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9 maggio 2025

"LA NOSTALGIA DEL TOTALMENTE ALTRO", MAX HORKHEIMER:

9) GLI STUDI E LE OPINIONI DI HORKHEIMER

Nei mesi scorsi ho letto La nostalgia del totalmente Altro e Gli inizi della filosofia borghese della storia.

Entrambi molto interessanti, anche se, La nostalgia del totalmente Altro non è un'opera filosofica ma una lunga intervista alla quale il fondatore della Scuola di Francoforte è stato sottoposto alla fine degli anni Sessanta. 

Ho voluto condividere con Matthias i contenuti del dialogo qui presentato tra Horkheimer e il giornalista Gunnar Gumnior, a nostro avviso decisamente attuali.

A) MARX E L'EVOLUZIONE DELLA CONDIZIONE DEL PROLETARIATO:

"Il mio marxismo e il mio essere rivoluzionario era una risposta alla tirannide del totalitarismo di destra. (...) Marx partiva dall'oppressione del proletariato e voleva che il proletariato si rendesse conto di questa situazione. Allora i proletari avrebbero scoperto di avere un interesse in comune: l'eliminazione radicale dell'oppressione.

Su questo punto Marx si è illuso. La situazione sociale del proletariato è migliorata senza rivoluzione e l'interesse comune non è più il radicale mutamento della società ma una migliore strutturazione materiale della vita. 

Vi è tuttavia una solidarietà, e a questa io accennavo nel testo da Lei citato, che non è solo la solidarietà di una determinata classe ma di tutti gli uomini. Intendo la solidarietà che risulta dal fatto che tutti gli uomini devono soffrire, devono morire e che sono esseri finiti."

Gli sviluppi storico-sociali hanno dimostrato che Marx non aveva tutte le ragioni. 

Marx sosteneva che le merci soddisfacessero i bisogni materiali degli uomini: gli imprenditori capitalisti concorrono tra di loro e gli operai dipendenti dalle loro aziende vendono la loro forza-lavoro agli imprenditori producendo un valore superiore di quello che gli viene riconosciuto in busta paga e vivono per sempre una vita di fatiche e di sacrifici.

Per Marx, il capitale variabile è costituito dai salari mentre il capitale costante si identifica con gli investimenti fatti per i macchinari utili alle fabbriche.


Quindi gli imprenditori preferiscono abbassare i salari piuttosto che i prezzi delle merci.

Nel XXI° secolo, le condizioni dei lavoratori dipendenti non sono così in via definitiva: c'è maggior benessere, ci sono sostegni e ammortizzatori sociali e la stessa scala sociale è un po' più mobile perché esistono, all'interno di molte aziende, le progressioni di carriera, ci sono più opportunità di compiere gli studi universitari e di ottenere quindi un titolo di studi che garantisca un lavoro ricercato e utile per potersi "salvare" dallo sfruttamento.

Certo, è vero, noi giovani abbiamo vissuto o viviamo situazioni lavorative o di sfruttamento o con stipendi bassi, ma non sarà sempre così,  le nostre situazioni sono destinate ad evolversi.

Horkheimer specifica inoltre che esistono due tipi di solidarietà: la solidarietà sociale che avviene tra membri di una stessa classe e la solidarietà universale, derivante dal fatto che tutti devono morire e che dunque l'uomo è un essere finito.

Questo mi fa tornare in mente un passo di After Dark di Murakami, più precisamente, alcune parole pronunciate da Takahashi, uno dei personaggi principali: gli esseri umani sono tutti diversi. Anche se sono fratelli.

Oltretutto, mi risulta spontaneo pensare alla Vita agra di Luciano Bianciardi quando Horkheimer afferma che ad oggi l'interesse comune è una migliore strutturazione materiale della vita quotidiana: in questo romanzo del 1962, Bianciardi descrive supermercati enormi dalle luci quasi psichedeliche in cui tutti, banconisti, cassieri e addetti ai magazzini sono efficienti, in cui si possono trovare i beni, alimentari e più in generale materiali, dei quali si ha bisogno o si ritiene di aver bisogno. Tuttavia, in questi mega-negozi, mancano i rapporti umani, molto più favoriti invece nelle piccole botteghe di paese.

Nel 2025 è del tutto sparita l'ottica di fare la spesa nelle piccole botteghe? Direi di no: ad Erbezzo ad esempio, paese della Lessinia veronese, sopravvivono diverse piccole botteghe di generi alimentari che, peraltro, propongono prodotti di qualità.

2) LA TEOLOGIA E IL CONCETTO DI BENE:

Per Horkheimer di Dio non possiamo provare l'esistenza e non è rappresentabile.

Però la sua definizione di teologia è insufficiente:

La teologia è-devo esprimermi con molta cautela- la speranza che, nonostante questa ingiustizia, che caratterizza il mondo, non possa avvenire che l'ingiustizia possa essere l'ultima parola. (...) Preferirei dire: la teologia è l'espressione di una nostalgia secondo la quale l'assassino non possa trionfare sulla sua vittima innocente.

La teologia non è solo questo. Il termine presuppone l'esistenza di una divinità perché si occupa dello studio della natura di Dio e delle manifestazioni del divino nel mondo.

Il "dogma del Dio buono" è possibile anche dopo le atrocità e le pulizie etniche del Novecento, cioè, dopo la Shoah, dopo le dittature in America Latina e dopo la Guerra in Jugoslavia. 

Sia durante che dopo le violenze, le guerre e i traumi del Novecento, sono esistite le manifestazioni del bene, solo che alcune sono successivamente passate alla storia, altre, in quanto piccoli gesti o azioni coraggiose individuali, no. 

I gruppi dello scoutismo di Milano e di Monza, le "Aquile randagie", sono passate alla storia per la loro opposizione al fascismo.

Negli anni Trenta e tra il '40 e il '45, nascondere un ebreo o non denunciarlo, come volevano le leggi nella Germania nazista, era un'azione umana e solidale, era disobbedire alle imposizioni di una dittatura.

Horkheimer ritiene che, se il mondo in cui viviamo è un relativo, possiamo agire con l'interiore sentimento che Dio esista, e questo suo agnosticismo positivo mi piace anche se non posso condividerlo. 

Inoltre, coerente con la sua posizione di agnostico, è la breve riflessione di Horkheimer sul concetto di bene: egli afferma infatti che il bene non viene soltanto da Dio ma che l'uomo lo fa di sua libera volontà come compie anche il male di sua libera volontà.

3) LA COSCIENZA E L'AUTORITA' PATERNA:

Per il filosofo tedesco dobbiamo inoltre essere coscienti del fatto che siamo di passaggio, motivo per cui abbiamo il diritto di sperare in un Assoluto positivo: Freud insegna che la coscienza dell'uomo si forma attraverso l'autorità del padre ma, a causa delle rapide evoluzioni della tecnica, della psicologia e della società nel secondo dopoguerra, l'autorità paterna è entrata in crisi.

È anche ciò che mette in evidenza Natalia Ginzburg con alcune sue commedie a partire dalla metà degli anni Sessanta: la crisi della figura paterna e anche della figura del marito, incapaci di dialogo, incapaci di relazione con i figli, incapaci di riconoscere le loro deboli personalità.

Infatti l'autrice diceva così nelle interviste:

“L’immagine virile che io ho in testa, è quella d’un uomo seduto in una poltrona, a leggere il giornale; stanco, magari per aver lavorato nel giorno, però comodamente seduto, mentre le donne lavano i piatti e badano ai bambini”.

Per cui, Horkheimer si chiede, a proposito della coscienza: se non esiste una corrispettiva sostituzione di questa autorità, è possibile che l'esistenza della coscienza sia minacciata?

Freud ha insistito anche troppo con la figura del padre e con il complesso di Edipo, come fosse una fase che proprio tutti attraversano! 

Il padre è ammirato e posto su un piedistallo dal bambino piccolo, il padre regola le pulsioni del figlio che, una volta cresciuto, si distacca dall'idea superlativa che si è fatto del padre per contestarlo e per affermare la propria indipendenza e autonomia.

Negli ultimi anni le figure paterne sono molto diverse da quelle della prima metà del secolo scorso: non sono più i padri rigidi e autoritari della prima metà del Novecento; da un lato sono uomini molto dediti ad una professione per portare a casa uno stipendio, dall'altro non risultano particolarmente coinvolti nella cura dei figli.

L'importanza di questa figura genitoriale non deve perdere peso.

4) LA RELIGIONE: 

Il fondatore della Scuola di Francoforte definisce la religione come un qualcosa che deve rendere consapevole l'uomo che l'esistenza terrena non è ciò che è ultimo.

Dapprima però richiama all'idea di Schopenhauer, dichiarando di condividerla appieno:

La dottrina più grandiosa in entrambe le religioni- quella ebraica e quella cristiana- è la dottrina del peccato originale. Essa ha determinato sin qui la storia e ancor oggi la determina per coloro che pensano. Tale dottrina è possibile solo nel presupposto che l'uomo sia stato creato da Dio dotato di libera volontà. La prima cosa che l'uomo fece fu di commettere questo grande peccato nel Paradiso, ed è su questa base che tutta la storia dell'umanità necessita di una spiegazione teologica.

Per Schopenhauer il peccato originale era affermare se stessi e cercare la propria felicità a spese degli altri.

C'è una frase di Horkheimer che non condivido a proposito della religione:

Il riconoscimento di un essere trascendente attinge la sua forza più grande dall'insoddisfazione del destino terreno.

L'appoggiarsi ad un credo religioso non sempre deriva da un senso di insoddisfazione della vita che si vive.

Io sono più "durkheimiano": Durkheim sosteneva che proprio la religione, definita come "un'opposizione tra sacro e profano"avesse contribuito a fondare le prime società nel corso della storia.

Quindi la religione comprende riti liturgici condivisi all'interno di una comunità.

Oggi la religione ha perso in parte la sua funzione sociale: è vero che ci sono molti casi in cui le relazioni tra religiosi e laici risultano deboli, i laici sono presenti e fanno un servizio in parrocchia ma vengono dati per scontati dai parroci. Però esistono ancora realtà di comunità cristiane solidali con il povero, l'immigrato, l'anziano ammalato.

La fede forse è più individuale, è credere in un Dio vicino a noi e implica anche, come viene detto durante gli incontri di formazione per il reparto Scout del clan, vedere Dio nella bontà di chi incontriamo.

Il futuro più auspicabile per la Chiesa sarebbero le piccole comunità di fedeli senza integralismi ma veramente autentici, aperti anche al dialogo con chi appartiene a religioni e culture diverse.

Per realizzare questo tipo di Chiesa, sicuramente più evangelica di quella attuale, sarebbero urgenti due riforme: incentivare sia la formazione liturgica sia la cultura proprio a favore della componente laica e conferire, nelle parrocchie e nelle diocesi, ruoli di maggior rilievo soprattutto ai laici che io ritengo "pieni di Grazia", ovvero, che manifestano una spiccata propensione all'accoglienza, all'inclusione, alla creazione di gruppi.

Se penso alla situazione della Chiesa in questi ultimi anni divento un po' triste: da cristiana mi sento spesso a disagio nelle comunità e nei raduni tra fedeli e, a mio avviso, buona parte dei cristiani cattolici non si rende conto o, comunque, non prende sul serio la necessità di un rinnovamento. Ho l'impressione vi siano molte divisioni: cristiani rigidi e conservatori per i quali chi la pensa come me non è un vero credente, cristiani devotissimi, cristiani che auspicano ad un cammino sinodale e ad un'accentuazione della corresponsabilità con le figure ecclesiastiche, cristiani abitudinari e forse anche stanchi e spenti, inariditi dal punto di vista della fede. 

Secondo me è a causa di queste enormi diversità che, nell'attuale momento storico, i cristiani cattolici non riescono ad essere una minoranza incisiva all'interno di una società composita, multietnica e globalizzata. 

Non è questione di "sensibilità diverse all'interno del cattolicesimo", casomai, negli ultimi anni, risulta dannosa e divisiva una mentalità chiusa, affezionata al devozionismo, che cerca di mortificare la sensibilità per una vera conoscenza spirituale, la quale permetterebbe di sperimentare  davvero la presenza di Dio in una comunità, che sia piccola o grande.

Non sono né le divisioni né i pensieri divergenti a costituire le comunità! Persino noi due, da fidanzati, siamo una piccola comunità: anche se proveniamo da diversi contesti familiari vediamo il futuro allo stesso modo, politicamente abbiamo più o meno le stesse posizioni, le nostre personalità sono complementari e al contempo simili, abbiamo alcuni interessi in comune e altri che non condividiamo ma nei quali vi sono punti di collegamento. E le giornate nere o grigie, dell'uno o dell'altra, terminano sempre con un confronto. Solo questo è il tipo di comunità che funziona: quando c'è sinergia tra i componenti.

L'operato di Papa Francesco corrispondeva ai principi del Vangelo ed era una valida imitazione dello stile di vita di San Francesco d'Assisi. Mi dispiacciono e mi irritano molto i commenti irrispettosi, sprezzanti e negativi su di lui, anche dopo la sua morte, da parte di una fetta di sedicenti bravi cattolici, ancora scandalizzati solo per il fatto che qualche volta ha raccomandato il rispetto per gli omosessuali e l'astinenza dai giudizi-macigni nei confronti dei divorziati e delle loro situazioni affettive. Cosa avrebbe detto di male?!

Il successore di Bergoglio credo prometta bene. Infatti il cardinale Prevost, d'ora in poi Leone XIV°, è un agostiniano (per mia somma contentezza) che ora si è dato il nome di Leone XIV°, probabilmente in continuità con Leone XIII°, dimostratosi attento al sociale con la sua "Rerum Novarum".

5) LA MORALE:

Dio e la religione non sono l'unica fonte della morale. E su questo con Horkheimer mi trovo d'accordo.

Però c'è un altro aspetto affascinante a proposito dei suoi pensieri sulla morale: quando io compio il bene la mia vita è resa migliore dalle reazioni positive dell'altro. Mi trovo d'accordo.

Che quest'azione per l'altro, che da questa donazione all'altro ne venga qualcosa di positivo a me, dipende dal fatto, se l'altro prova gioia o no per questa mia azione. Sono le sue reazioni positive, la sua gioia per la mia azione a rendere più bella la mia vita. Pensi all'amore o all'amicizia. Quando l'altro è felice, sono felice anch'io.

6) IL FUTURO:

L'ultima parte dell'intervista si concentra sulla visione del futuro per Horkheimer: il mondo del 1969, anno in cui è stata rilasciata l'intervista, conosceva già l'energia nucleare, era già soggetto alla logica consumistica ed era teatro di competizione di blocchi contrapposti di potenze internazionali. Oltre a ciò, già alla fine degli anni Sessanta, la farmaceutica moderna aveva reso manipolabili i dinamismi della generazione umana.

Per il filosofo della Scuola di Francoforte, nel 1969 si sarebbe andati verso un mondo totalmente amministrato in cui gli uomini si sarebbero adattati a regole razionalizzate, come ad esempio, il rispetto della segnaletica stradale, in particolare quella dei semafori.

Ciononostante anche il mondo amministrato avrà un aspetto positivo: potranno essere soddisfatti i bisogni materiali dell'uomo.

Horkheimer non manca di fare inoltre un accenno all'individualità, diversa dall'individualismo:

L'individualità giocherà un ruolo sempre più piccolo. Nel secolo XIX°, l'epoca del liberalismo, aveva ancora molta importanza il singolo, la personalità. Il singolo ha diretto grandi imprese, essendo sua la responsabilità; anche nella storia trovava ancora posto la personalità. Ma oggi è relativamente facile sostituire con un'altra figura un membro del consiglio d'amministrazione di una fabbrica o un ministro.

Mi ha colpita molto la conclusione di questa intervista:

La dimensione teologica sarà soppressa. E, con essa, scomparirà dal mondo ciò che noi chiamiamo senso. Certo, ferverà una grande attività, ma in fondo sarà priva di senso e dunque portatrice di noia.

Nel 2025, religione e teologia non risultano del tutto irrilevanti e non è stato soppresso il bisogno di spiritualità da parte degli uomini.

Le attività umane del nostro momento storico presente in realtà non sono prive di senso: magari le conversazioni sono più superficiali rispetto a tempo fa, la maggior parte delle persone vive la frenesia o comunque l'intensità della vita, piena di responsabilità e di impegni, senza trovare o comunque concedersi abbastanza tempo per riflettere su se stesse.


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