17) MAPPE, VIAGGI E DISUGUAGLIANZE ECONOMICHE TRA CONTINENTI
1) ARGOMENTI DEL LIBRO:
Dove finiscono le mappe è un saggio che illustra i viaggi compiuti per mare dagli europei in America, India, Africa, Nuova Zelanda e Antartide, non allo scopo di conoscere nuove civiltà quanto piuttosto per colonizzarle e sfruttarle.
L'ho apprezzato abbastanza: da una parte è ben documentato, dall'altra vengono appena menzionate le vicende dei navigatori portoghesi.
Nel corso della trattazione si fa solo un accenno alla circumnavigazione del globo da parte di Ferdinando Magellano, un viaggio per mare molto importante dato che, la traiettoria circolare di questo percorso, conferma quello che gli astronomi avevano compreso: la terra ha una forma sferica.
Tuttavia, non sono nominati Bartolomeo Diaz, il primo a raggiungere il Capo di Buona Speranza, e nemmeno Vasco da Gama.
Tra l'altro, non si menziona il Trattato di Tordesillas che suddivideva le conquiste tra Spagna e Portogallo: alla Spagna i territori americani e al regno portoghese invece l'Africa occidentale.
L'autore si concentra invece principalmente sulle vicende e sulle esplorazioni di inglesi, spagnoli e francesi.
Sin dai primi capitoli, Attilio Brilli fa riferimento al modo in cui Francesco Bacone, nel trattato Of plantations, considera le colonie: istituzioni politiche ed economiche, come fossero propaggini della corona britannica.
Poi, nel suo trattato suggerisce ai colonizzatori di individuare i prodotti che possono coprire in parte i costi comportati dalla colonizzazione come ad esempio le spezie, il tabacco e il legname.
Bacone non trascura i rapporti con le popolazioni native:
La storia delle colonie americane fino alla Rivoluzione e oltre sarà sempre legata alla coesione interna dei suoi componenti, chiamati a far fronte a un ambiente ostile nella natura e negli indigeni. Per questo Bacon raccomanda la massima discrezione nel trattare con le tribù locali, nei confronti dei quali si dovrà mostrare una diffidente benevolenza.
Anche attraverso alcuni riferimenti alle letterature europee, Brilli tratta la differenza tra la colonizzazione britannica e quella spagnola: mentre la prima, almeno inizialmente, consisteva nella scoperta di nuove terre che diventassero risorse economiche e commerciali, l'altra era basata quasi unicamente sulla sottomissione e sulla conversione al cattolicesimo degli amerindi.
(...) la colonizzazione spagnola del centro America in genere è volta, in una prima fase, all'incetta dell'oro e all'appropriazione, prima ancora che della terra, dei popoli sottomessi (...) .
I coloni inglesi e francesi non assumono il nome di "conquistatori" ma tendono viceversa ad estromettere gli indigeni dalla terra dove s'impiantano, o a stabilire contatti con essi per fini di sopravvivenza o per motivi commerciali.
Una novella di Cervantes, del XVII° secolo, dimostra l'idea negativa che il suo autore si era fatto sui conquistadores.
In questo racconto, un giovane della Siviglia decide di tentare l'esplorazione del Mondo Nuovo e di diventare come tutti gli altri giovani navigatori spagnoli: responsabili di rapine, violenze, saccheggi e omicidi.
I conquistadores spagnoli puntano infatti alla fama e all'arricchimento.
L'altro limite del libro consiste proprio nella sua struttura: se la prima parte è dedicata a tematiche inerenti alle conseguenze della colonizzazione, come ad esempio il presunto cannibalismo dei nativi americani, le difficoltà, anche climatiche, rilevate nel percorrere terre sconosciute e gli esempi di letteratura coloniale, nella seconda invece sono presenti soprattutto informazioni geografiche e storie di esploratori.
Qual'è quindi il vero obiettivo del saggio?
Riferirsi a miti, leggende, romanzi e peripezie di navigatori per mettere in luce lo sfruttamento dei popoli sottomessi? Oppure evidenziare le idee alla base delle conquiste?
2) LE COMPETIZIONI TRA EUROPEI:
Il testo di Attilio Brilli può essere utile sicuramente innanzitutto agli insegnanti di Lettere per le secondarie di primo grado, al fine di trattare con chiarezza gli argomenti dell'encomienda e del triangolo commerciale e al fine di inserire qualche approfondimento di leggende e storie di viaggiatori, ma anche ai docenti di lingua e letteratura inglese delle scuole superiori sia per far apprezzare maggiormente Stevenson sia per organizzare un approfondimento carino e interessante su qualche esploratore originario del Regno Unito, come Mungo Park.
Abbastanza rilevante nel libro è il caso dell'El Dorado, verso la fine del secondo capitolo: nel continente americano, intorno al 1550, si era diffusa la leggenda dell'El Dorado, una città collocata in mezzo ad una foresta e molto ricca d'oro.
La città in questione sarebbe stata identificata con Manoa, situata nell'attuale regione della Guiana.
Grazie all'oro proveniente soprattutto da quella determinata regione dell'America latina, la Spagna ha acquisito potere agli occhi degli altri Stati europei.
E così Walter Ralegh, navigatore inglese, a partire dalla seconda metà del XVI° secolo, si era fatto promotore di spedizioni nella zona della Guiana, dove viveva una piccola parte della popolazione Inca sfuggita alla dominazione spagnola ma non certamente al lavoro massacrante che comportavano le miniere:
Per Ralegh, la ricerca dell'El Dorado non rispondeva soltanto al perseguimento di un sogno e alla brama di arricchimento personale, come era avvenuto con numerosi conquistadores, da Francisco de Orellana, al ribelle Lope de Aguirre, ma era inscritta in un più ampio disegno strategico che prevedeva la fondazione nel continente latino americano del grande impero coloniale britannico della Guiana, un impero che avrebbe assicurato alla corona d'Inghilterra un gettito d'oro non inferiore a quello che le Indie occidentali fornivano al re iberico.
Durante il viaggio d'esplorazione in Guyana, Ralegh fa prigioniero Pedro Sarmiento de Gamboa, marinaio spagnolo, costretto a riferirgli in modo preciso e dettagliato le preziose risorse della terra dell'El Dorado.
Più tardi, nel XVIII° secolo, il militare francese Louis-Antoine de Bougainville divenuto poi esploratore dei territori americani, nel redigere un suo libro di viaggi, esplicita che questi stessi sono finalizzati per lo più a entrare in competizione con il Regno Unito per il controllo della zona del Pacifico meridionale e per poter acquisire le isole.
Dagli scritti di Bougainville emerge con chiarezza la mentalità comune ai grandi navigatori dell'epoca i quali- francesi, inglesi, spagnoli, olandesi che siano- vedono nei viaggi d'esplorazione gli atti propedeutici all'affermarsi di una politica mercantile e di sfruttamento coloniale legittimata dal grado di civiltà del vecchio continente nei confronti delle terre che vengono man mano scoperte.
In effetti, Bougainville era convinto che tutte le ricchezze del globo terrestre dovessero appartenere all'Europa dal momento che il Vecchio Continente era più avanzato tecnologicamente e scientificamente rispetto alle altre zone del mondo.
3) LEGGENDE E LETTERATURA COLONIALE- ESEMPI:
Questa è stata la parte che ho apprezzato di più del trattato.
3.1) La leggenda di Pocahontas:
Questa storia è stata creata al fine di fornire un mito che spiegasse alle colonie britanniche la loro fondazione. La principessa Pocahontas costituirebbe il ponte d'incontro tra due civiltà completamente diverse, ovvero, tra i bianchi europei e i pellerossa:
La storia ha inizio nel dicembre 1607, allorché tre membri della colonia rifondata da Newport vengono catturati dagli indiani. Newport aveva tentato di stabilire un rapporto di convivenza con il capo della confederazione di tribù indiane algonchine, Powatan e, riconoscendo in lui un grande capo, l'aveva incoronato imperatore (...).
Il riconoscimento però non addolcisce Powatan che uccide due dei tre inglesi prigionieri. Il terzo, John Smith, mentre sta per essere decapitato, viene improvvisamente protetto e salvato dalla principessa Pocahontas, che successivamente viene presa in ostaggio dai coloni.
Una volta convertitasi al cristianesimo, la ragazza subisce il matrimonio combinato con il colone John Rolfe, dal quale ha un figlio.
(...) la bella principessa indiana viene presentata a corte e diventa una delle attrazioni della società londinese finché nel 1617, nel corso di una festa mascherata, incontra di nuovo John Smith (...) Poco tempo dopo, imbarcatasi per tornare nella colonia, Pocahontas si ammala e muore- (...) prima di toccare le sponde della Virginia.
3.2) Robinson vs Gulliver:
Brilli dedica appositamente un capitolo ai due personaggi, delineandone bene le differenze: se infatti Robinson lascia la vita borghese, naufraga e diviene portatore e fondatore di civiltà in terre lontane, misurando il mondo secondo i suoi parametri e reintegrandosi con facilità nella società da cui proviene, Gulliver invece, dopo quattro approdi in terre fantastiche e, naturalmente, prima ignote, abdica alla propria natura umana, atta a commettere soprusi e aberrazioni attraverso la schiavitù, il dominio e la sopraffazione. Per questo, una volta tornato in patria, il medico di bordo non solo non si reintegra ma prova disgusto persino per la propria famiglia.
Nell'ottica di Robinson, vale a dire dell'uomo occidentale, conoscere la natura significa classificarla per poterla sfruttare, sottrarla al rigoglio spontaneo per inserirla in un ordine produttivo (...) Di questo emporio naturale fa parte anche l'indigeno Venerdì, docile e pronto a sottomettersi, nei confronti del quale Robinson assume l'atteggiamento paternalistico di chi detiene il sapere (...).
4) I NATIVI D'AMERICA POSSONO ESSERE PARAGONATI AI BARBARI DELL'ETA' TARDO-ANTICA?
"Ogni atto del processo di colonizzazione si fonda su una motivazione preliminare che rinvia ad un fine trascendente: la diffusione della parola del Signore e la conversione delle popolazioni idolatre alla religione cristiana. (...) Nella prospettiva ispanica, la presa di possesso di una terra appena scoperta si basa sul presupposto secondo il quale l'avvento di Cristo, nel suo farsi uomo, avrebbe cancellato ovunque, nel mondo creato, qualsiasi diritto naturale".
Sotto la dominazione spagnola, gli indigeni divengono sudditi.
Qui l'autore accenna al termine barbari, termine derivante da un'antica onomatopea greca "βάρ βάρ".
Per gli antichi greci, chi non parla la loro lingua, o meglio, uno dei loro dialetti, balbetta.
Nei primi secoli dopo Cristo, il termine barbaro indicava colui che non parlava né greco né latino. I barbari, per l'Impero Romano, erano popolazioni straniere abili nelle tecniche di combattimento.
A poco a poco, le guerre e le invasioni di queste popolazioni hanno cambiato la società dell'Impero Romano d'Occidente che li reclutava nell'esercito imperiale, soprattutto durante i regno di Costantino, Valentiniano e Valente.
La caduta dell'Impero Romano d'Occidente è stata causata da secoli di instabilità politica e da cambiamenti sociali importanti, caratterizzati soprattutto dall'integrazione del diverso.
Ma, per quel che concerne le conquiste europee oltreoceano, è possibile parlare di integrazione dei nativi americani? Assolutamente no! Sono stati schiavizzati, sono morti quasi tutti a causa di stenti e di epidemie. Altroché assimilazione!
5) IL DIARIO DI BORDO DI SHELVOCKE:
Nel doppiare Capo Horn, Shelvocke e i suoi marinai devono affrontare una bufera di neve e di vento.
Attorno alla loro imbarcazione vola un albatro nero e, dal momento che il capitano lo ritiene segno di un cattivo presagio, lo uccide.
La morte dell'uccello fa sentire l'equipaggio più solo.
La ballata di Coleridge The rime of the ancient mariner si ispira a questa esperienza.
A seguito della morte dell'albatro, nel testo compaiono numerose immagini relative al soprannaturale: un vento che spinge la nave verso l'Equatore, i marinai che iniziano a morire di sete, la nave fantasma condotta dalla Morte, i serpenti marini.
The rime of the ancient mariner viene considerato un manifesto del Romanticismo inglese dato che i contenuti sono: immagini simboliche, una natura non rispettata e il percorso interiore del marinaio che si pente una volta resosi conto della propria colpa.
6) LA POLITICA IMPERIALE BRITANNICA IN INDIA:
Nella seconda parte del libro l'autore si sofferma sia su alcuni viaggi di esploratori sia sulla colonizzazione britannica in India.
Al contrario delle terre americane, nella penisola indiana, gli esploratori inglesi trovano una società ben organizzata e strutturata.
La East India Company si è sostituita gradualmente agli imperatori Moghul nell'amministrazione della burocrazia e della giustizia assicurandosi dapprima dei privilegi commerciali.
Brilli non manca di descrivere le esperienze contenute nei diari di alcuni viaggiatori del Regno Unito in India, in particolare, quella di William Hodges:
(...) la scrittura di Hodges rivela un'esplicita funzione politica, e l'artista cede il passo al funzionario che paragona le campagne del Bengala, fiorenti sotto la gestione diretta della Compagnia, alla desolazione e alla miseria che caratterizza le terre di Agra amministrate dai funzionari locali del governo.
Io invece ho trovato questo libro molto ricco di argomenti, sia geografici sia letterari sia antropologici. Casomai, in qualche passaggio, lo stile risulta un po' macchinoso e un po' troppo solenne per il genere della saggistica storica.
Nessun commento:
Posta un commento