si rattrista dopo che, la pianta di ricino germogliata per ombra alla sua capanna, si secca.

11 aprile 2025

I "Liceali 2": una serie televisiva che rivela alcuni problemi della scuola e dell'università italiana:

"I Liceali" è una serie tv  che è stata trasmessa nel triennio 2007-2009. 

Oggi però vorrei soffermarmi sui contenuti della seconda serie, costituita da sei episodi e andata in onda da fine ottobre a metà dicembre 2009.

Se vi aspettate un post centrato soprattutto su Monica Morucci, la figura cardine dei "Liceali 2", vi sbagliate. C'è soltanto un paragrafo a lei dedicato, il quarto.

Certamente lei è importante ma lo sono anche tutte le questioni e i problemi legati alla scuola ed esposti nel corso dei sei episodi, attuali quasi vent'anni fa come ora.

L'ho rivisto recentemente per due volte (solo "I Liceali 2", pensate che il terzo non lo conosco affatto e nemmeno mi interessa) e mi è piaciuto ancora di più ora, che ho quasi 30 anni, che non quando ero al primo biennio di liceo.

1) CONTENUTI PRIMO EPISODIO:

Roma, Liceo Classico "Colonna", anno scolastico 2008-2009. 

Settembre. Antonio Cicerino, docente di italiano, vedovo con una figlia adolescente, ha una relazione con Enrica, la collega di Storia dell'Arte. Hanno da poco iniziato una convivenza e Antonio si sente felice, più entusiasta del solito all'idea di iniziare un nuovo anno scolastico con i suoi allievi, ormai quasi adulti e in procinto di prepararsi per gli esami di maturità.

Tuttavia, già al primo giorno, in classe compare una nuova alunna, Monica Morucci.  

Già al primo giorno di scuola gli spettatori intuiscono che si tratta di una ragazza completamente diversa rispetto ai coetanei.

2) PERSONAGGI DELLA SERIE- I DOCENTI:

2a) ANTONIO CICERINO: 


Il professor Cicerino è un idealista che fa tenerezza, un sognatore quarantacinquenne molto dedito al suo lavoro, molto appassionato alla sua missione educativa. 
Questo è evidente soprattutto perché tende a non rispettare quelli che, ancora nel 2008-2009, si chiamavano "programmi ministeriali": infatti, oltre ad affrontare Foscolo, Leopardi, Manzoni e Montale, questo insegnante legge ai suoi alunni dei racconti di Melville, dei capitoli di Dostoevskij, delle poesie di letteratura inglese. 
Antonio Cicerino si rivela molto portato per le letterature comparate, capace e abile nel trarre messaggi di vita da molti testi.

Cosa ne pensate di questo metodo? Apre la mente o crea confusione negli studenti? 

La materia di Antonio Cicerino porta il titolo di "Lingua, cultura e letteratura italiana". Forse però sarebbe più opportuno svincolarsi da quell'aggettivo "italiana", soprattutto con i tempi che corrono, fatti di guerre, razzismo e pregiudizi, e considerare la disciplina sotto la dicitura: "Composizione italiana (per valorizzare gli stra-benedetti temi!) e letteratura (più generica)".

Tuttavia, Cicerino, nella sua vita privata, ha un difetto non da poco: nella seconda serie sembra incapace di trovare dei momenti per ascoltare sua figlia Elena nel corso della giornata; e lei ne soffre, mancandole una figura materna perduta troppo precocemente. 

Inoltre, il professore non riesce ad accorgersi dell'immaturità di Enrica, per nulla predisposta a formare una famiglia. E infatti i due docenti convivono per un po' di mesi, poi lei una sera gli riserva una "doccia fredda" e se ne va. 

2b) ENRICA SABATINI:

Nervosa, lunatica, volubile come una tredicenne. 

In realtà avrebbe trentacinque anni, ma solo sull'anagrafe. Cioè, è più adolescente e immatura lei rispetto ai suoi studenti e, come una ragazzina, durante l'anno scolastico, si invaghisce di Enea Pannone, il nuovo insegnante di matematica e fisica del liceo Colonna.


Ricordo bene che nella prima serie, poco più che trentenne, aveva completamente perso l'entusiasmo per il proprio lavoro. 

D'altra parte Enrica è strana anche quando si ritrova a spiegare la sua materia: è molto preparata, all'Università era una delle studentesse migliori, ma spesso o manifesta apertamente sfiducia negli alunni, oppure si lascia distrarre da pensieri e preoccupazioni.

2c) ENEA PANNONE:

Coetaneo di Enrica, anche Pannone "sragiona" come un adolescente ribelle. 

Non è un vero insegnante dato che pensa più a fare "l'amicone" dei suoi studenti: "Bisogna porsi allo stesso livello degli allievi, non pretendere di far loro da educatori come fai tu, Antonio".

Ad ogni modo, Enea ha un difficilissimo rapporto con la propria rigidissima e intransigente famiglia di origine, visibile nell'episodio "La notte della lucertola". 

Quindi questo suo modo di concepire l'insegnamento potrebbe derivare da troppe regole e dal troppo poco affetto ricevuto durante l'infanzia e l'adolescenza.

2d) MELANIE DESMOULIN: 

La sua personalità non mi piace più di tanto, è una ragazza leggera e decisamente superficiale, lo ammetto. 

Questa giovane insegnante, di madrelingua francese, rappresentava e rappresenta tuttavia la condizione di molti giovani italiani che intraprendono la carriera dell'insegnamento: attese snervanti per una convocazione di pochi mesi, necessità di fare altre esperienze di lavoro completamente diverse dai propri titoli di studio pur di guadagnare soldi, la concreta possibilità di essere trasferiti in un'altra regione per poter insegnare.

Per l'anno scolastico 2008-2009, a Melanie viene offerto di insegnare, in un laboratorio extra-curricolare, la propria lingua. 

Capirete, si è fatta le "viscere d'oro" con quel lavoretto da 500 euro al mese! E infatti non ce la fa a vivere in affitto da sola.

2e) L'INSEGNANTE DI SCIENZE MOTORIE:

Altra figura negativa e diseducativa! Il suo discorso iniziale alla squadra di pallavolo, da lei allenata per il campionato di fine anno, è deleterio: "Ricordatevi: a me non interessa partecipare, io voglio vincere!"

Quanto condividete questa massima, soprattutto se siete degli sportivi e dei docenti di Scienze Motorie nelle scuole secondarie?

Nella serie TV non viene mai indicato il nome o il cognome di questa professoressa, che urla sempre, non parla mai normalmente.

2f) GUALTIERO CAVICCHIOLI:

Eccoci giunti al severissimo professore di greco e latino vicino ai sessant'anni, di origini romagnole, non romane (si sente il diverso accento nel corso della serie). Sembra una figura attenta soltanto al rendimento scolastico dei propri allievi.

Nelle sue ore, nei momenti delle interrogazioni, regna un totale silenzio di terrore!

Cavicchioli è il classico docente di liceo affezionato ad una didattica frontale, alla dettatura, alla copiatura dalla lavagna, alla memorizzazione di versi tratti dalla tragedie greche e delle loro traduzioni.

Molto competente nelle sue discipline, al di fuori della scuola si rivela un essere umano abbastanza mediocre e "tristanzuolo" con le sue battute grezze sulle donne e con le sue avventure sessuali.

2g) CARLO MARIA PERA- DIRIGENTE:

Il peggior adulto, a mio avviso! 

Un dirigente scolastico pessimo, un esempio assolutamente diseducativo: nei "Liceali 1" tutti i ragazzi della scuola sanno benissimo che è l'amante di Melanie e che sta tradendo sua moglie. Che razza di imbecille!

Una scena a dir poco "deleteria" è costituita dalla sua improvvisa e inaspettata irruzione in aula e dall'interrogazione a sorpresa, accompagnata da commenti pesanti e sprezzanti ("Se l'alunno fallisce, la colpa è sempre dell'insegnante!"), che rivolge al professor Cavicchioli, come forma di vendetta. 

In effetti Carlo Maria ad un certo punto della seconda serie si convince che Gualtiero, suo amico, abbia iniziato una storia con Melanie, mentre invece la sta solo preparando per affrontare un esame scritto di latino al fine di farle acquisire più punti in graduatoria, in modo tale da ottenere un incarico annuale, non soltanto supplenze temporanee o corsi pomeridiani extra.

Torniamo alla frase: "Se l'alunno fallisce, la colpa è sempre dell'insegnante!". Molti genitori, ai nostri giorni, la pensano così. 

Mentre infatti, negli anni Sessanta, gli insegnanti erano rispettati al massimo dalle famiglie dei ragazzi e avevano sempre ragione anche quando umiliavano un loro alunno, oggi invece tendono ad essere o figure superficiali che si pongono allo stesso livello degli allievi oppure persone che, pur con buona volontà e impegno, hanno sempre e comunque torto,  rischiano addirittura violenze fisiche da parte dei genitori se mettono note o se puniscono i comportamenti dei loro figli.

3) I LICEALI DELLA TERZA A:

Cinque aggettivi per definirli?

Alto-borghesi del cacchio, viziati, superficiali, vuoti e annoiati!

Il loro tempo libero è costituito soprattutto da discoteche, sbornie, esperienze affettive che fanno più soffrire che gioire.

Tanto per elencare le fondamentali caratteristiche di alcuni di loro:

-Cristiano Malagò è dipendente dal gioco d'azzardo. Margherita, la sua fidanzata, si arrabbia per questo. Si tratta di una coppia in conflitto che si riconcilia alla fine della serie.

-Un post a parte ci sarebbe da scrivere per Lucio Pregoni, figlio di genitori atei (e, quel che è molto peggio, interiormente vuoti), che, proprio nel suo ultimo anno di liceo, si avvicina alla fede, rimane entusiasta della figura di Gesù e pensa, per un periodo, di entrare in seminario. 

Le domande che si pone Lucio sono domande inerenti alla spiritualità... solo che trova riscontri come quello di Margherita: "Lucio, io ci credo in Dio ma a modo mio".

Questa risposta lascia scontento il ragazzo. E ad ogni modo, questo discorso di Margherita sottolinea la mancanza di vera relazione e cooperazione tra religiosi e laici. Soprattutto per questo motivo in molti, a inizio anni Duemila, iniziavano già ad allontanarsi sia dalla Chiesa che dalla fede.

-Daniele Cook, ragazzo con una madre pazza, squilibrata e alcool-dipendente, è ingenuo e impacciato. Per un periodo prova un'infatuazione per Monica. 

Tuttavia c'è differenza tra quel che prova Daniele e quel che prova Claudio Rizzo per la ragazza: il primo è affascinato da qualche aspetto del carattere di Monica, Claudio invece prova qualcosa di più profondo.

-Poi c'è Costanza Catania, che riesce molto bene a scuola ma a mio avviso è una gregaria: quando Cesare Schifani e Valerio Campitelli chiudono Monica nello sgabuzzino della scuola, un po' per scherzo e un po' per minaccia, Costanza è la prima a venirne a conoscenza. Tuttavia non dice nulla a nessun insegnante né fa qualcosa per liberarla. Questa è omertà!

I Liceali 2 è una serie che mette ben in evidenza l'emergenza educativa. Più volte lo spettatore attento si chiede: Ma gli adulti che questi ragazzi incontreranno alla fine del quinquennio, saranno in grado di ascoltarli e di trovare con loro una risposta alle loro domande sulla vita? 

In alcuni momenti della serie, grazie alla tracce impegnative che il prof. Cicerino assegna, alcuni di questi liceali non si rivelano affatto male quando scrivono delle loro aspettative e delle loro paure. 

Nessuno al livello di Monica, comunque, l'italiano scritto in questa serie si rivela un metodo per parlare di se stessi.

4) MONICA MORUCCI:

Eccoci giunti alla figura a me più somigliante. In italiano è bravissima, è un asso! Alla sua età ha letto almeno il triplo dei libri rispetto ai suoi coetanei.

Per quali motivi la sento simile a me?

a) Per la passione per la lettura.

b) Per anticonformismo e curiosità intellettuale.

c) Per la tendenza all'introversione.

d) Per la fatica a fidarsi degli altri e anche di se stessa (o forse, sia io che lei, ci dimostriamo esigenti nei confronti di noi stesse e degli altri? Questo dubbio me lo ha fatto venire Matthias durante un confronto quando mi ha detto: "Secondo me non è così bassa l'opinione che hai di te stessa. Sei esigente con te stessa, quindi quasi sempre anche con gli altri.")

e) Per la sua tendenza a condividere diverse idee della sinistra politica sana, attenta ai diritti dei lavoratori e alla dignità economica delle donne.

f) Per grande senso etico e senso di responsabilità.

g) Per il modo di sclerare, molto simile al mio.

h) Per le sue emozioni negative che sono molto forti e molto intense, proprio come le mie.

i) Per le dinamiche nei rapporti con gli altri: come me, Monica è critica verso gli adulti, non ha molta confidenza con le ragazze, i rapporti con i ragazzi sono al confine tra amicizia e flirt. Proprio come me dall'adolescenza fino alla fine dell'università, e cioè, fino alla primavera del 2022 escluso, quando ho conosciuto Matthias.

l) Per i capelli. Certo, i miei sono castani, color cioccolata-calda, ma la lunghezza e le ciocche anteriori di Monica ricordano un pochino quelle che portavo io al liceo e oltre... ho cambiato pettinatura poco fa a inizio febbraio: ho tenuto più o meno la stessa lunghezza ma ho fatto la frangia, arci-stufa della ciocca "pendente" che tendeva a coprire sopracciglio e occhio.

m) Per la sensazione di "doversi guadagnare tutto" nella vita dato che, proprio come me, non è figlia di imprenditori che possono riservarle il posticino in azienda alla fine di un percorso universitario. Una mattina Monica, di fronte al prof. Cicerino, denuncia la mancanza di meritocrazia in Italia, la mancanza della valorizzazione dei talenti in un'Italia dalle tendenze conservatrici, in un'Italia che privilegia le raccomandazioni dei figli dei politici, degli industriali e degli imprenditori e tratta malissimo i giovani dotati che sembrano non aver diritto ad un futuro. Questo è ancora più vero oggi rispetto a 15 anni fa.

Già ve lo anticipavo a gennaio: Monica è altro rispetto ai soliti diciottenni ma anche rispetto a buona parte degli adulti operanti all'interno della scuola. 

Ci sono molti episodi che lo dimostrano:

-Innanzitutto la situazione nella quale si ritrova, che richiede ad una ragazza ancora giovanissima un alto grado di maturità: Monica è infatti figlia di una signora della pulizie, di una ragazza-madre abbandonata dal ragazzo cui cui stava, divenuto, nel corso degli anni, un conduttore televisivo. Dato che praticamente non ha un padre vicino a lei, si ritrova costretta a studiare e contemporaneamente a lavorare in una pizzeria più volte la settimana.

-Si mostra dura e polemica di fronte al comportamento del compagno di classe Cesare Schifani, un neo-padre immaturo, per nulla preoccupato per Lucia, la sua ragazza in ospedale con le doglie, e per nulla pronto alla genitorialità.

-Monica è affabile con l'ingegnere cieco e pensionato presso il quale sua mamma lavora come domestica e si arrabbia senza filtri con i figli quando lo considerano un peso.

-Memorabile, alla fine della serie, è il suo discorso su Giacomo Leopardi e il pessimismo cosmico, durante l'orale della maturità:

... Alla fine della sua vita Leopardi cambia completamente idea rispetto a quello che è il ruolo della ragione umana e questo ruolo non è più visto soltanto in maniera negativa, perché in fondo, la ragione è l'unico vero bene che ci resta ed è l'unica cosa che ci accomuna tutti ed è solo attraverso la ragione che l'uomo viene messo di fronte al vero e quindi lo deve accettare per quello che è, magari senza comprenderlo fino in fondo ma resistendo, restando in piedi, andando avanti per la propria strada contro tutto e tutti, proprio come fa la Ginestra, che posa le sue radici ovunque, anche qui, "su l'arida schiena del formidabil monte". Ed è proprio quello che facciamo noi quando finalmente capiamo che non ha alcun senso lottare, fare la guerra contro noi stessi e contro gli altri perché siamo proprio noi stessi l'unica vera risorsa ed è solo aggrappandoci gli uni agli altri che possiamo avere una possibilità, non dico di essere felici, ma di essere un po' meno infelici e soli.

Quanto è vero tutto ciò, secondo la vostra esperienza di vita?

Tuttavia, è evidente, nel corso della serie, che Monica ha un estremo bisogno di una figura paterna di riferimento. Per questo è scontrosa e, per lo più, infelice: è stanca, frustrata e irritata di continuare a vederlo in televisione.

Poco oltre la metà dell'anno scolastico riesce a lasciare la pizzeria al taglio per farsi assumere come babysitter proprio dal suo padre biologico, che nemmeno sa della sua esistenza, e che nel frattempo si è sposato con Michela e ha una figlia.

Ad ogni modo, il prof. Cicerino riesce ad intuire immediatamente l'intelligenza particolare di Monica.

5) CLAUDIO RIZZO:

Se nei Liceali 1 Claudio Rizzo era un gran provocatore, soprattutto nei confronti di Antonio Cicerino, decisamente bravo nel rendimento scolastico ma arrogante, nella seconda serie appare un ragazzo mite, tranquillo, molto maturato, probabilmente a causa della tragica morte del fratello.

Figlio di un grande imprenditore, bilingue dal momento che la madre ha origini francesi, sembra innamorarsi di Monica a prima vista. 

Su consiglio del prof. Cicerino, Claudio e la sua coetanea creano un mini-gruppo di studio. 

"Ciao Claudio, ho convinto Monica a presentare la domanda per la Normale. Incontratevi, studiate insieme, lavorate sodo... 'che lei ha bisogno di un confronto con qualcuno come te", dice il prof. Cicerino a Claudio una mattina, incontrandolo nei corridoi. 

D'altra parte, sono tutti e due dei bravissimi studenti, ma con una piccola differenza a mio avviso: se Claudio dimostra un'ammirevole proprietà di linguaggio e rivela interesse per la filosofia, Monica invece, oltre alla ricchezza lessicale e alla predisposizione per lo studio, ha un'ulteriore arma in più. In effetti, la ragazza sa estrapolare da tutto ciò che studia e che legge delle massime, dei versi, delle frasi e degli aforismi per calarli nella realtà quotidiana e sviluppare temi molto ben argomentati.

In questa occasione, i due ragazzi preparano l'esame di ammissione alla Normale di Pisa, con la differenza che Claudio lo supera, Monica no. 

E infatti, causa feroce amarezza e delusione dopo mesi di impegno e ore di sacrifici tra studio, lavoro e problemi familiari, la ragazza decide di lasciare la scuola, risultando totalmente assente nell'ultimo mese e mezzo di lezioni.

Tuttavia, essendo comunque un'ottima studentessa, viene ammessa agli esami soprattutto su insistenza di Antonio Cicerino.

Comunque bisogna ammettere che Claudio, divenuto buonissimo nella seconda serie, ha una gran pazienza con una Monica diffidente, a tratti chiusa e sarcastica, a tratti da lui infastidita... perché le vuole veramente bene, perché ci tiene a farle comprendere che non è sola di fronte alle difficoltà della vita e ci tiene a darle un appoggio: "Nei giorni scorsi non ci siamo più trovati per studiare. Che succede? Problemi in famiglia?".

Alla fine della serie inizia una relazione affettiva tra i due.

6) RIFERIMENTI CULTURALI:

Nei Liceali 2 vi sono molti riferimenti culturali di natura letteraria.

Si citano infatti frasi e dialoghi tratti dal racconto di Melville Bartleby lo scrivano, una lezione di Cicerino è incentrata sull'Idiota di Dostoevskij e sulla questione: "E' possibile amare due donne contemporaneamente?".

Giacomo Leopardi viene chiamato in causa più di una volta, ora da Cicerino, ora da Monica.

Altri riferimenti sono i seguenti:

-Mistero buffo di Dario Fo, citato e riassunto da Monica nella sua prova scritta per l'esame alla Normale di Pisa:

"L'Accademia in Italia assomiglia a quel convento di cui Dario Fo parla in "Mistero Buffo". I nostri poeti, letterati e professori sono alla fine come quei monaci che la preghiera continua aveva reso troppo leggeri, così leggeri da farli volare in alto nel cielo come palloni aerostatici, come mongolfiere. Anche i nostri accademici, come quei falsi monaci, avrebbero bisogno di un San Benedetto che offra loro una zappa, o li porti in catena di montaggio o anche negli uffici di un call center." 

Terribile la chiusura del tema:

"Con queste zavorre non c'è più il rischio di prendere il volo."

Mentre il professor Antonio Cicerino legge il compito di Monica, il regista mostra agli spettatori la ragazza intenta a svolgere lavori che non corrispondono alla sua forte inclinazione per la letto-scrittura, ovvero, alla letteratura: Monica fa prima la promoter di un notiziario e poi la centralinista. Tutto ciò senza mai abbandonare il suo interesse per i libri.

Possibile? Ma quanti lavori ha fatto? Cameriera, babysitter, promoter, centralinista... Monica ha solo diciotto anni, non può aver sperimentato tutti questi lavori, nemmeno per pochi mesi. E infatti per quattro puntate su sei lavora in una pizzeria, nella quinta e nella sesta si fa assumere come babysitter per la sorellastra dal suo padre biologico.

Personalmente ritengo che, la scelta della regia di focalizzare le inquadrature su Monica e non su Cicerino che legge il suo tema, sia in realtà un rimando, sempre per chi lo vuole cogliere, a tutti quei giovani che, pur ritrovandosi a sperimentare lavori molto diversi rispetto alle loro reali passioni, non vogliono tuttavia tralasciarle, dedicandovi comunque del tempo.

"Se la scuola italiana si lascia sfuggire una persona come questa, allora la scuola italiana non è all'altezza dei suoi studenti", conclude Cicerino alla fine della lettura del tema.

-Foscolo e Il carme dei sepolcri. Il penultimo episodio dei Liceali 2 inizia proprio con la lettura di alcuni versi e con una riflessione del prof. Cicerino su speranze e illusioni.

-Luigi Pirandello, con la massima, presente nel tema di Costanza Catania: La vita o si vive o si scrive.

-Virginia Woolf, nel tema di maturità di Monica, a proposito della disparità tra uomini e donne presente da secoli: L'unico consiglio sensato che si riesce a dare ad una donna senza lavoro è quello di sposare un uomo più ricco di lei.

Vi rendete conto?! L'anti-berlusconismo su Mediaset! Sorprendente!!

All'epoca Silvio era molto ammirato per fascino e intraprendenza, ma anche molto contestato dal punto di vista dell'etica. In effetti era un maschilista al potere che ha contribuito a diffondere una mentalità sessista, supportata tra l'altro da molte donne.

E nel 2025?! Ci sono le scandalose e volgari esternazioni di Donald Trump, votatissimo e stimatissimo dagli americani zucconi e incontestabile in quanto "semi dittatore" stra-pieno di beni e di soldi. Molto probabilmente i "bunga bunga" li organizza anche Donnie Trump, ma i giornali occidentali, orientati quasi tutti a destra, non ne parleranno mai! 

Ma è malato di mente... quando gli americani inizieranno a vergognarsi di aver eletto un presidente del genere?