Io avea già il mio viso nel suo fitto;
ed el s'ergea col petto e con la fronte
com'avesse l'inferno a gran dispitto.
E l'animose man del duca e pronte
mi pinser tra le sepulture a lui,
dicendo: "Le parole tue sien conte".
Com'io al piè de la sua tomba fui,
guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso,
mi dimandò: "Chi fuor li maggior tui?"
(Dante, Inferno X°, 34-42)
Non si tratta soltanto di un romanzo in cui si racconta la biografia di Farinata degli Uberti. E' anche un libro che, nella sua complessità, illustra al lettore i conflitti tra guelfi e ghibellini nella Toscana dei secoli XII°-XIII°.
A) PREMESSA:Nella prefazione l'autrice Carla Maria Russo rivela al lettore che, sin dai tempi del liceo, era rimasta affascinata dalla figura di Farinata degli Uberti, protagonista del X° canto dell'Inferno. Da ragazza le sembrava un grande eroe disposto a pagare qualsiasi conseguenza pur di restare fedele alle sue idee.
Tuttavia, una volta divenuta adulta e dottorata oltre che laureata, ha constatato quanto fosse difficile scrivere una biografia storica su Farinata dal momento che sulla famiglia Uberti sono state conservate e rinvenute pochissime informazioni.
... gli Uberti e la loro parte politica sono usciti sconfitti dallo scontro con la Chiesa, e i guelfi vincitori non solo si sono impegnati a distruggerne la memoria ma hanno riscritto la storia dal loro punto di vista, sforzandosi di mettere in cattiva luce i comportamenti degli avversari e in particolare del nemico per antonomasia: gli Uberti appunto.
E gli Uberti erano i capi del partito ghibellino toscano.
B) PRIMI CAPITOLI DEL LIBRO:
I primi capitoli si concentrano prima di tutto sulla figura del nonno di Farinata, Schiatta Uberti.
Schiatta amava molto trascorrere il tempo insieme ai nipoti. Faceva con loro lunghe cavalcate fuori le mura, durante le quali il primo si dilettava a raccontare e i secondi ad ascoltare le affascinanti vicende del casato più antico della città. Una storia che coincideva con quella stessa di Firenze, alla cui difesa e grandezza gli avi, fin dai tempi più remoti, avevano contribuito con l'ingegno, il coraggio, il valore delle armi, il sangue tante volte versato. Perciò, a loro più che a chiunque altro incombeva l'onere di proteggere la patria, se volevano mostrarsi degni di un tale passato.
"L'Aquila e il Giglio. Per queste due insegne gli Uberti sono sempre stati pronti a morire" ammoniva, alludendo ai simboli dell'Impero e di Firenze, cui il casato si era mantenuto fedele fin dalle origini.
Il romanzo inizia nel 1216. Schiatta in quell'anno ha già intuito che Farinata, seppur solo dodicenne, ha un fortissimo senso del dovere e una straordinaria determinazione oltre che un'intelligenza notevole. Secondo il nonno già da ragazzino si intravedono in Farinata doti di forza e autorevolezza.
Nella prima parte del libro l'autrice dà rilievo ad un litigio che fa riesplodere le rivalità tra guelfi e ghibellini. Infatti, durante un lauto banchetto che la famiglia Mazzinghi organizza per festeggiare il figlio appena nominato cavaliere, scoppia una lite tra Oderigo dei Fifanti e Buondelmonte dei Buondelmonti. Buondelmonte è figlio di guelfi, mentre Oderigo è un ghibellino.
Schiatta Uberti propone il seguente accordo al fine di garantire la pace a Firenze: Buondelmonte dovrà sposare Beatrice Amidei, nipote di Fante dei Fifanti.
Tuttavia, sia Madonna Gualdrada Donati sia Ranieri Zingane ordiscono un complotto al fine di umiliare sia Schiatta sia gli Amidei. Per questo motivo il matrimonio non va in porto.
* Schiatta Uberti è realmente esistito, come anche lo scoppio delle rivalità tra guelfi e ghibellini a causa dei piani di Gualdrada e di Ranieri che hanno mandato a monte il matrimonio tra Beatrice e Buondelmonte.
C) GIOVINEZZA DI NERI E DI FARINATA DEGLI UBERTI:
Neri è di un anno più grande di Farinata. Risulta un personaggio leale e abbastanza spesso anche intraprendente. Entrambi i fratelli studiano all'Università di Bologna.
Un fatto storico realmente avvenuto e narrato anche in questo romanzo è il matrimonio tra Neri Uberti e Gemma, figlia di Ranieri Zingane, avvenuto nel dicembre 1239. Nel libro Gemma è una ragazza pulita, sensibile e onesta, una figlia mai accettata dal padre vedovo, "incarognitosi" dopo che la moglie è morta di parto.
Ad ogni modo, il matrimonio tra Neri e Gemma è durato veramente pochi anni proprio a causa di una trappola ordita dai guelfi tre anni dopo la celebrazione delle nozze. E così, dopo l'obbligato ripudio di Neri della moglie, in Gemma sorge il desiderio di recarsi in convento. Il suo secondo marito, scelto dal padre Ranieri, accetta e rispetta questa decisione. Carla Maria Russo riferisce a noi lettori che la giovane definiva il marito il più nobile, il più valoroso, il più gentile cavaliere della provincia d'Italia.
Da giovane, Farinata dimostra il suo valore nella battaglia della Rocca di Mortenanno.
Eccovi la narrazione dell'episodio:
Una galleria sotterranea, aperta nel ventre della collina sulla quale sorgeva la fortezza, avrebbe dovuto consentire di raggiungerne la base. Una volta aperta una voragine e minata la stabilità delle fondamenta, secondo le intuizioni di Farinata e i calcoli degli ingegneri, essa sarebbe crollata a causa del suo stesso peso. Nei limiti del possibile, si adottò la precauzione di condurre le operazioni in segreto, nella speranza che il nemico si avvedesse solo troppo tardi della manovra che si tramava ai suoi danni. L'ingresso della galleria venne protetto da una tettoia di travi che consentiva anche di lavorare al sicuro dalle pietre e dalle frecce dei mortenanni, mentre l'interno fu puntellato e rafforzato da una struttura di piloni in legno, per impedire che franasse e anche per poterle appiccare il fuoco una volta concluso il lavoro, accelerando così il crollo del baluardo. (...)
Una staffetta riuscì a violare l'assedio e a raggiungere Poggibonsi, recando una disperata richiesta di soccorsi, concessi e inviati senza esitazioni. Le milizie di San Pietro Scheraggio, di cui facevano parte Neri e Farinata, per quanto colte alla sprovvista e inferiori di numero, ricevettero l'ordine di resistere a qualunque costo fin a quando i commilitoni non avessero appiccato il fuoco all'impalcatura e sferrato l'attacco finale alla rocca. Che, tuttavia, non fu necessario: gli assediati si arresero e si rimisero alla mercé dei vincitori.
Il castello di Mortenanno, con la sua imprendibile rocca, fu saccheggiato e raso al suolo. Ai proprietari fu fatta grazia della vita, ma solo per esibirli in catene per le vie di Firenze durante il trionfale rientro delle armate vincitrici e gettarli poi a marcire nelle carceri della città, in attesa di un riscatto che nessuno mai pagò.
D) MEMORIA DI FARINATA:
Nell'epilogo del libro, l'autrice rende merito a Dante Alighieri, la cui onestà intellettuale ha consegnato a noi il ritratto di un Farinata valoroso e combattivo.
Oltretutto viene anche citato il ritratto realizzato nel 1450 da Andrea del Castagno nel quale Farinata ha i capelli biondi e gli occhi azzurri.
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